domenica, dicembre 25, 2005

Auguri di Natale


Vi auguro che diventiate di nuovo bambini...
Di credere in Babbo Natale e di convincervi che ad un certo punto, in un determinato modo, che oggi non potete prevedere e domani non potrete spiegare, vi capiterà qualcosa di magico, di irripetibile, mai visto prima. Altrimenti, dove starebbe la magia?
Di credere che non lottate per un altro giorno, per un altro mese o per un altro anno. Il primo che può cominciare a fare dei cambiamenti nella vostra vita non siete altro che voi stessi. Altrimenti, quale sarebbe il senso?
Di credere nei sogni che avevate da piccoli, che ormai avete lasciato scolorire e di realizzarli. Altrimenti, come troverete la felicità?
Di credere che già da oggi sarete più felici giorno dopo giorno.
Altrimenti, ogni Natale collezionerete delle semplici cartoline, mentre avreste dovuto collezionare auguri.
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Buon Natale a tutti!

mercoledì, dicembre 14, 2005

Il 31 dalla "Locanda del francescano"

Tra il tramonto dell'anno che passa e l'alba di quello che arriva Joelle Paoli, nella magica atmosfera della "Locanda del Francescano" a Calvi dell'Umbria, cercherà di vincere il tempo lasciando indietro il ricordo di sapori indimenticabili attraverso il menù che segue...
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Aperitivo e stuzzichini vari dalle ore 20 alle ore 20,45
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Antipasto
Blinis di polenta con frutti di mare
Petali di fois gras su letto di germogli e fiore
Primi
Savarin di riso con ostriche e champagne
Quadrifoglie di ricotta al fior di rose e burro di mandorle
Secondi
Tagine di maiale con frutta secca e chips di patate
Filetto di orata in crosta di sale aromatico e gratin di zucca
Contorni
Melanzane a funghetti con olive e capperi
Peperoni all'agro
Cicoria del mio campo, ripassata
Pinzimonio di verdure fresche
Dessert
Macedonia esotica
Millefoglie alle fragoline di bosco
Panettone, Pandoro, Torrone e frutta secca
Brindisi di mezzanotte
Fontana di cioccolata calda con cialda di biscotti
Flute di Champagne Mumm
a seguire
Salutiamo il nuovo anno con Lenticchie, Cotechino , Zampone e VinoNovello
Bevande
Acqua SI
Caffe Illy
Vino rosso\Bianco -Ratto delle Sabine
Cantina: ( Extra secondo scelta)
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... e poiché questo giorno di festa richiede un'atmosfera luninosa ve lo consiglio dal profondo del cuore.

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Prenotazione obbligatoria -Sig.na Mariella Tel.0744\710129-Cell.3391881164

domenica, dicembre 11, 2005

Dolci natalizi 2

Lo Stollen di Dresda
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L’origine del "Christstollen" è molto antica: sembra sia stato creato dal re di torte e pasticcerie, Augusto Starke, in Sassonia, ma gli storici la fanno risalire al 1400. Venne citato, infatti, per la prima volta nel 1474, come dolce di quaresima nei libri contabili dell'ospedale di San Bartolomeo. A quei tempi era fatto solamente con farina, lievito e acqua, proprio per rispettare il dogma religioso. Senza burro e latte lo "Stol-len" veniva chiamato anche "Striezel", un dolce insapore. Per questo il principe Ernst von Sachsen e suo fratello Albrecht pregarono il Papa di ritirare la proibizione di utilizzare il burro. Il Papa inviò così uno scritto, che è passato alla storia come "Lettera del burro", in cui concedeva il permesso di utilizzare latte e burro per lo "Stollen" in cambio di una penitenza e una benedizione.
Lo Stollen, per la sua forma, doveva rappresentare il Bambin Gesù avvolto nelle sue fasce.
Anche lo "Striezelmarkt", mercatino natalizio che deve il suo nome al dolce della tradizione, fu nominato per la prima volta nelle cronache nel 1474.
Nel 1560 i fornai di Dresda inaugurarono la tradizione di consegnare al loro padrone per Natale uno o due "Stollen" del peso di 18 chili. Esso veniva trasportato al castello da otto maestri e otto artigiani. Questa consuetudine continuò per lungo tempo. Augusto il Forte fece preparare dalla corporazione dei fornai di Dresda uno "Stollen" enorme di 1,8 tonnellate per circa 24.000 ospiti. La festa dello "Stollen" che ha luogo ogni anno a Dresda in dicembre si rifà appunto a questo evento.
Il "Christstollen" nella sua forma attuale è stato prodotto solo nel nostro secolo in seguito al miglioramento del benessere e ha raggiunto il suo elevato standard di qualità grazie all'utilizzo di ingredienti nobili e pregiati. Già prima della seconda guerra mondiale il "Christstollen", chiuso ermeticamente in scatole di latta, veniva spedito in tutto il mondo. Così alcuni di questi pacchetti con il prezioso dolce natalizio rappresentano il lieto augurio per amici e parenti in tutto il mondo e portano un ricordo di Dresda e della patria sassone lontana.
Anche se esiste una ricetta di base per il "Christstollen" originale, ogni fornaio e ogni pasticcere ha un proprio segreto ereditato dalla tradizione familiare. La grande capacità tecnica, ingredienti scelti provenienti da terre lontane e spezie segrete, tutto questo si mescola qui per diventare una vera e propria opera d'arte pasticcera.
Nel 1900 tutti i produttori artigianali di "Christstollen" interessati si sono riuni-ti nell'associazione "Schutzverband Dresdner Stollen e.V.", che garantisce al consumatore la qualità originale del prodotto attraverso una sorta di certificato, un sigillo ovale con il simbolo della singola ditta e la scritta "Dresdner Stollen Schutzverband e.V.".
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Ingredienti: 500 gr di farina, 175 gr di zucchero a velo, 175 gr di burro, 250 gr di formaggio tipo philadelphia, 2 uova, 50 ml di rhum nero, la scorza grattuggiata di 1 limone, 1 cucchiaino di cardamomo in polvere, 1 cucchiaino di noce moscata, 1 cucchiaino di lievito in polvere, 125 gr di uva sultanina, 250 gr di uva passa zibibbo, 150 gr di mandorle tritate grossolanamente, 100 gr di arancia candita tagliata a cubetti,
Ingredienti per la glassatura: 50gr di burro, 50 gr di zucchero a velo, 50 gr di zucchero.
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Sbattiamo con il mixer, a velocità bassa, il burro, lo zucchero a velo e le uova. Aggiungiamo il formaggio, e quando tutti gli ingredienti saranno ben amalgamati, aggiungiamo le spezie, l'uva passa, le mandorle, l'arancia candita, il rhum e alla fine la farina con il lievito. Ottenuto un impasto morbido, lo lasciamo riposare per mezz'ora circa e lo separiamo in due parti (ognuna di 8 porzioni), dando ad ognuno una forma rotonda dello spessore di 2 cm. Ripieghiamo ognuna delle forme in modo tale che la parte inferiore sporga di 1 cm. In forniamo in forno preriscaldato a 200° per 55-65 minuti. Appena tolto dal forno spennelliamo lo stollen con il burro sciolto, e cospargiamo con lo zucchero cristallino. Quando si sarà raffreddato, lo cospargiamo di zucchero a velo.
Un consiglio, tramandato di generazione in generazione, è quello di preparare lo Stollen qualche tempo prima di Natale, in quanto più tempo resta, più saporito diventa.

venerdì, dicembre 09, 2005

Dolci natalizi 1

In occasione delle prossime festività posterò ricette di dolci natalizi di tutto il mondo...
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Vassilopita (torta di San Basilio)
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La storia della Vassilopita
San Basilio rappresenta per gli ortodossi, quello che San Nicola è per i cattolici, con la differenza che "arriva" il primo dell'anno, giorno in cui si festeggia il santo. I bambini greci, quindi, ricevono i doni a Capodanno da Agios Vassilis.
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La storia della Vassilopita ha inizio circa 1500 anni fa nella città di Cesarea, in Cappadocia, ove Vassilios il grande era il despotas (vescovo). Un giorno si presentò il capo dei banditi che saccheggiavano la regione, e chiese che gli venissero dati tutti gli oggetti preziosi della città, altrimenti l'avrebbe conquistata, saccheggiandola e distruggendola.
Vassilios il Grande, conoscendo la povertà dei suoi concittadini e l'ingordigia dei banditi, pregò Dio di salvare la città. La mattina seguente il capo dei banditi tornò per riscuotere quanto aveva chiesto, ma Vassilios gli rispose che i suoi concittadini, oltre la fame e la povertà, non potevano offrirgli nient'altro. Sentendo queste parole, il bandito si adirò così tanto che cominciò a minacciare Vassilios davanti tutti i cittadini.
I cristiani di Cesarea amavano così tanto il loro despota, che vollero aiutarlo raccogliendo tutti i beni che possedevano per consegnarglieli. Vassilios non smise mai di pregare Dio, chiedendo sempre di salvare la sua città. Quando il capo dei banditi ritornò a ritirare la cassa con i preziosi, non appena allungò la mano per aprirla avvenne il primo miracolo! Tutta la gente che assisteva all'evento vide una luce intensissima e subito dopo uno splendente cavaliere che con il suo esercito galoppava contro i banditi, che i pochi istanti scomparvero. Il cavaliere non era altro che San Mercurio con i suoi soldati, gli angeli.
La città, in questo modo, si salvò, ma per Vassilios comparve un nuovo problema: come restituire a ciascuno i beni che aveva dato, in modo tale che nessuno potesse lamentarsi. Pregando, Dio lo illuminò. Chiamò i suoi diaconi, con i loro assistenti, e gli ordinò di impastare del pane e mettere dentro ogni pagnotta dei preziosi.
Quando i pani furono pronti, vennero distribuiti come benedizione ai cittadini di Cesarea. All'inizio tutti rimasero perplessi, ma la loro sorpresa fu ancora più grande quando, ogni famiglia, tagliando la propria pagnotta, trovava esattamente ciò che aveva offerto. E questo fu il secondo miracolo.
La Vassilopita non è quindi un semplice pane, ma è una benedizione che dona alle persone salute, felicità e prosperità, e si prepara per il primo dell'anno, giorno in cui si festeggia San Vassilios.
Nella Vassilopita contemporanea si mette una moneta, chiamata flourì, e per chi la trova sarà un anno fortunato!
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Una cosa analoga è la Pithiviers (la torta del re), che si prepara per il Capodanno in Francia. Una volta, a casa di amici francesi me ne offrirono un pezzo in cui trovai, invece della moneta, una piccola statuetta della Madonna. Subito mi misero in testa la corona del re, dicendomi che per l'anno seguente avrei dovuto offire io la "Torta del re" insieme alla corona!
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Ricette di Vassilopita ce ne sono moltissime. Quella che vi propongo fa parte della tradizione di Costantinopoli, offerta da Stelios Parliaros.
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Ingredienti: 1 Kg di farina, 5 uova, 250 gr di zucchero, 200 gr di burro, 100 ml di latte, 100 ml di acqua tiepida, 80 gr di lievito di birra, 5 gr di masticha, 5 gr di mahlepi, 1 uovo per spennelare ed un po' di semi di sesamo.
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In una casseruola versiamo il burro, lo zucchero, il latte, la masticha ed il mahlepi. Facendo attenzione a non farli attaccare, non superando i 50°. Togliamo dal fuoco e versiamo le uova, mescolando bene. In un altro recipiente sciogliamo il lievito con l'acqua e li versiamo nella casseruaola. Alla fine aggiungiamo la farina ed impastiamo bene finché l'impasto non si attacca più alle mani. Formiano una palla, e sulla superficie incidiamo una croce, la copriamo con un asciugamano e la lasciamo in un luogo caldo per almeno tre ore, finchè non si raddoppia di volume e scompare la croce. La rimpastiamo leggermente con le mani e separiamo l'impasto in base alla grandezza che vogliamo dare alla Vassilopita. Foderiamo con carta forno la placca, vi poniamo sopra la parte dell'impasto che abbiamo fatto, dandogli una forma rotonda, dello spessore di 4-5 cm. In ogni pezzo mettiamo dentro una moneta e lasciamo al caldo per almeno un'ora, finché non raddoppia di volume. Sbattiamo un uovo con pochissima acqua e con molta attenzione spennelliamo la superficie. Cospargiamo di sesamo e cuociamo in forno preriscaldato a 180°, per un'ora circa, finché la nostra Vassilopita non si stacca dalla carta forno.

venerdì, dicembre 02, 2005

Baklava... dolce degli dei.

Il baklava è un dessert molto popolare in quasi tutte le cucine arabe e mediterranee: ci sono versioni greche, albanesi, bulgare, arabe appunto , israeliane , persiane, armene, bosniache e turche. Le sue origini sono difficili da stabilire con certezza proprio perché molte etnie medio orientali ne rivendicano l’invenzione. Tuttavia, sembra ormai certo che gli Assiri, intorno all'VIII secolo a.C., siano stati il primo popolo nel Mediterraneo orientale a mettere un miscuglio di noci tritate e miele entro sottili strati di una pasta di pane e a cuocerlo in forno, creando così il predecessore del baklava.
Furono poi i marinai e mercanti greci, nei loro viaggi ad oriente, a scoprire questo straordinario dolce ed a portarlo ad Atene. Nel recepire la ricetta i greci la svilupparono, creando una tecnica che permise di stendere la pasta in sfoglie sottilissime, e quindi avvolgere le noci in numerosi strati. Infatti, questo tipo di sfoglia fu detta phyllo, che in greco significa appunto foglia. A partire dal III secolo a.C., il baklava era preparato in ogni occasione speciale in tutte le case che potessero permetterselo.
La sua diffusione in tutta l’area del mediterraneo ha prodotto una quantità infinita di varianti: gli armeni aggiunsero per la prima volta la cannella e i chiodi di garofano; gli arabi il cardamomo e l'acqua di rose. Il nome deriva direttamente dalla parola baklavi, che in arabo significa noci, il suo ingrediente principale.
Quando, nel XV secolo l’Impero Ottomano conquistò Bisanzio, le cucine del Palazzo del sultano di Costantinopoli divennero il centro più importante della cucina orientale, in quanto vi lavoravano i migliori cuochi e pasticcieri di etnie diverse. Questo determinò la trasformazione di molti piatti, che divennero più sofisticati e raffinati. Il baklava fu proprio uno di questi.
La tradizionale forma a triangolo o rombo si deve al “tocco francese”: quando, infatti, nel XVIII secolo l’impero ottomano si aprì all’occidente, il capo dei cuochi del Palazzo non si lasciò scappare l’occasione di assumere Monsieur Guillaume, pasticciere di Maria Antonietta, in esilio, che dopo aver ipsrato a fare il baklava ne modificò l’estetica, con un taglio di forma quadrata, che fu detto "frenk baklavasi".
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Ingredienti: 1 rotolo di pasta phyllo, 2 tazze e mezzo di noci tritate, 1 tazza di pistacchi, 200 gr di burro fuso, 2 cucchiai di miele, 2 cucchiai di zucchero, 1 cucchiaio di cannella in polvere.
Per lo sciroppo occorrono 1 tazza di acqua, 2 tazze di zucchero, qualche chiodo di garofano ed una stecca di cannella.
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In una ciotola mescolate insieme le noci, i pistacchi, lo zucchero, il miele e la cannella. In una pirofila rettangolare, ben imburrata e dai bordi alti, adagiate 5 fogli di pasta phyllo, spennellando di volta in volta, ognuno con del burro fuso. Versateci sopra il trito di noci e pistacchi. Ricoprite con altri 5 fogli, anch'essi spennellati ognuno con il burro, compresa la superficie dell'ultimo. Con un coltello unto, incidete la pasta in modo da formare dei rombi (o se preferite dei quadrati). Infornate a 180° per circa 40-50 minuti. Preparate lo sciroppo versando tutti gli ingredienti in un pentolino e facendo bollire per circa venti minuti. Versate lo sciroppo sul baklava freddo e lasciate ancora raffreddare.
Potete accompagnare questo dolce con un bicchiere di Moscato di Samos... dolce e fruttato.

venerdì, novembre 25, 2005

Tajine di pollo alle mele cotogne

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Le mele di Afrodite.
Sono passati 4.000 anni da quando le mele cotogne sono arrivate in Grecia dal Caucaso, attraverso l’Anatolia, per diventare subito uno dei frutti più amati.
Nell’antichità non si faceva distinzione tra mele e cotogne. Queste ultime erano i “pomi d’oro” della città di Kidonia (attuale Chania) nell'isola di Creta, da cui prende il nome in greco di kidonia. Quindi possiamo dedurre che i pomi d’oro delle Esperidi della fatica di Ercole, non erano altro che le cotogne. D’oro era anche la mela che Paride ha donato ad Afrodite e per questo la dea dell’amore e della bellezza viene rappresentata tenendo in mano questo frutto, che simbolizza la fedeltà nell’amore. Solone, infatti, aveva incluso questo frutto nelle sue leggi per la cerimonia nuziale, come simbolo di fedeltà.
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Tutte queste narrazioni oltre al fascino che le circonda dimostrano le relazioni profonde della tradizione culinaria greca con questo frutto. Uno dei piatti prediletti dell’Atene classica erano le mele cotogne ripiene al miele, cotte in forno con una crosta di pasta. Le caratteristiche più importanti di questo frutto sono il suo aroma molto fragrante (ed è per questo che nell’antica Roma lo si metteva nelle stanze o nella biancheria per profumarle) e la sua alta concentrazione in pictina (grazie alla quale è praticamente impossibile che la marmellata non si rapprenda).

Non si deve dimenticare, inoltre, che il nome marmellata deriva dalla parola “marmelo”, che in portoghese indica la mela cotogna. Del resto il modo più classico in cui vengono cucinate le cotogne è proprio la marmellata.
Oltre che in pasticceria questo frutto è un eccezionale ingrediente utilizzato in cucina per moltissime altre ricette, una di quelle più note in Grecia è con la carne di cinghiale, poi c’è quella con i porri e quella libanese in cui le cotogne sono ripiene di carne macinata.
Per la ricetta di oggi ho scelto di utilizzare il tajine. Tajine è un termine in uso in Marocco, Tunisia e Algeria per indicare lo stufato in genere, derivato dalla pentola usata per cuocerlo. Tajine indica, infatti, un recipiente marocchino in terracotta con un coperchio conico che si usa per cuocere lentamente stufati di carne. La struttura conica del coperchio impedisce l'evaporazione rendendo lo stufato morbidissimo e succosissimo.
La ricetta è semplice e sfugge dalle solite modalità di cottura. E’ un piatto che unisce culture diverse, la Nord Africana e la Greca, proposto in un corso di cucina che ho seguito a Salonicco.
Immagino che la maggior parte di noi non dispone di questo strumento di cucina, ma si può tranquillamente usare una pentola di coccio o un pirex. Comunque, vale la pena acquistare il tajne per cucinare al forno, specialmente se vi piacciono i sapori delicati.
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Ingredienti: 1 pollo bollito e tagliato in otto pezzi, 3 cipolle di media grandezza, 6 cucchiai di burro, 2 grosse mele cotogne (abbastanza mature), 200 ml di brodo di pollo, 1 presa di paprica dolce, 1 presa di polvere di zenzero, sale, pepe e 2 ciuffi di prezzemolo (alla ricetta base ho aggiunto datteri ed albicocche secche).

Mettete i pezzi di pollo in una casseruola con 3 cucchiai di burro e fateli rosolare bene, aggiungete la cipolla tagliata finemente, la paprica, lo zenzero il prezzemolo, il sale e il pepe e mescolate. Dopo qualche minuto aggiungiete il brodo e lasciate bollire a fuoco medio per mezz’ora circa.
Nel frattempo pulite le cotogne e tagliatele in otto pezzi. Saltatele con il resto del burro a fuoco alto, finché non prendano un colore dorato. Versate pollo e cotogne nel tajne e mettete in forno preriscaldato per circa mezz’ora a 220°. Il piatto va servito caldo.

venerdì, novembre 18, 2005

MOUSSAKAS... piatto dell'Egeo

Archestratos, che nel 330 a.C. scrisse il primo libro di cucina della storia, diceva che “la cucina è esempio di civiltà”...e nessun piatto meglio del moussakas conferma questa frase! La cucina dell’Egeo, infatti, è un vero caleidoscopio di ricette e tradizioni con tante sfaccettature, quante le civiltà che vi hanno vissuto.
L’influenza della cucina turca su quella greca ha la sua massima espressione in questo piatto.
Le ricette di cucina non sono dei manoscritti divini. Sono solo delle note su un pentagramma, che in nessun modo possono dare una spiegazione del modo con cui John Coltrane ha suonato la canzone "My favourite thinghs" o Jimi Hendrix e Roy Buchanan hanno suonato "Hey Joe". Anche se costoro avessero avuto tra le mani le stesse partiture, infatti, le avrebbero interpretate ognuno in maniera differente! Per questa stessa ragione non esiste un solo moussakas, ma ne esistono tanti quanti sono i cuochi... forse anche di più visto che ognuno non la “interpreta” una sola volta. Solo io ne ho contate una trentina! Quello turco, quello siriano, libanese, greco... che a sua volta conta tante varianti quante sono le sue regioni: quello del Ponto con il riso, quello dell’Epiro con i porri, quello del Pelopponeso con i maccheroni ed una glassatura a base di yogurt e rosso d’uovo, quello di Smirne fatto con tre tipi di carne macinata diversa ed una glassatura di purè, formaggio e burro di pecora e quello del Dodecaneso con i carciofi....
La parola moussakas deriva dal persiano “maguma”, che è un piatto a strati di melanzane, cipolle e carne di agnello tagliata a fettine sottili. In arabo moussaka vuol dire “piatto freddo”, mentre in Libano “pasto a strati”, in quanto così è chiamato un piatto fatto a strati con melanzane, salsa di pomodoro ed uva passa.
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Musakka... ovvero il moussakas turco.
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I turchi preparano il piatto con melanzane e carne macinata, lo chiamano nello stesso modo anche quando utilizzano le zucchine. La ricetta che segue è originaria di Smirne e cambia un pochino in quanto contiene anche ceci. A Smirne c’è l’abitudine di mangiarlo un po’ umido, ma è molto più saporito quando la cottura è tale che resta solo l’olio.
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Ingredienti: 1 Kg di melanzane, 300 gr di carne macinata di agnello o vitello, 1 cipolla media tagliata finemente, 3 cucchiai di burro o di olio di semi, 1 ciuffo di prezzemolo finemente tritato, 1 tazza e mezzo di ceci bolliti, 2 grossi pomodori a pezzetti, 1 cucchiaio di cumino, 1 cucchiaino di cannella, 1 cucchiaio di pimento* (oppure pepe e 1 o 2 chiodi di garofano).
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Sbucciamo le melanzane e le tagliamo longitudinalmente e le mettiamo in acqua fredda salata. In una padella facciamo appassire la cipolla e poi aggiungiamo la carne macinata e facciamo soffriggere finché sarà evaporata l’acqua. Aggiungiamo il pomodoro, i ceci, il prezzemolo e le spezie. In un altra padella friggiamo in olio extravergine di oliva le melanzane e le lasciamo scolare su carta assorbente. In una pentola mettiamo le melanzane in un unico strato, vi versiamo sopra la carne macinata e lasciamo cuocere per 10-15 minuti, finché tutto il sughetto non si sarà ritirato e le melanzane ammorbidite. Si serve tiepido.
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*Il pimento, è il frutto di un albero sempreverde originario delle Indie Occidentali, che si presenta sotto forma di bacche, leggermente più grosse di quelle del pepe, che vengono macinate quando non hanno raggiunto ancora la piena maturazione; il gusto e l'odore del pimento ricordano molto quello dei chiodi di garofano e per questo è noto anche come pepe garofanato.
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Il Moussakas greco.
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Nel suo viaggio dall’Oriente all’Occidente il piatto ha perso alcuni dei suoi ingredienti e si è arricchito di altri. Ha perso, ad esempio, i ceci e si è arricchito delle patate (questo tubero del “Nuovo Mondo” non è riuscito a penetrare in modo assoluto nella cucina mediorientale) e della besciamella, che è stata aggiunta da un cuoco di un sultano, cresciuto in Francia. La carne macinata, inoltre, non è di agnello ma di vitello. Nella ricetta che propongo, tuttavia, mancano le patate, che sono dominanti nel moussakas proposto nelle località turistiche, per il fatto “che dona volume e fa risparmiare”.
Il moussakas originale prevede l'uso della besciamella; oltre a darvi la ricetta di quella classica, ve ne do anche una versione light, fatta con yogurt.
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Ingredienti base: 1 Kg di melanzane, 1/ bicchiere di olio extravergine di oliva, 200 gr di cipolle, 600 gr di polpa di pomodoro, 800 gr di carne macinata di vitello, 1 bicchiere di vino bianco, 1 cucchiaio di zucchero, 1/2 cucchiaino di cannella, 1/2 cucchiaino di pepe nero, un pizzico di noce moscata, 1 cucchiaio di origano, 1 ciuffo di prezzemolo, 1 uovo, 100 gr di graviéra grattugiata, sale.
Ingredienti per la besciamella classica: 1 l di latte, 80 gr di burro, 80 gr di farina, 1 pizzico di noce moscata, sale.
Ingredienti per la besciamella light: 1/2 Kg di yogurt, 3 uova battute, 1 cucchiaino di farina, sale, pepe e noce mascata.
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Tagliate le melanzane a fette, lasciatele in acqua salata per mezz'ora circa, scolatele ed asciugatele bene. In una padella antiaderente scaldate 3 o 4 cucchiai di olio e friggete le melanzane, facendole dorare da entrambe i lati; fatele sgocciolare su carta assorbente. Sbucciate e tritate finemente le cipolle, fatela soffriggere leggermente con l'olio in una pentola profonda. Unite la carne e cuocete per 10-15 minuti; quindi aggiungete il vino bianco; quando sarà quasi del tutto evaporato aggiungete il pomodoro, lo zucchero, le spezie ed il sale e fate cuocere finché il sugo si sarà ritirato e lasciate raffreddare.
Preparate la besciamella: fate sciogliere il burro in una pentola, unitevi la farina; fate cuocere per qualche minuto e lasciate intiepidire. Fate bollire il latte a parte e poi versatelo piano piano nel roux che avevate preparato, girando con una frusta. Rimettete il tutto sul fuoco e continuando a mescolare unitevi il sale e la noce moscata; lasciate cuocere ancora per qualche minuto, spegnete e lasciate raffreddare mescolando di tanto in tanto, per evitare che si formi la crosta.
La versione light si prepara semplicemente mescolando insieme lo yogurt con le uova, la farina, il sale, il pepe e la noce moscata.
Unite alla carne, che si è freddata, il formaggio grattugiato e l'uovo. Ungete una teglia rettangolare, con i bordi alti e cospargetela di pangrattatto, fate uno strato di melanzane, uno strato di carne, ancora uno strato di melanzane e carne; versatevi sopra la besciamella (classica o light) ed infornate in forno preriscaldato a 180° per circa un'ora.
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Il vino ideale è un rosso forte con un certo grado di freschezza e tanninicità, come il Rapsani prodotto sulle colline ai piedi del monte Olimpo o un Dolcetto d’Alba, perfetti per contrastare l’untuosità e la grassezza di questo piatto indubbiamente molto saporito.
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martedì, novembre 15, 2005

Tzatziki..... e variazioni sul tema!

“Aρχή και ρίζα παντός αγαθού η της γάστρος ηδονή”
L'inizio e la radice di ogni bene è la voluttà dello stomaco
Epicuro
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Orektika (Appetizers)
La cucina greca è così ricca in sapori e scelte che si corre il pericolo di iniziare e finire un pasto solo con gli antipasti. Il pasto tradizionale in una taverna greca è composto quasi sempre da antipasti, che accompagnano i piatti principali o sono accompagnati da ouzo. In quest’ultimo caso gli antipasti prendono il nome di mezèdes, che è una parola turca.
Gli antipasti possono essere freddi o caldi. Quelli caldi, nella maggior parte delle taverne, sono fritti o grigliati e di solito serviti in piatti piccoli. Tipici antipasti caldi sono, ad esempio, le zucchine, i peperoni e le melanzane fritti, oppure diversi tipi di piccoli pesci azzurri, anch'essi fritti o grigliati. Quelli freddi sono, ad esempio, la melinzanosalada (insalata di melanzane), la taramosalada (insalata di uova di pesce), la skordalià (insalata di patate ed aglio), la tirosalada (insalata di formaggio) ed il più famoso in assoluto, lo tzatziki. Tutte sono salsine cremose, spalmabili sul pane e per questo chiamate anche αλοιφές (pomate).
L’origine dello tzatziki si perde nei secoli nelle lontane terre d’oriente. E’ molto difficile storicamente risalire con precisione ai suoi inventori. Si sa però che in estate c’era l’abitudine, nei popoli di quelle zone, di rinfrescarsi mescolando, in un vaso, yogurt con acqua, pezzi di aglio e pane.
La sua versatilità fa sì che possa essere servito come antipasto o come insalata per il piatto principale o semplicemente come snack, spalmato su una fetta di pane.
Nonostante la maggior parte della gente conosca un solo tipo di tzatziki (Tzatziki smirneico), che è quello più tipico, ne esistono molte varietà.
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Tzatziki smirneico
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Ingredienti: ½ Kg di yogurt stranghistò, che si ottiene versando lo yogurt in un panno di cotone e lasciandolo scolare per circa mezz’ora (vale la pena eseguire questo procedimento in quanto lo yogurt così ottenuto è più saporito e denso), 2 piccoli cetrioli, da 2 a 5 spicchi di aglio (a seconda dei gusti), 2 cucchiai di olio extra vergine di oliva, 2 cucchiai di aceto bianco, 1 rametto di aneto fresco.
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Si priva della buccia uno dei due cetrioli e si tagliano entrambe a pezzettini e si strizzano, per evitare che il nostro tzatziki risulti liquido. Si sminuzzano gli spicchi di aglio e si mescolano, insieme ai cetrioli, in una ciotola contenente lo yogurt. Si aggiunge l’olio, il sale, l’aceto e, se si vuole, 4 o 5 gocce di succo di limone. Si lascia riposare in frigorifero per qualche ora, in modo che si insaporisca. Va servito in piccoli piatti e guarnito con un’oliva al centro, dell’olio extravergine ed un rametto di aneto.
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Tatziki filoridi o ampelakiotiko (ovvero... con carote)
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Durante la preparazione del nostro tzatziki classico, aggiungiamo delle carote tagliate a piccole julianne. E’ perfetto! In questo caso potete utilizzare al posto dei cetrioli il torsolo della lattuga.
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Tzatziki invernale
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Ingredienti: ½ Kg di yogurt stranghistò, una carota, da 2 a 5 spicchi di aglio, 1 cucchiaio di mostarda piccante, 2 cucchiai di olio extravergine di oliva, una presa di sale.

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Tagliamo le carote a piccole julianne. Schiacciamo o sminuzziamo l’aglio. Aggiungiamo tutto nella ciotola con lo yogurt. Mescoliamo e aggiungiamo la mostarda, l’olio ed il sale. Lasciamo riposare per qualche ora in frigorifero.
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Lo taztziki è un ottimo accompagnatore per le costolette di agnello alla griglia e per il pesce al forno o alla griglia!
E' perfetto con ouzo o con la retsina (il vino bianco dell'Attica al sapore forte di resina), ma anche con un vino bianco secco, leggero come il Cotes de Meliton.
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giovedì, novembre 10, 2005

Pudding di petto di pollo

Πολίτικη Κουζίνα…. ovvero “Un tocco di zenzero”
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Oggi vorrei proporre un dolce della “Πολίτικη Κουζίνα”, che non è la “cucina politica” erroneamente tradotta da alcuni, ma la cucina della Πόλιν, cioè Costantinopoli (Istanbul), anzi per la precisione dei greci di Istanbul! Per i greci, infatti, la città per eccellenza, in quanto sede centrale dell’ortodossia e cuore di tutti i cristiani ortodossi, era Costantinopoli (Κωνσταντινούπολη), che loro chiamavano Πόλιν, esattamente come per i romani Roma era l’Urbe (la Città con la lettera maiuscola in quanto città per antonomasia).
Costantinopoli è dopo Roma la città storica più conosciuta. L’attuale città è fondata su quella più antica di Bisanzio, che prende nome dal suo fondatore Bizante di Megera (667 a.C.).
La parola greca Βυζ-άντιον etimologicamente deriva dal verbo βύω che significa colmo, usato in questo caso per l’abbondante produzione di grano, dovuta alla vicinanza con il Mar Nero. Fin dall’antichità la sua locazione ha fatto sì che diventasse un crocevia di civiltà e commercio.

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Costantinopoli è stata fondata da Costantino il Grande (da cui il nome Κωνσταντινούπολη, ossia città di Costantino) nel 324 d.C., diventata subito la nuova capitale dell’impero romano, con il nome di Nuova Roma. La città sorgeva, infatti, proprio come Roma su sette colli!
E’ stata la capitale di tre imperi consecutivi: Romano, Bizantino e Ottomano. L’incontro di queste tre civiltà ha dato vita al coacervo che è oggi l’attuale città di Istanbul.
Oggigiorno, infatti, è conosciuta nel mondo con questo nome, che deriva dalla trasformazione fonetica della frase greca "Εις την Πόλιν" (is-tin-poli) è Is-tun-bul, che significa “verso la città”. Quando l’armata ottomana marciava verso Costantinopoli, gridava appunto la frase Εις την Πόλιν!


La ricetta di oggi è una rivisitazione, in occasione del film Πολίτικη Κουζίνα, del dolce Tavuk Gogsu dell’amico Stelios Parliaros, il più importante chef pasticciere della Grecia, nato proprio a Costantinopoli.


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Pudding di petto di pollo

E’ un dolce a base di latte, famoso nella sua patria perché contiene petto di pollo. Ovviamente l’elaborazione del petto e la presenza della crema hanno come risultato un dolce vero e proprio! Cercando le sue radici arriviamo agli scritti di Apicio, per il quale era un dolce delle popolazioni medio orientali. Caramellando una delle due parti del Tavuk Gogsu, si ottiene un altro dolce chiamato Kazandibi, che si trova facilmente oltre che in Turchia, in tutta la Grecia del Nord!


Ingredienti: 1,4 litri di latte – 300 gr di zucchero – 100 gr di farina di patate – 180 gr di farina di riso – 1 presa di sale – 1 petto di pollo freschissimo – cannella.

Facciamo bollire il petto molto bene, finché non diviene morbido. Poi lo tagliamo in sottili listelli e li schiacciamo con il palmo della mano fino a renderli ancora più sottili. Li laviamo più volte. In una pentola versiamo il latte, lo zucchero ed il sale e portiamo ad ebollizione. In una ciotola mettiamo la farina di riso e quella di patate e ci aggiungiamo un mestolo del latte che sta bollendo, mescolando finché non ci siano grumi e poi riversiamo tutto nella pentola del latte. Mescoliamo continuamente fino a quando il composto non risulti omogeneo. Abbassiamo il fuoco e prendiamo 4 o 5 cucchiaiate di crema e li mettiamo sulle striscioline di pollo, mescoliamo e riversiamo nella pentola, continuiamo a mescolare a fuoco basso, finché la crema diventi molto elastica. Alla fine mettiamo il composto in una teglia rettangolare, spandendola fino ad uno spessore di 2-3 cm. La lasciamo raffreddare molto bene. La tagliamo in quadrati di 10 cm e con l’aiuto di una spatola li arrotoliamo. Cospargiamo di cannella e serviamo!

Se passate da Atene non dimenticate di fare un salto in una delle pasticcerie Fresh di Stelios Parliaros: 162 Kifisias Av., Psyhico (tel. 210- 6753802), 359 Kifisias Av, Erithrea, (tel. 210-8000072, 210-8085985), K.Varnali St., Halandri, (tel. 210-6896240), 12 Kriezotou St., Kolonaki (tel. 210-3625003).

venerdì, novembre 04, 2005

Zanzarelli....

...ovvero una versione medievale della moderna stracciatella!
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Per molto tempo è stata opinione comune che la cucina medievale fosse rozza e monotona, ma non era così! Era, al contrario, una cucina alla continua ricerca di sapori, colori e abbinamenti decisamente raffinati. Era soggetta ad alcune costrizioni religiose, scandite dal calendario liturgico, che imponeva l'alternanza di menù grassi a quelli magri. Durante la Quaresima si imponeva l'astensione dalla carne come pure durante i giorni di vigilia, facendo nascere una cucina fondata su prodotti magri ed altri sostitutivi, come il latte di mandorla utilizzato al posto di quello naturale.
Altra caratteristica di questa cucina è l'abbondante uso di spezie, dovuto all'influenza della cucina araba ed orientale. Quelle più utilizzate erano zafferano, zenzero, cannella, cumino, pepe e chiodi di garofano, che non erano però prodotti alla portata di tutti, e per tale motivo il loro utilizzo era segno di agiatezza e quindi di distinzione sociale (a tutt'oggi l'uso di espressioni come "pepato" o "salato", per riferirsi a prezzi molto alti, sono espressioni che trovano la loro origine proprio in questo fatto). L'alternanza delle pietanze non era regolata come nella nostra moderna concezione di pasto (primo, secondo, contorno, dolce), ma sulle tavole potevano trovarsi tranquillamente dei piatti dolci alternati a quelli salati (sulle tavole dei poveri erano spesso presenti piatti unici). La gastronomia antica apprezzava molto il gusto agrodolce, ottenuto dall'accostamento di alimenti zuccherini all'aceto o all'agresto (succo acido dell'uva acerba ), fino all'uso di succhi di agrumi e di melograno.
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Questa ricetta è tratta dal ricettario di Mastro Martino, uno dei cuochi più famosi del XV secolo, "de Arte Coquinaria", uno dei capisaldi della letteratura gastronomica europea, che illustra il passaggio dalla cucina dell’alto Medioevo a quella rinascimentale.
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"Per farne dece menestre: togli octo ova et meza libra de caso grattugiato, et pane grattato, et mescola ogni cosa inseme. Dapoi togli una pignatta con brodo di carne giallo di zafrano et ponila al focho; et como comincia a bollire getta dentro quella materia, et dagli una volta con cocchiaro. Et como te pare che sia presa toglila dal focho, et fa le menestre, et mittivi de le spetie di sopra." ( Per fare dieci piatti: prendi otto uova, mezza libbra di formaggio grattugiato e del pangrattato, e mescola insieme ogni cosa. Prendi poi una pentola di brodo di carne fatto diventare giallo con lo zafferano e mettila sul fuoco; e non appena comincia a bollire, gettavi dentro il composto e rimesta una volta col cucchiaio. E quando ti sembra rappreso, toglilo dal fuoco, fai le porzioni e spolvera con le spezie. )
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Ingredienti: 2 litri di brodo di pollo, 8 uova, 200 g parmigiano, 80 g di pangrattato, alcuni pistilli di zafferano, e per ogni piatto di minetra 1/2 cucchiaino di noce moscata e cardamomo, 1/8 di cucchiaino di pepe nero e cannella (si intende spezie in polvere).
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Mettete lo zafferano in infusione nel brodo caldo per almeno 10 minuti. Riportare il brodo a bollore. Nel frattempo mescolate il parmigiano e il pangrattato alle uova sbattute fino a ottenere un impasto omogeneo. Versate l'impasto nel brodo e mescolate energicamente ed aspettare che ricominci a bollire, lasciando poi cuocere finche la parte solida e la liquida non si separino. Si servono le spezie a parte, che ognuno può spolverare a piacere sul proprio piatto.
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Per questa antica minestra niente di meglio che un vino laziale come il Villa Tulino Rosso!

mercoledì, novembre 02, 2005

Gigantes sto fourno (fagioli giganti al forno)

Oggi vorrei proporre un'altro piatto, non italiano ma della cucina greca, povero, semplice e ricco di sapore...
Il segreto di questo piatto sta nella qualità eccezionale dei fagioli utilizzati, una varietà di bianchi giganti Dop, dal gusto delicato, che sono prodotti nella zona del parco naturale dei laghi di Prespa .
La cucina greca è un caleidoscopio di ricette e tradizioni, con numerosi aspetti che si rispecchiano nelle diverse zone del Paese. Come è comprensibile, alla formazione della cucina locale hanno un ruolo fondamentale le abitudini locali, come pure la ricchezza naturale di ogni zona, il clima ma anche le incidenze assimilate da altri popoli e tradizioni. La cucina ellenica è stata influenzata direttamente da quella turca, ma anche da quella veneziana, in particolare nelle isole dello Ionio.
Se la leggenda ha un fondamento di verità, la Grecia ha donato al mondo occidentale ed ai suoi cuochi la loro insegna distintiva: durante il Medioevo, i cuochi dei monasteri greci indossavano alti cappeli bianchi per distinguersi dai monaci, che li portavano neri. Da qui il famoso cappello da chef...
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Ingredienti: 600 gr di fagioli giganti bianchi secchi, 2 cipolle medie, 4 carote, 1 gambo di sedano, 1 bicchiere di salsa di pomodoro, 1 cucchiaio di origano, 2 cucchiai di paprica dolce, 1 pizzico di peperoncino tritato, 3-4 foglie di alloro, sale, 1/2 bicchiere di olio extravergine di oliva.
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Lasciare i fagioli in ammollo per almeno 12-13 ore ( in acqua tiepida perché hanno bucce dure). In una pentola di coccio fate soffriggere l'olio e la cipolla tagliata a fettine sottili, quindi aggiungete la carota tagliata a rondelle di 2 cm ed il sedano a fettine, lasciate appassire ed aggiungete la salsa di pomodoro. Lasciate cuocere per qualche minuto e versate i fagioli e l'acqua necessaria a ricoprirli abbondantemente. Portate ad ebollizione ed unitevi tutte le spezie. Lasciate cuocere a fuoco molto basso per almeno 2 ore e mezzo, aggiungendo dell'acqua calda mano mano che questa evapora (i fagioli devono essere sempre ricoperti di salsa).
Versate poi il tutto in una teglia e mettete in forno preriscaldato a 200° e lasciate stufare finché non si sarà formata in superficie una bella crosticina.
Questo può essere considerato un piatto unico, che potete servire insieme a della feta condita con origano ed olio extravergine.
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Accompagnate il tutto con un bicchiere di Merlot o Syrah!

martedì, novembre 01, 2005

Castagnaccio della "bottega de zio"

L’uso della parola “castagnaccio” sembra risalga al 1449 (l'etimologia della parola è semplice: deriva dall'aggettivo castaniaceus del latino medievale), ma le origini del dolce, semplicissimo, povero e nutriente, fatto all’inizio soltanto di farina di castagne e acqua, sono sicuramente assai più lontane nel tempo.
Questo dolce, sembrerebbe tipico della Toscana, ma è diffuso un po’ dappertutto e con molte varianti territoriali, anche nel nome (“migliaccio”, se fatto con farina di marroni, ma anche “pattona”...).
Il castagnaccio è stato accolto e valorizzato dai romani in modo eccellente, probabilmente per via della grossa produzione di castagne nella nostra regione laziale, così che il dolce, romanizzato, è stato ribattezzato con il nome al femminile "castagnaccia".
A Roma, nel quartiere Testaccio, esisteva l'indimenticabile "bottega de zio", dove si vendeva solo "castagnaccia" al taglio. Quando era l'ora della "sfornata" nessuno si tratteneva e si faceva la fila per quattro soldi di torta alla farina di castagne, umile, semplice, ma tanto buona. Ma a Testaccio c'era anche un'altro "gnaccino" famoso, Napoleone, che con il suo carrettino stracarico di leccornie di ogni genere e dell'immancabile teglia di cstagnaccia, aspettava i ragazzi davanti alle scuole e gli offriva una "fetta de gnaccia calla calla".
Mi piace rammentare, inoltre, che la superstizione attribuiva al rosmarino un significato amoroso. Si credeva che se un giovane avesse mangiato “la gnaccia” col rosmarino offertagli da una ragazza, se ne sarebbe innamorato e l’avrebbe chiesta in sposa...
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Ingredienti: g 30 di uvetta (fatta rinvenire in acqua tiepida), g 30 di pinoli, g 300 di farina dolce di castagne, 1 pizzico di sale, 1 manciata di foglie di rosmarino, acqua q.b.
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In una terrina miscelare la farina di castagne con il sale e lo zucchero. Impastate con l'acqua necessaria ad ottenere un impasto né denso né liquido. Aggiungete i pinoli, l'uvetta ben strizzata e le foglie di rosmarino, ed impastateli al composto. Ungere con olio di oliva una teglia larga e bassa e versate l'impasto con uno spessore di circa 2 cm. Irrorate con un filo d'olio d'oliva e cuocete in forno preriscaldato a 180° per 30 minuti (la superficie scura del castagnaccio deve fare delle screpolature).
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.... a zì, la giunta, mettece la giunta!

domenica, ottobre 30, 2005

Marmellata di zucca gialla

Ingredienti: 1 Kg e mezzo di polpa di zucca, 1 Kg di zucchero, 1 stecca di cannella, il succo di 1 limone, 1/2 bicchierino di rhum scuro.
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Tagliare la zucca a pezzetti, privandola di buccia e semi. Fare appassire la polpa in una pentola (meglio se di rame o di coccio) per una decina di minuti. Aggiungere lo zucchero e lasciare cuocere per almeno un'ora.
Aggiungere la stecca di cannella il succo del limone e la metà del rhum. Lasciate cuocere per almeno un'altra ora e mezza (finché la marmellata avrà assunto la consistenza giusta, caramellata), aggiungere il restante rhum e tenere sul fuoco per altri 5 minuti.
Togliere la stecca di cannella e invasare.
Tappate immediatamente i vasetti e capovolgeteli, sino a quando la marmellata non si sarà completamente raffreddata.
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Potete accompagnare questa marmellata con formaggi di pecora ben stagionati oppure con quenelle realizzate con ricotta di pecora, zucchero ed un pizzico di cannella in polvere.

venerdì, ottobre 28, 2005

Halloween... e la zucca.

Halloween è una festa che origina dai Celti ed è la contrazione di All Hallow Eve la vigilia della festa di ognissanti, il 31 ottobre. La celebrazione di "Ogni Santi" iniziava al tramonto del 31 ottobre e pertanto la sera precedente al 1° Novembre era chiamata "All Hallows' Even"(la sera di tutti i santi) che venne abbreviato in Hallows'Eve, poi in Hallow-e'en ed infine in Halloween. Per i Celti segnava la fine dell'anno vecchio, era anche la festa di Samhain, il Signore degli Inferi che con l'arrivo dell'inverno cancella la potenza del dio Sole eterno rivale. Samhain viene così tradizionalmente identificato con il dio dei morti o semplicemente con la luna che spesso appare nell'iconografia di Hallowen.
Il vero simbolo rimane comunque la luce custodita dentro una lanterna, secondo la tradizione irlandese di Jack-o-lantern. Narra la leggenda che un uomo di nome Jack, noto baro e malfattore, ingannò Satana sfidandolo nella notte di Ognissanti a scalare un albero sulla cui corteccia incise una croce intrappolandolo tra i rami. Alla morte di Jack, continua la leggenda, gli venne impedito di entrare in paradiso a causa della cattiva condotta avuta in vita, ma gli venne negato l'ingresso anche all'inferno perché aveva ingannato il diavolo. Allora Satana gli porse un piccolo tizzone d'inferno per illuminare la via nella tremenda tenebra che lo attorniava. Per far durare più a lungo la fiamma Jack scavò un grosso cavolo rapa e ve la pose all'interno.Gli irlandesi usavano in origine i cavoli rapa ma quando nel 1840 arrivarono negli USA scoprirono che le rape americane erano piccole, ma anche che le zucche erano più grosse e più facili da scavare dei cavoli rapa. Ecco perché a tutt'oggi Jack-o-lantern è una zucca intagliata al cui interno è posata una lanterna.
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La zucca, inoltre, con il suo colore solare "illumina" e "scalda" le nostre tavole...
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Torta di zucca con pinoli e zenzero
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Ingredienti per la pasta: 250 g di farina, un cucchiaino di sale, 1 cucchiaio di zucchero, 100 g di burro, 1 uovo, 4 cucchiai di acqua.
Ingredienti per il ripieno: 400 g di polpa di zucca, 125 g di panna, 20 ml di latte, 170 g di zucchero di canna, 1/2 cucchiaino di cannella in polvere, 1 pizzico di chiodi di garofano in polvere, 1 cucchiaino di radice di zenzero grattugiata, 1 pizzizo di noce moscata in polvere, 3 uova, 100 g di pinoli.
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Impastate insieme la farina, il sale, lo zucchero, il burro fuso, l'uovo e l'acqua. Non lavoratelo troppo. Fatene un palla, avvolgetela nella pellicola e ponetela a ripoare in frigorifero per un'ora. Nel frattempo, tagliate a dadini la polpa della zucca, mettetela in casseruola con circa 100 ml di acqua e fatela ammorbidire a fuoco basso, scolatela e fatela asciugare. Mescolate in una terrina la polpa cotta e tutti gli altri ingredienti. Ungete una teglia di 22 cm di diametro e foderatelo con la pasta, che nel frattempo avrete steso. Bucherellate il fondo della pasta con una forchetta e versatevi sopra la crema e cospargetelo con i pinoli. Ponete in forno preriscaldato a 180°, per circa un'ora.
Potete servire le fette di torta spolverandole con zucchero a velo e guarnendole con fettine di zenzero candito.
Potete accompagnare con un Sagrantino di Montefalco passito.

Aspettando il gran galà delle streghe


Come primo post mi affido alla voglia di creare di Joelle... sono sicura che la strada sarà piena di colori, odori, sapori e voglia di cimentarsi...

Aspetto, infatti, con ansia la notte del 31 per partecipare al galà demoniaco che le maghe del gusto Joelle e Carla stanno preparando alla "Locanda del Francescano".... (Calvi dell'Umbria, via Narnense 3, tel. 0744-710129, lalocandadelfrancescano@virgilio.it)


il menù dell'orrore prevede...
Pipì di topo con occhi di lucertole su bava di rospo
Amori delle 3 streghe del Machbeth
Piccoli segreti di fata Morgana
Vendetta della Maga Circe
Viscere di pipistrello e intruglio verde
Formaggi con vermi striscianti
Dolce al sangue malefico
e in ultimo .... per digerire
Cervelletto pulsante con poltiglia di mele e cenere calda