mercoledì, marzo 22, 2006

Le armonie… del cibo

Da sempre cibo, vino e buona musica sono un connubio indissolubile che riescono a soddisfare tutti i nostri sensi… ed è proprio questo che il CD Food, Wine & Song, prodotto da Harmonia Mundi, riesce a ricreare.
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Compiendo un viaggio ideale tra le musiche ed i banchetti del Medioevo e del Rinascimento, questo CD riesce a riscoprire e valorizzare un patrimonio di musica e sapori, grazie alla maestria di compositori quali Guillaume de Machaut, Richard Smert, Heinrich Isaac, Guillaume Dufay, Gilles Binchois, Juan Ponce e molti altri. Il cofanetto contenente il CD è anche impreziosito da un libretto contenente 23 ricette tratte da fonti del XIV e del XV secolo, riviste e riadattate da cuochi moderni, che spesso hanno lavorato di fantasia, ma che hanno rispettato tecniche ed ingredienti dell’epoca. I piatti proposti spaziano dalla “Minestra di piselli secchi, addensata con pane alle spezie e servita con pollo confit” all’” Omelette all’arancio per ruffiani e baldracche”, dai “Tortelloni con ricotta, limone, e pinoli” al “Manzo e montone bollito con salsa di pane aromatica”, dal “Branzino arrosto con finocchio” ai “Porri e barbabietole intere brasati con uva secca” e alla “Torta allo zafferano” …
Alcuni dei brani proposti sono in relazione con le ricette proposte, altri sono invece uno spaccato di vita dell’epoca medievale e rinascimentale, la descrizione di comportamenti sociali e “culinari”. Così nel brano Chançonette / Ainc voir / A la cheminee / Par verité le diverse voci cantano l’amore non corrisposto, la seduzione, la “carne salata, capponi grassi… il giuoco dei dai e della tavola reale”, i vini renani e quelli francesi. Prenés l'abre / Hé resveille toi Robin, composto da uno dei più noti trovatori del Duecento, Adam de la Halle, accompagna un picnic in campagna. Il brano Si quis amat di un anonimo compositore inglese è un saggio sul comportamento a tavola, ove l’autore sottolinea l’importanza di lavarsi spesso le mani durante il pasto, di non pulirsi i denti con il tovagliolo, di non fare rumore e di non mettersi le dita nel naso. Nel Cacciando per gustar, di Antonio Zachara da Teramo (cantore papale dei primi del Quattrocento), ci sono molti richiami, in dialetto romanesco, alle urla dei venditori di olio, uova e mostarda. Anche il brano portoghese Quem tem farelos è un inno ai chiassosi e variopinti mercati dell’epoca.
“Gustando” questa musica con del buon vino e con una delle ricette proposte, riuscirete insomma ad immergervi in una perfetta atmosfera medievale… ma non dimenticate mai il consiglio di Leonardo da Vinci: “…non mangiar senza voglia e cena leve, mastica bene e quel che in te riceve sia ben cotto e di semplice forma…

venerdì, marzo 17, 2006

Perché l’amore è cieco e pazzo.

Un giorno si radunarono da qualche parte sulla terra tutti i sentimenti e le virtù dell’uomo. La Pazzia dopo essersi presentata tre volte alla Noia, propose di giocare a nascondino. L’Interesse, alzando il sopracciglio, aspettò di sentire mentre la Curiosità, non potendosi trattenere, chiese: “Cos’è il nascondiglio?” L’Entusiasmo cominciò a ballare con l’Euforia e la Gioia cominciò a saltare su e giù pur di riuscire a convincere il Dilemma e l’Apatia – che non si interessava mai di niente – a giocare anche loro.
Tuttavia, c’erano tanti che non volevano giocare: la Verità non voleva in quanto sapeva che ad un certo punto si sarebbe rivelata. La Superbia trovò il gioco stupido e la Viltà non voleva rischiare. “Uno, due, tre” cominciò a contare la Pazzia, e tutti corsero a nascondersi…
Per prima si nascose la Pigrizia. Poiché era svogliata, andò dietro la prima roccia che trovò. La Fede volò verso il cielo e la Gelosia si nascose all’ombra del Trionfo, che con la sua forza riuscì ad arrampicarsi sull’albero più alto. La Generosità non poteva nascondersi, in quanto ogni posto che trovava le sembrava stupendo, e volendo offrirlo come nascondiglio ad un altro amico, lo lasciava libero. Così la Generosità si nascose dietro un raggio di sole. L’Egoismo, al contrario, trovò come nascondiglio un luogo che andava bene solo a lui. La Menzogna si andò a nascondere nel fondo dell’oceano. La Passione ed il Desiderio si nascosero all’interno di un vulcano. L’Eros non aveva trovato ancora un luogo in cui nascondersi. Per lui tutti i nascondigli erano occupati, finché non trovò un cespuglio di rose.
“…998, 999, 1000” contò la Pazzia e iniziò a cercare. Il primo che scovò fu la Pigrizia, visto che si era nascosta vicinissima. Dopo trovò la Fede, che parlava con Dio di teologia. Sentì il “pulsare” della Passione e del Desiderio nel fondo del vulcano e trovando la Gelosia non fu affatto difficile trovare anche il Trionfo… scovò facilmente il Dilemma, che non aveva ancora deciso dove nascondersi. Pian piano trovò tutti, tranne l’Eros.
La Pazzia cercò ovunque, dietro ogni albero, sotto ogni pietra, sulla cima delle montagne, ma niente. Quando era quasi pronta ad arrendersi, trovò un cespuglio di rose e cominciò a scuoterlo nervosamente fino a quando sentì delle grida di dolore. Era Eros che gridava, poiché i suoi occhi erano stati feriti dalle spine delle rose. La Pazzia non sapeva come rimediare, piangeva, chiedeva scusa e alla fine promise di diventare la sua guida.
Così da allora l’Eros è sempre cieco e accompagnato dalla Pazzia!
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Dedico questa ricetta alla mia carissima amica Sarit augurandole di trovare un amore dal gusto intenso e variegato come il piatto a cui ho dato il suo nome!
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Involtini di pollo porchettati su purè di mele all’amore di Sarit


Ingredienti per gli involtini: 1 petto di pollo, 150 gr di pancetta affumicata tagliata a fette sottili, ½ cucchiaio di pinoli, 3 prugne secche, ½ cucchiaio di uva passa, 50 gr di ricotta, ½ cucchiaino di semi di papavero, ½ cucchiaino di semi di finocchio, ½ cucchiaino di buccia grattugiata di limone, 400 ml di vino bianco, 1 spicchio di aglio, 4 foglie di salvia, 1 rametto di rosmarino, 5 cucchiai di olio, sale e pepe.
Ingredienti per il purè: 3 mele golden, 1 cucchiaio di succo di limone, 20 gr di burro.
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Tagliate il petto a fette, battetele con un batticarne per renderle sottili. Preparate uno dei due ripieni unendo i pinoli con l’uva passa e le prugne tagliate a pezzetti e condendo con un pizzico di pepe ed un filo d’olio; e l’altro con la ricotta, i semi di papavero, quelli di finocchio, la buccia di limone ed un pizzico di sale. Riempite ogni fetta di pollo con un cucchiaino di ripieno, arrotolate ed avvolgete ogni involtino con qualche fetta di pancetta. Legate ogni involtino con dello spago da cucina per non farli aprire. Mettete gli involtini in una padella con l’olio e l’aglio. Fate rosolare, girandoli di tanto in tanto , in modo che si colorino in modo uniforme. Aggiungete la salvia, il rosmarino, il sale, il pepe ed irrorate con il vino. Fate cuocere a fuoco medio-basso, finché la salsa non si addensi e girando di tanto in tanto gli involtini.
Nel frattempo, preparate il purè. Sbucciate le mele, tagliatele a pezzetti e mettetele a cuocere in una pentola con un poco di acqua. Quando l’acqua si sarà ritirata e loro saranno cotte, frullatele con il mixer ad immersione. Aggiungete il succo del limone ed il burro.
Slegate gli involtini. Versate qualche cucchiaio di purè sul fondo del piatto adagiateci sopra gli involtini e condite con uno o due cucchiai del loro fondo di cottura.

sabato, marzo 11, 2006

Il Mavrodafne e l'Eucaristia

L’idea di scrivere questo post mi è venuta quando ho ricevuto in dono, dai miei cari amici Voula e Giannis, una preziosissima bottiglia gran resèrve del 1996 di Mavrodafni Axaïa Clauss.
La casa vinicola Axaïa Clauss, che si trova 8 Km a sud-est di Patrasso, sull’omonimo colle, fu fondata nel 1861 dal Bavarian Baron Von Gustav Clauss. In tale posizione idilliaca, che costituisce l’acropoli di Patrasso, c’erano fin dall’antichità dei vitigni di uve rosse, definiti dal Barone Von Clauss “mavrodafne” per onorare la memoria della sua fidanzata Dafne, una bella mora greca dagli occhi neri, morta in giovane età di tubercolosi.
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Clauss, insieme alla casa vinicola, costruì una piccola comunità che comprendeva una chiesa cattolica ed una ortodossa. Quasi tutti i lavoratori, insieme alle loro famiglie, vivevano in questa comunità. Vorrei sottolineare il fatto che molte delle persone delle 15 famiglie, che vivono attualmente ad Axaïa Clauss, sono discendenti di quei primi operai assunti da Clauss.


E’ un vino dai riflessi rosso rubino, con aromi di ciliegie, vaniglia, uva passa, prugne nel cognac e cioccolato, invecchiato in botti di rovere di Trieste ornate, prodotto dall’omonima qualità di vitigni con l’aggiunta di uva passa di Corinto, con il diritto di DOP solo quando la varietà Mavrodafne partecipa al vino finale in una quantità superiore al 50%. Rientra nella categoria di “vins de liqueur”, che riscalda il cuore e stimola i sensi, mentre dal primo sorso, il buon umore si dipinge sul viso. Questo si spiega, dal punto di vista enognostico, dal fatto che tra i quattro sapori fondamentali della lingua, l’aspro, l’amaro, l’acro ed il dolce, solo quest’ultimo è considerato piacevole ed accettato da tutti. Non c’è dubbio che l’accettazione da parte di tutti di un’inaspettata dolcezza al palato, rappresenta sempre una pausa nella dura quotidianità, dipingendo in modo soave e dolce ogni momento della nostra vita unico ed indimenticabile.

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Per tutte queste caratteristiche, questo vino nero ha assunto un significato importantissimo per gli ortodossi, come componente principale della “metalavia”, ossia della liturgia eucaristica.

L’Eucaristia o Eucarestia (dal greco ευχαριστω, eucharisto, rendimento di grazia) è il sacramento istituito da Gesù nell’imminenza della sua morte durante l’ultima cena.
Ogni forma di vita per continuare ad esistere ha necessità di soddisfare dei bisogni fondamentali. Per l’uomo, fra quelli fondamentali vi sono il mangiare ed il bere.
Aver fame” significa provare il bisogno del cibo, elemento indispensabile al mantenimento ed alla conservazione della vita.
Aver sete”, significa provare il desiderio di una bevanda che ci permetta di reidratare il corpo. Si tratta di un bisogno ancor più impellente della fame, e che, se non soddisfatto, mette rapidamente l’uomo in pericolo di morte.
Pertanto, mangiare e bere, e farlo assieme ad altre persone (ossia fare un pasto in comune), sono atti essenziali della vita dell’uomo, che hanno pure un significato simbolico.
Con l’atto del mangiare interrompiamo uno sviluppo normale volgendolo a nostro beneficio: ci si nutre della vita “dell’altro”, sacrificato per noi, dato per noi.

Gesù sceglie il pane (Luca 22,19) ed il vino (Luca 22,20) come segni eucaristici perché sono elementi presenti in Pèsach, la Pasqua ebraica. Sceglie questi due elementi e li mette in relazione ai bisogni fondamentali dell’uomo: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete…” (Giovanni 6,35).

Tanto il pane quanto il vino, richiedono da parte dell’uomo un lavoro di fabbricazione che trasformi il grano in pane e l’uva in vino. Non solo nel pane e nel vino si trova una finalità introdotta dall’intelligenza e dalla fatica dell’uomo, ma sono pure elementi ricchi di tutto un simbolismo umano, familiare, sociale.

Il vino è simbolo di gioia, di forza, di festa. Occupa un posto importante nella vita sociale, sia che si tratti di “annaffiare” un evento lieto, che di brindare insieme o bere al medesimo bicchiere per significare l’unità di una coppia o di un gruppo.
Alle origini l’Eucaristia era chiamata “frazione del pane” perché per un cristiano l’Eucaristia non è solo il mangiare del pane e il bere del vino divenuti corpo e sangue di Gesù, ma il condividere un pasto simbolico, che accomuna e che riunisce.
Così, come un pasto simboleggia e sigilla la comunione e l’unità di coloro che vi partecipano, i “commensali”, ovvero persone partecipi della stessa vita, così per i cristiani è l’Eucaristia.
L’Eucaristia è tutto questo: è il sacramento che corrisponde a questa azione essenziale alla vita dell’uomo, azione che gli consente di conservare e sviluppare la sua vita; è la trasfigurazione del pasto umano, cioè del fatto di riunirsi per mangiare e bere insieme nella gioia.
Gesù istituisce l’Eucaristia durante la cena del Sèder (Ultima Cena) fatta coi suoi discepoli. Assieme ad essi sta festeggiando Pesach, la Pasqua ebraica (Luca 22, 8). Quindi l’Eucaristia è istituita durante un pasto autentico, che è contemporaneamente un pasto religioso. Ogni Giudeo, nella misura in cui glielo consentiva la sua creatività, doveva rendere personali le preghiere (di benedizione) al pasto. In questo contesto si inseriscono le parole che Gesù pronuncia sul pane e sul vino nell’ultima cena: una preghiera di lode e di benedizione rivolta al Padre. Parole che sono in stretta relazione col fatto che egli sta per dare la sua vita per la salvezza di tutti gli uomini.
Nel pronunciare queste preghiere, Gesù dice: “Prendete e mangiate, questo è il mio corpo” e “Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati” (Matteo 26, 26-28).

Quindi il pane e il vino divenuti suo corpo e suo sangue, sono anzitutto oggetto di nutrizione e questo nutrimento è offerto ai discepoli radunati. Inoltre, il vino rappresenta il sangue di Cristo, sangue dell’alleanza versato per la salvezza degli uomini; ciò significa che l’azione salvatrice è al centro dell’Eucaristia: Gesù si dona ai suoi nel duplice segno del pane e del vino per nutrirli, per nutrirli insieme e quindi riunirli, per stringere incessantemente una nuova alleanza con loro, per liberarli da ogni schiavitù e specialmente dall’asservimento al peccato.

Poiché il sangue inoltre rappresenta la vita (Genesi 9,4) e non vi è vita senza spirito, bere il sangue di Cristo, cioè il vino dell’Eucaristia, significa fare entrare in noi lo spirito del Messia, cioè lo Spirito Santo: “In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui.” (Giovanni 6,53-56), cioè poiché Gesù è Dio stesso, nutrirci di Lui fa entrare in noi la sua vita che è eterna.
Infine, ordinando: “Fate questo in memoria di me” (Luca 22, 19; 1 Corinzi 11, 24), Gesù fa di questo pasto (l’Eucaristia) un segno che, lungo i secoli, si è ripetuto nelle comunità cristiane: memoriale efficace della sua presenza in mezzo ai suoi, del suo sacrificio offerto a Dio per la salvezza di tutti.

Dopo questa “piccola” introduzione sul Mavrodafne e sull’Eucaristia vi propongo una ricetta il cui ingrediente principale non poteva essere altro che... il Mavrodafne.

Filetto di manzo con salsa di Mavrodafne e miele

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Ingredienti: 1Kg di filetto di manzo, 1 cipolla media tagliata finemente, 30 gr di farina, 250 ml di Mavrodafne, 250 gr di miele, sale e pepe bianco, pochissimo timo e 100 ml di olio extravergine di oliva.

Tagliamo i filetti a pezzetti e li scottiamo con l’olio per pochi minuti e li mettiamo a scolare. Nell’olio rimasto soffriggiamo la cipolla, aggiungiamo i filetti, cospargiamo con la farina e spegniamo tutto con il vino. Quando la salsa si addensa, aggiungiamo il pepe ed il sale, il miele ed il timo.

Possiamo accompagnare questo piatto con patate dolci, castagne bollite, mele cotogne o mele al forno. Il vino consigliato è ovviamente... il Mavrodafne.