venerdì, novembre 20, 2009
Soutè di cozze "à la grecque"
giovedì, giugno 04, 2009
Maternità
L’atto della nascita rappresenta il momento della separazione tra due esseri che si sono percepiti fin dal primo istante, che hanno scoperto durante nove mesi una certa reciprocità. Ma proprio grazie a questa reciprocità la rottura, rappresentata dalla nascita, non è mai definitiva; c’è una continuità nella vita di entrambi che non potrà mai spezzarsi... è una corda invisibile che li tiene uniti per sempre.
Solo quando la mia Polymnia è venuta al mondo ho potuto comprendere quanta gioia e quanta responsabilità si provasse nel dare le proprie cure la propria protezione ad un figlio. Grazie ad esse si crea un rapporto di complicità e di unità unico, che ti permette di imparare ad ascoltare e comprendere il suo linguaggio senza parole per poterlo così guidare nella sua vita di piccolo essere umano. Sophie Marinopoulos afferma che un bambino pensa a partire dai pensieri che riceve. Sono convinta anch’io di questo, è dallo spirito e dal pensiero della madre che un figlio è portato alla vita! E’ sul pensiero della madre che si appoggia quello del bambino. Essere madri significa interpretare e capire ciò che il bambino ci comunica per accompagnarlo nelle sue aspirazioni e non cercare di dargli ciò che noi vogliamo, cercando di farne un nostro surrogato.
La maternità è stata per me un avvenimento nuovo e sconvolgente, che mi ha assorbito completamente e mi ha allontanato per un po’ da ogni altro interesse... è stato un periodo di tempo necessario affinché il mio spirito e la mia vita ritrovassero un nuovo equilibrio!
Spero che tutto ciò possa farvi comprendere le ragioni della mia lunga assenza!
martedì, marzo 25, 2008
Il viaggio della speranza della sacra fiamma
Per gli antichi greci, il fuoco, rubato agli dei da Prometeo, aveva una connotazione divina e per tale motivo era presente in tutti i santuari. Tale fuoco, frutto del Dio del sole Apollo, che rappresenta lo spirito dei giochi, ieri ha acquisito, per la prima volta dopo secoli, significato e sostanza. Per la prima volta il significato dell’ideale olimpico ha preso corpo attraverso la contestazione di un gruppo di attivisti, che reclamavano la libertà per il Tibet. La fiamma spirituale dei giochi è anche azione. E’ movimento, è contestazione di fronte a qualsiasi cosa buia che acceca e distrugge la nostra etica. Un intero mondo spirituale cerca il nostro aiuto, cerca uno spazio di esistenza ed autonomia, al di fuori delle mosse politiche di uno Stato che vuole essere definito socialista.
lunedì, novembre 05, 2007
Horror cibi
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Nonostante ciò esistevano vari stratagemmi a cui i venditori ricorrevano per depistare gli acquirenti. Il più diffuso era quello di tagliare l’animale nella zona del ventre ed insufflare aria al suo interno, per renderla artificialmente più distesa e tonica. Tale pratica era assolutamente vietata tanto più perchè ritenuta fonte pericolosissima di contagio, dall’alito umano alla carne dell’animale. La carne era controllata dal servizio municipale non solo per la freschezza, ma anche perchè ritenuta possibile vettore di malattia e fonte di contagio. Tra tutti gli animali quello più temuto e quindi controllato era senz’altro il maiale. Un primo controllo veniva effettuato sugli animali ancora in vita, con particolare attenzione alla lingua, ed un altro dopo l’abbattimento per verificare che non ci fossero larve incistate tra le sue fasce muscolari. A Parigi a seguito dell’ispezione sanitaria, l’orecchio veniva siglato se si riscontravano tracce leggere di contaminazione, mentre veniva tagliato se la malattia era diagnosticata con certezza. La testa del maiale fungeva quindi da vera e propria etichetta informativa per l’acquirente e quindi era obbligatorio esporla insieme alla carne dell’animale. Allo stesso modo il pesce ispezionato e giudicato atto alla vendita veniva inciso con un segno come garanzia di qualità.
Ad influenzare il consumatore medievale era soprattutto il colore del cibo, in particolare veniva prediletto su tutti il bianco. L’alimento bianco era in genere ritenuto più salubre di altri e non contaminato dalla corruzione organica. Si riteneva, infatti, che avesse il potere di neutralizzare la bile nera, ossia l’umore nefasto colpevole, secondo la medicina del tempo, di causare molteplici malattie. I commercianti, però, riuscirono a sfruttare questo luogo comune a proprio vantaggio usando vari espedienti. Illuminare il banco con molte candele serviva, ad esempio, a ridare al lardo ingiallito il candore perduto. O peggio c’era l’uso, peraltro a ragione severamente bandito, di sbiancare artificialmente il pesce impastandolo di calce.
Non si deve poi dimenticare che furono i cereali a mietere il maggior numero di vittime per intossicazione alimentare. L’ergotismo, meglio conosciuto come “fuoco sacro” o “fuoco di Sant’Antonio”, era una malattia diffusissima in tutta l’Europa medievale, che nelle sue forme più acute portava alla morte, ma molto più spesso alla paralisi progressiva degli arti, alla gangrena e poi all’amputazione di questi. Il nesso con il fungo Claviceps purpurea della segale venne compreso secoli dopo, ma già allora si intuì una sua relazione con le annate di carestia. Durante questi periodi, infatti, la fame spingeva la popolazione a mangiare insieme ai chicchi sani anche quelli più grossi e dal sapore sgradevole attaccati dal fungo, che normalmente nelle annate di abbondanza erano scartati. Molto frequenti e non meno nocive erano poi le adulterazioni delle farine e quindi del pane. Erasmo da Rotterdam nei Colloqui si lamenta, ad esempio, che sulla tavola del suo ospite veneziano Francesco d’Asola viene servito pane in cui per un buon terzo è mescolata argilla!
Si può affermare con certezza, quindi, che ieri come oggi nulla è cambiato e che il cibo era e rimarrà sempre un grosso affare!
lunedì, ottobre 29, 2007
Il giro della Grecia in punta di forchetta: Monte Athos
Ingredienti: 1 Kg di zucchine, 4 patate di media grandezza, sbucciate e tagliate a fette sottili, ½ Kg di formaggio di pecora, 150 gr di feta, 2 pomodori tagliati a pezzetti, 2 cucchiai di mentuccia tagliata finemente, farina q.b., 1 cucchiaino di semi di sesamo bianco ed uno di sesamo nero, 1 tazza di olio extravergine di oliva, sale.
Ingredienti: 5 grosse zucchine, farina q.b., 250 gr di feta sbriciolata, 100 gr di caciotta di mucca grattugiata, 2-3 cipollotti tritati, un mazzetto di menta, 1 tazza e ½ di semi di sesamo, 1 tazza e ½ di farina di mais, 1 tazza e ½ di pangrattato, 6 uova battute, olio per friggere.
Tagliate a cubetti le zucchine e mettetele in una ciotola, cospargetele di farina, giratele fino a che ne siano ben ricoperte. Friggetele in abbondante olio, scolatele su carta assorbente e lasciatele freddare. In una bastardella mescolate la feta, la caciotta, la menta e le zucchine fritte. Fatene delle palline schiacciate. In un piatto mescolate il pangrattato, la farina di mais ed il sesamo. In un altro mettete le uova battute ed in una altro ancora della farina. Passate ogni polpetta prima nell’uovo, poi nella farina, poi ancora nell’uovo e dopo nella mistura di sesamo. Friggetele in abbondante olio. Fatele sgocciolare su carta assorbente e sevitele calde calde.
giovedì, ottobre 11, 2007
Il giro della Grecia in punta di forchetta: le Cicladi
Nella cucina cicladica l’influenza eneta è evidente. Durante gli anni le cuoche isolane hanno trovato le modalità più facili per sfruttare al meglio la pochissima materia prima delle loro terre quasi secche. Da nessuna parte ho sentito così intensamente lo spirito dell’austerità, quanto nelle aride isole dell’arcipelago delle Cicladi. Per percepire tali invenzioni semplicistiche, è necessario che qualcuno spalmi sul pane un’insalata di sedano aromatizzata con capperi, cipolla secca e aglio, specialità dell’isola di Siros. Sarebbe necessario, almeno una volta, assaggiare le frittelle di finocchio a Tinos o le polpette di ceci a Sifnos.
In poche parole i sapori della cucina regionale di queste isole fanno sì che tutti coloro che li proveranno racconteranno di un’esperienza gastronomica indimenticabile.
Ingredienti per la salsa: 400 gr di olive verdi snocciolate, 2 spicchi di aglio ridotti in polpa, due ciuffi di coriandolo, 400 ml di olio extravergine di oliva, sale e pepe.
Ingredienti per il pesce: 18 grandi e fresche sardine, 18 grandi foglie di vite, 4 cucchiai di olio, il succo di mezzo limone, sale affumicato e pepe.
Mettiamo nel mixer tutti gli ingredienti per la salsa (facendo attenzione che non diventi troppo cremosa), tranne il coriandolo che triterete a parte con il coltello e che aggiungerete quando la salsa è pronta. Puliamo e laviamo le sardine, avvolgiamone ognuna con una foglia di vite. Ungiamole con l’olio ed insaporiamole con sale e pepe. Cuociamo le sardine in una padella antiaderente un paio di minuti per ogni lato. Serviamo le sardine con una spruzzata di limone e con un po’ di salsa di olive.
lunedì, ottobre 01, 2007
Un Meme… di gusto
- La pasta fresca... o meglio prepararla. Non arrivavo ancora all’altezza del tavolino, quando ho iniziato ad impastare acqua e farina. Il mio primo ricordo olfattivo è proprio quello della pasta all’uovo, che ogni fine settimana mia nonna Maria preparava. Per me era il momento più felice della giornata; salivo su una sedia e la osservavo con attenzione, seguendo i movimenti delle mani e delle braccia. Lei guardandomi compiaciuta mi metteva davanti un mucchietto di farina ed un bicchiere di acqua tiepida, mi diceva come fare e controllava infine se l’impasto fosse della durezza giusta; l’unica cosa che non mi era concessa era tagliare la pasta. Una Domenica, avrò avuto 6 o 7 anni, mio nonno mi regalò una piccola spianatoia, che aveva fatto fare appositamente per me... non me ne sono mai separata, ce l’ho ancora.
- Il caffé. Lo bevo ovunque, sempre e comunque. Da piccola avevo una moka da una tazza, con cui mia mamma mi preparava l’orzo, ma io, nonostante non fosse caffé, mi sentivo lo stesso molto cool... e comunque nei momenti di distrazione ne rubavo un sorso di quello vero. Ancora oggi preferisco quello della moka, ma non disdegno gli altri tipi... lo detesto solo sottoforma di gelato.
- Il vino. Un vizio che mia ha passato mio nonno Antonio... diceva che “fa sangue” e me ne dava un po’ allungandolo sempre con la “gazzosa”, quella di una volta però, nelle bottigliette di vetro, che oggi non esiste quasi più.
- Il parmigiano. Sulla pasta ne metto sempre in quantità esagerate... in particolare sulle fettuccine al sugo di carne. Anche questo è un vizio che mi a passato il nonno... a lui piaceva metterne molto sulla pasta e spingendo me a mangiarne tanto (mi diceva che così mi sarebbe cresciuto il seno), evitava i rimproveri della nonna, che glielo vietava per via della sua pressione alta.
- I mezè. Quando sono in Grecia, nella calura delle giornate estive non c’è cosa che ami di più che sedermi in una taverna in riva al mare e mangiare mezè, davanti ad un bicchiere di ouzo ghiacciato, godendomi la brezza profumata di salsedine che viene dal mare. I mezè o mezedes sono degli antipastini caldi o freddi, che variano a seconda del posto e della stagione. Possono essere delle salsine (tzatziki, melinzanosalata, taramà....), dei formaggi (quasi sempre feta), delle insalate, delle verdure, o piccoli pesci marinati, fritti o alla griglia... etc. etc.
- La rucola. Hanno tentato di farmela mangiare in tutti i modi... ma proprio non ne sopporto il sapore, che mi da la nausea.
- Il polipo alla griglia... per me sinonimo di vacanza. In estate, in tutti i posti di mare della Grecia, mi piace vederlo penzolare dalle cordicelle, in attesa che il sole lo prepari a danzare sulle braci ardenti.
- Gli erbaggi selvatici bolliti o crudi. Mi hanno aperto innumerevoli porte sul mondo dei sapori... sapori originali e schietti, che ti mettono in contatto, attraverso un linguaggio primordiale, con la madre terra. In tutte le stagioni faccio sì che accompagnino primi o secondi, o che siano la mia insalata.
Chiudendo, visto che non è giusto pretendere da altri cose che con difficoltà accetto di fare io stessa, non inviterò altri blogger a continuare questo gioco. E se questo dovesse risultare la fine della piramide non mi interessa più di tanto. Anche se, certe volte, non possiamo cominciare qualcosa, è di conforto potervi porre fine. Se però chiunque di voi leggendo questo post si offrisse, volontariamente, di continuare sarò felice di osservarlo e sarà come se l’avessi invitato.