domenica, febbraio 19, 2006

Carne vale!

Oggi i riti del carnevale sono frutto di una società consumista, in cui conta solo ciò che può essere comprato e venduto (viaggi, discoteche, dolci, vestiti e gadget). La storia e lo spirito del carnevale sono diventati ormai solo un mito…
Ma qual è la storia del carnevale?
Le sue radici affondano certamente nelle pratiche pagane legate ad alcune feste. I Saturnalia, ad esempio, in onore del dio Saturno, erano le celebrazioni di fine ed inizio anno (andavano dal 17 al 23 dicembre), in cui si sovvertiva l’ordine gerarchico della società. Si festeggiava la perduta età dell’oro del regno di Saturno, idealizzata dai poeti latini, l'età in cui non esistevano né guerre, né contrasti, in cui non vi era bramosia di guadagni, né schiavitù… e la terra produceva così tante messi che il cibo era in abbondanza per tutti. Durante questa festa, agli schiavi veniva data la possibilità di farsi beffe del padrone, di sedere alla sua tavola e di ubriacarsi, senza poter essere ripresi per un comportamento che in altre occasioni avrebbe meritato frustate, carcere o addirittura morte. Per questo motivo nella settimana dei Saturnalia, come ci attestano Seneca e Plinio il Giovane, Roma era in preda al caos.
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Tuttavia, il Carnevale come noi lo conosciamo è invenzione del medioevo… innanzitutto nel nome: escludendo la ricostruzione etimologica più nota di carne vale (addio alla carne), si è riconosciuto che il nome attuale ha origine altomedievale. Il termine, per la prima volta riferito a questo periodo dell’anno, si trova in un atto redatto a Subiaco nel 965. Inizialmente indicava solo i giorni che precedevano immediatamente la quaresima. Poi in vista dell’imminente periodo di privazioni (non solo in ambito alimentare), la “vigilia” del digiuno divenne un periodo variabile da pochi giorni a molte settimane.

Ma è soprattutto nell’ultima settimana (che culmina nel martedì grasso) che si concentrano i festeggiamenti… ed il consumo di carne a tutti i livelli. Il significato antropologico di questo fenomeno è il voler sottolineare l’elemento stagionale: si consumano le scorte dell’inverno, in modo tale da propiziarsi abbondanza e fertilità. Il significato assunto dalla carne era così importante che in alcune città, come Norimberga, i festeggiamenti erano assegnati alla corporazione dei macellai!

Si sviluppano, inoltre, una serie di comportamenti di tipo folcloristico, di origine precristiana, accomunati da alcune caratteristiche come l’abbondanza di cibo, la sospensione di alcuni divieti, la sottolineatura rituale del passaggio stagionale. Proprio quest’ultimo aspetto inizia a svilupparsi in modo particolare a partire dall’XI secolo. Già nel XII secolo, a Roma e a Londra, le cronache testimoniano alcune usanze pubbliche da parte di alcuni gruppi di persone, per lo più giovani, che si organizzano per ritualizzare questo passaggio, oltre che da un periodo all’altro dell’anno, anche da una determinata condizione, o classe d’età, all’altra. Il carnevale diviene quindi l’occasione per celebrare alcune forme di combattimento, a cui prendono parte varie parti di una stessa città o categorie diverse di cittadini, che si affrontano a suon di bastonate o a colpi di sassi e pugni. Queste forme di festeggiamento, inizialmente tollerato dalle autorità comunali, vengono poi pian piano regolamentate, a causa dei rischi che ne derivavano per l’ordine pubblico.

Da sempre le maschere sono connesse al carnevale… ma per quale motivo? Legata, fin dalle origini, a comportamenti precristiani poi confluiti nel carnevale (i travestimenti ferini connessi alle kalendae januarii) , la maschera assolve varie funzioni: simbolo delle forze della natura, del mondo degli animali e delle sue energie vitali, oppure del mondo dei morti (sarebbero una personificazione dei defunti, eseguita per esorcizzarli e per propiziarseli). La maschera, poiché assimila chi la porta alle sue fattezze, viene condannata dalla chiesa come idolo satanico. Condannata anche dalle autorità civili, per motivo di ordine pubblico, l’uso della maschera riesce a sopravvivere… e nel Rinascimento travestimenti e maschere diventano diffusi, specialmente nelle corti, tanto da dar vita ad uno specifico settore produttivo e commerciale (famose erano nel Cinquecento le maschere di Modena).

Una poesia del XIII secolo descrive la lotta tra due personificazioni: Quaresima, odiato dalla povera gente ed amato dai potenti, muove il suo esercito (fatto di varie specie di pesci, anguille, aringhe e balene armate di spade fatte di sogliole) contro Carneficina (Carnevale), amato dai suoi sudditi perché semina abbondanza e raccoglie intorno a sé le carni, le pietanze condite con le salse, i formaggi e le torte armate di sciabole fatte di maiali. La battaglia tra i due è cruenta e semina morte, fin quando arriva Natale in aiuto di Carneficina e lo porta alla vittoria. Per Quaresima invece c’è la condanna all’esilio, che dura un anno intero, ad eccezione di un periodo di sei settimane e tre giorni. .

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Carnevale ha sempre rappresentato l’abbondanza del grasso, del cibo “che fa gonfiare il ventre e causa flatulenza”… in quei giorni circola cibo in quantità e tutti vanno in giro in cerca di frittelle e dolciumi!

Forse non tutti lo sanno, ma il Carnevale ha rappresentato per molto tempo un periodo importante nell’iniziazione sessuale maschile. Rappresentava l’apprendistato attraverso cui i giovani dovevano passare prima di arrivare al matrimonio e comprendeva tutta una serie di oscenità e scurrilità. A Rouen, ad esempio, la confraternita carnevalesca dell’Abbazia dei Minchioni stabiliva, che nei giorni di grasso, i giovani uomini avevano il “diritto di studiare e mettere a profitto l’arte di amare”.
Ma il carnevale era soprattutto mangiare fino a scoppiare. Bisognava preferire gli alimenti che avrebbero incrementato le anime-peto: quelli flatulenti come i piselli, i fagioli e le fave… Alcuni anni fa a Biella, il lunedì grasso, nel rispetto di una vecchia tradizione gastrorituale, venivano cucinati, in enormi calderoni, fino a dieci quintali di fagioli.


Il carnevale prima di morire faceva testamento, come prima di lui avevano fatto le figure dell’asino o del maiale portati in processione. In una redazione del Testamentum asini del 1470 circa, l’animale offre le parti del suo corpo agli astanti, specificando “culum do sufflantibus” (ossia ai soffiatori rituali), che dovranno preoccuparsi di ricostituire le anime-peto del mondo. Le ossa, il cranio e le pelli dovranno essere conservate in attesa che un’anima, un soffio vitale arrivi a rivivificarle. Il maiale e l’asino, tuttavia, non sono gli unici animali protagonisti di questa festa; l’orso ebbe, infatti, dal medioevo ad oggi un ruolo fondamentale nei riti carnevaleschi. In questi giorni, ad esempio, in Sardegna si svolgono diverse rappresentazioni in cui il carnevale ha la maschera dell’orso… A Fonni (Nuoro) S’Urthu viene tenuto ad una catena da due Buttudos, mentre tenta di imbrattare con la fuliggine le ragazze. S’Urthu, infine, muore ritualmente, per poi risorgere sotto i colpi di cironia (una specie di frustino allusivo del fallo) che i giovani, vestiti di nero e con i visi sporchi di fuliggine, gli danno. Anche qui ritornano i rituali di morte-rinascita e fecondità. Secondo il mito, infatti, questo animale uscirebbe dalla tana la vigilia di San Biagio, il 2 febbraio, giorno della Candelora. Durante il tempo passato nella tana, egli sarebbe stato in contatto con le anime dei defunti, di cui si sarebbe riempito la pancia, per poi “espellerle” al momento del risveglio con l’aiuto di alcune piante lassative…

A partire dal Quattrocento il carnevale subirà una serie di attacchi, soprattutto in seguito ai tentativi di moralizzazione ad opera di uomini come Savonarola e della Controriforma, perché considerata una festa troppo pagana. Ma riuscirà a sopravvivere nelle sue caratteristiche di fondo per moltissimo tempo. Sono le tendenze di questi ultimi decenni, con la scomparsa dell’incidenza della quaresima nella vita quotidiana e con l’affermazione di una cultura che non assegna più lo stesso significato alla ritualità, che hanno fatto dimenticare il senso originario del carnevale.

... e allora in attesa della quaresima festeggiamo il carnevale con una serie i dolci "grassi" e fritti della tradizione. Per iniziare, quelli che io preferisco... gli struffoli napoletani!


Struffoli


Ingredienti: 2 uova, 2 cucchiai di zucchero, 2 cucchiai di olio, 1 cucchiaio di liquore strega, 1 cucchiaio di succo di limone, la buccia grattugiata di 1 limone, 450 gr di farina, 2 bustine di vanillina, 1 cucchiaino scarso di lievito in polvere, 200 gr di miele, 1 lt di olio di arachidi (per friggere).

Impastate sulla spianatoia la farina con le uova, lo zucchero, il liquore strega, l’olio, il succo e la buccia del limone, la vanillina ed il lievito. Lavorate bene l’impasto e lasciatelo riposare per circa un’ora. Fate dei bastoncini del diametro di 1 cm e tagliateli a pezzettini di ½ cm e friggeteli un po’ alla volta, in una friggitrice o in una pentola alta, finché assumono un colore dorato. Deponete gli struffoli fritti su carta assorbente. In una padella capiente fate sciogliere il miele a fuoco dolce e versateci dentro gli struffoli (e se volete un po’ di scorsette di arancia e cedro canditi). Mescolate delicatamente, con una spatoletta di legno, fin quando gli struffoli non siano ben amalgamati con il miele, che nel frattempo ha assunto una consistenza collosa. Rovesciate gli struffoli su un piatto ed aiutandovi con la spatoletta e con le mani unte di olio date la forma che volete (a corona, tonda, ovale…). Decorate con confettini colorati.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Πέθανε ο κρέας πέθανε
Ψυχομαχάει ο Τύρος
Κουνάει ο Πράσος την ουρά
Και ο κρόμμυδας τα γένια
Και η βρούβα η παλιόβρουβα
Στέκεται στην καβάλα
Να πέσει στην τσουκάλα!!!!

Καλή αποκριά.

Anonimo ha detto...

Με κρέας η χωρίς η Αθήνα σήμερα έχει έναν υπέροχο ήλιο. Στέλνω και σε σας με τη σκέψη και την αγάπη μου.

Anonimo ha detto...

Un altro post culturale molto interessante. Si vede che vivi nella 'culla della civiltà'!
Complimenti.
Ciao
Frank

sibead ha detto...

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