lunedì, ottobre 29, 2007

Il giro della Grecia in punta di forchetta: Monte Athos


Comminando nel deserto del Monte Athos: solo per uomini.
Chi cerca la pace interiore, non è necessario che vada lontano. Abbiamo accanto a noi un posto ove le misure umane non contano. Alcuni giorni nella spiritualità della penisola di Sithonia sono un’esperienza che ogni uomo dovrebbe vivere almeno una volta nella vita.
Il pellegrinaggio nel giardino della Madonna ha inizio dal molo di Ouranoupoli, situato accanto alla torre bizantina, simbolo della città. Da lì la piccola barca issa l’ancora alla volta un altro mondo, un mondo con una filosofia diversa, abitudini diverse, ora e data diversa, un mondo che vive in un’altra epoca, da qualche parte negli anni dell’Impero Bizantino. Un gruppo di soli uomini, accompagnato dai gabbiani che volano sulle loro teste, inizia con la loro barca ad avvicinarsi ai moli dei diversi monasteri incontrati lungo la rotta. Per primo gli si è presentato innanzi il molo Giovanitsa, del monastero serbo di Hilandariou e dopo quello del monastero bulgaro di Moni Zografou, due dei monasteri che custodiscono alcuni dei cimeli più importanti ed originali del Monte Athos.
La loro meta è il monastero russo, Moni Aghiou Panteleimona, che si adagia sulle rocce della costa occidentale dell’Athos. Si tratta di un’intera città con cupole bianche e verdi. Qua “suona” la seconda più grande campana del mondo, del peso di 14 tonnellate, che può essere ascoltata in tutta la penisola. E’ uno dei monasteri più luminosi e colorati della Montagna Santa. Dalle innumerevoli grandi finestre degli otto cupoloni penetra intensa la luce, facendo sì che tutto appaia surreale. Qui vivono pochi monaci anziani, che permettono ad un numero limitatissimo di persone di soggiornare. Il nostro amico è uno di essi.
La natura che circonda il monastero profuma di fiori, una varietà illimitata, di pini, ulivi, allori... testimonianza che ogni fiore, ogni cespuglio ed ogni albero ivi collocato è frutto di Madre Natura, lasciata in pace! Il posto è veramente benedetto. Ogni tanto, attraverso la fitta vegetazione, si aprono finestre sull’azzurro del golfo Siggitikos.
Appena si arriva al monastero si viene accolti con una processione di benvenuto. Vengono offerti tsipouro, loukoumi, caffé ed acqua e si assegnano le camere.
La camera assegnata al nostro amico ha un balconcino sospeso ad un’altezza di 80 metri sul mare, che gli permette di godere una vista magica, di sotto l’orletto della spiaggia, davanti a lui l’arcipelago ed in fondo il tramonto. Una prospettiva diversa nell’assaporare l’attimo...
E’ arrivata l’ora della cena, si sono fatte già le cinque di pomeriggio. Qui, nell’arca chiamata Athos gli orologi scorrono con l’ora bizantina, la giornata comincia con il tramonto del sole, cioè alle 12 in base all’ora locale. Sotto lo sguardo dei santi appesi sui muri si comincia a mangiare in modo silenzioso e l’unica voce che risuona è quella dell’anagnostis, il quale narra le vite severe degli asceti per prendere il sopravvento sulle sensazioni... il cibo è un pezzo inseparabile della teleturgia di ogni monastero ed è circondato dallo stesso raccoglimento che necessita anche la preghiera. Si servono del pesce con i carciofi, del pane e della feta. I cibi sono di una gustosità incomparabile, visto che per preparali si utilizzano ingredienti prodotti dagli stessi monaci, nei loro orti, nei loro vigneti e nei loro uliveti, che coronano ogni monastero.
Durante la notte, passata sul letto di ferro battuto, la luce della lampada a petrolio ha fatto pure lei la sua parte nel creare l’atmosfera misteriosa, che ha accompagnato il nostro amico fino alle prime luci dell’alba, quando i primi raggi del sole hanno iniziato a giocare, attraversando la piccola finestra della sua camera.
La prima mattina ha fatto una camminata di tre ore al confine tra il verde e l’azzurro, un vero godimento per i sensi. Si è fermato presso una sorgente di acqua cristallina e gelata, circondata da castagni secolari. Al suo rientro, per ora di pranzo, i monaci hanno apparecchiato il tavolo sotto il gelso del monastero. Pita di zucchine con formaggio e sesamo, polpette di zucchine, zuppa di tahini, pane integrale, olive e pomodori erano donati come l’unico elisir per la salute dell’essere umano. Chiacchierando con il cuoco, il nostro amico, gli ha parlato dell’esistenza di questo blog e del progetto postvacanziero della “Grecia in punta di forchetta”. Il monaco-cuoco, sorridendo e guardando verso il mare, decide allora di offrire i suoi segreti per i due semplicissimi piatti offerti per pranzo.
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Pita con zucchine, formaggio e sesamo nero.
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Ingredienti: 1 Kg di zucchine, 4 patate di media grandezza, sbucciate e tagliate a fette sottili, ½ Kg di formaggio di pecora, 150 gr di feta, 2 pomodori tagliati a pezzetti, 2 cucchiai di mentuccia tagliata finemente, farina q.b., 1 cucchiaino di semi di sesamo bianco ed uno di sesamo nero, 1 tazza di olio extravergine di oliva, sale.
Tagliamo le zucchine a fette sottili, le saliamo e le mettiamo in uno scolapasta a sgocciolare per 2-3 ore. Mescoliamo le zucchine scolate con i pomodori ed una parte dell’olio. Condiamo le patate con l’altra parte dell’olio. Ungiamo una teglia e facciamo uno strato di patate. Aggiungiamo sopra il formaggio di pecora a dadini e copriamo con uno strato di zucchine, cospargiamo con un velo di farina, la feta sbriciolata e la mentuccia. Ripetiamo il procedimento ed infine facciamo l’ultimo strato con il formaggio, mescolato al sesamo. Cuociamo in forno a 180° per 1 ora e ½. Va servita tiepida.
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Polpette di zucchine
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Ingredienti: 5 grosse zucchine, farina q.b., 250 gr di feta sbriciolata, 100 gr di caciotta di mucca grattugiata, 2-3 cipollotti tritati, un mazzetto di menta, 1 tazza e ½ di semi di sesamo, 1 tazza e ½ di farina di mais, 1 tazza e ½ di pangrattato, 6 uova battute, olio per friggere.

Tagliate a cubetti le zucchine e mettetele in una ciotola, cospargetele di farina, giratele fino a che ne siano ben ricoperte. Friggetele in abbondante olio, scolatele su carta assorbente e lasciatele freddare. In una bastardella mescolate la feta, la caciotta, la menta e le zucchine fritte. Fatene delle palline schiacciate. In un piatto mescolate il pangrattato, la farina di mais ed il sesamo. In un altro mettete le uova battute ed in una altro ancora della farina. Passate ogni polpetta prima nell’uovo, poi nella farina, poi ancora nell’uovo e dopo nella mistura di sesamo. Friggetele in abbondante olio. Fatele sgocciolare su carta assorbente e sevitele calde calde.

giovedì, ottobre 11, 2007

Il giro della Grecia in punta di forchetta: le Cicladi


Quest’estate, già prima dell’inizio delle vacanze, avevo una gran voglia di esplorazioni enogastronomiche. Ho preparato i bagagli ed ho dato il via alla mia tourné gourmet. Obiettivo? Scoprire le migliori specialità locali.
Nella cucina cicladica l’influenza eneta è evidente. Durante gli anni le cuoche isolane hanno trovato le modalità più facili per sfruttare al meglio la pochissima materia prima delle loro terre quasi secche. Da nessuna parte ho sentito così intensamente lo spirito dell’austerità, quanto nelle aride isole dell’arcipelago delle Cicladi. Per percepire tali invenzioni semplicistiche, è necessario che qualcuno spalmi sul pane un’insalata di sedano aromatizzata con capperi, cipolla secca e aglio, specialità dell’isola di Siros. Sarebbe necessario, almeno una volta, assaggiare le frittelle di finocchio a Tinos o le polpette di ceci a Sifnos.
Gli insaccati delle Cicladi, come pure i loro formaggi, hanno un sapore che viene inciso in maniera incancellabile nella memoria, come un tramonto sulle strade di Delos o di fronte alla caldera del vulcano di Santorino.
Non è semplice parlare delle quasi venti isole ed isolette che formano l’arcipelago delle Cicladi e delle specialità locali, ma vorrei raccomandare ai futuri viaggiatori ed avventurieri di non andar mai via senza aver prima assaggiato la pita di cipolle a Mikonos, il coniglio con l’origano a Tinos, lo sgombro con i capperi a Siros e le omelette di fave a Santorino.
In questi luoghi i dolci sono anch’essi, per la maggior parte, semplici. Sfruttano al meglio le risorse locali e sono a base di mandorle, di poca frutta e di miele. C’è l’abitudine, inoltre, di preparare dolci sciroppati come il cocomero di Ios ed il fico croccante di Tinos.
In poche parole i sapori della cucina regionale di queste isole fanno sì che tutti coloro che li proveranno racconteranno di un’esperienza gastronomica indimenticabile.
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Sardine in foglie di vite con salsa alle olive verdi
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Ingredienti per la salsa: 400 gr di olive verdi snocciolate, 2 spicchi di aglio ridotti in polpa, due ciuffi di coriandolo, 400 ml di olio extravergine di oliva, sale e pepe.

Ingredienti per il pesce: 18 grandi e fresche sardine, 18 grandi foglie di vite, 4 cucchiai di olio, il succo di mezzo limone, sale affumicato e pepe.

Mettiamo nel mixer tutti gli ingredienti per la salsa (facendo attenzione che non diventi troppo cremosa), tranne il coriandolo che triterete a parte con il coltello e che aggiungerete quando la salsa è pronta. Puliamo e laviamo le sardine, avvolgiamone ognuna con una foglia di vite. Ungiamole con l’olio ed insaporiamole con sale e pepe. Cuociamo le sardine in una padella antiaderente un paio di minuti per ogni lato. Serviamo le sardine con una spruzzata di limone e con un po’ di salsa di olive.

lunedì, ottobre 01, 2007

Un Meme… di gusto


Sino ad oggi ho evitato con cura di essere contagiata dalla meme-mania, glissando ogni invito… e puntando sullo sfinimento di coloro che tentavano ogni volta di coinvolgermi. Non è che li snobbassi per superbia… semplicemente amo raccontarmi in modo diverso. Voglio che le mie ricette e i miei racconti siano tessere di un mosaico che si compone piano piano, rivelando alla fine ciò che sono. Questa volta, tuttavia, il meme passatomi da Mara un po’ mi ha intrigato. Si trattava di parlare di 8 cose di sé riguardanti il gusto... e così ho intrapreso questo viaggio nel cibo, nel gusto, negli odori della mia memoria, con la considerazione che, come diceva Brillat-Savarin, “il gusto è un atto del nostro giudizio, con il quale noi diamo la preferenza alle cose che sono piacevoli al gusto su quelle che possiedono questa qualità”.
  1. La pasta fresca... o meglio prepararla. Non arrivavo ancora all’altezza del tavolino, quando ho iniziato ad impastare acqua e farina. Il mio primo ricordo olfattivo è proprio quello della pasta all’uovo, che ogni fine settimana mia nonna Maria preparava. Per me era il momento più felice della giornata; salivo su una sedia e la osservavo con attenzione, seguendo i movimenti delle mani e delle braccia. Lei guardandomi compiaciuta mi metteva davanti un mucchietto di farina ed un bicchiere di acqua tiepida, mi diceva come fare e controllava infine se l’impasto fosse della durezza giusta; l’unica cosa che non mi era concessa era tagliare la pasta. Una Domenica, avrò avuto 6 o 7 anni, mio nonno mi regalò una piccola spianatoia, che aveva fatto fare appositamente per me... non me ne sono mai separata, ce l’ho ancora.

  2. Il caffé. Lo bevo ovunque, sempre e comunque. Da piccola avevo una moka da una tazza, con cui mia mamma mi preparava l’orzo, ma io, nonostante non fosse caffé, mi sentivo lo stesso molto cool... e comunque nei momenti di distrazione ne rubavo un sorso di quello vero. Ancora oggi preferisco quello della moka, ma non disdegno gli altri tipi... lo detesto solo sottoforma di gelato.

  3. Il vino. Un vizio che mia ha passato mio nonno Antonio... diceva che “fa sangue” e me ne dava un po’ allungandolo sempre con la “gazzosa”, quella di una volta però, nelle bottigliette di vetro, che oggi non esiste quasi più.

  4. Il parmigiano. Sulla pasta ne metto sempre in quantità esagerate... in particolare sulle fettuccine al sugo di carne. Anche questo è un vizio che mi a passato il nonno... a lui piaceva metterne molto sulla pasta e spingendo me a mangiarne tanto (mi diceva che così mi sarebbe cresciuto il seno), evitava i rimproveri della nonna, che glielo vietava per via della sua pressione alta.

  5. I mezè. Quando sono in Grecia, nella calura delle giornate estive non c’è cosa che ami di più che sedermi in una taverna in riva al mare e mangiare mezè, davanti ad un bicchiere di ouzo ghiacciato, godendomi la brezza profumata di salsedine che viene dal mare. I mezè o mezedes sono degli antipastini caldi o freddi, che variano a seconda del posto e della stagione. Possono essere delle salsine (tzatziki, melinzanosalata, taramà....), dei formaggi (quasi sempre feta), delle insalate, delle verdure, o piccoli pesci marinati, fritti o alla griglia... etc. etc.

  6. La rucola. Hanno tentato di farmela mangiare in tutti i modi... ma proprio non ne sopporto il sapore, che mi da la nausea.

  7. Il polipo alla griglia... per me sinonimo di vacanza. In estate, in tutti i posti di mare della Grecia, mi piace vederlo penzolare dalle cordicelle, in attesa che il sole lo prepari a danzare sulle braci ardenti.

  8. Gli erbaggi selvatici bolliti o crudi. Mi hanno aperto innumerevoli porte sul mondo dei sapori... sapori originali e schietti, che ti mettono in contatto, attraverso un linguaggio primordiale, con la madre terra. In tutte le stagioni faccio sì che accompagnino primi o secondi, o che siano la mia insalata.

Chiudendo, visto che non è giusto pretendere da altri cose che con difficoltà accetto di fare io stessa, non inviterò altri blogger a continuare questo gioco. E se questo dovesse risultare la fine della piramide non mi interessa più di tanto. Anche se, certe volte, non possiamo cominciare qualcosa, è di conforto potervi porre fine. Se però chiunque di voi leggendo questo post si offrisse, volontariamente, di continuare sarò felice di osservarlo e sarà come se l’avessi invitato.