domenica, dicembre 31, 2006

Buona fine e buon principio...


All'interno della quotidianità che ci circonda, abbiamo, tra l'altro, le nostre speranze ed i nostri desideri, delle "allucinazioni" per certi sogni, appena un passo affinché diventino realtà.
E' appena passato un anno... una verità molto diversa per ognuno di noi. Alcuni si sentono soddisfatti, altri no, sia che abbiano terminato con successo o meno i progetti prefissati. Una questione personale per ognuno di noi!
Al di fuori di tutto questo resta la nostra rinascita, il nostro "riplasmare" l'"Io" arrivando al punto preciso dell'inizio dell'anno. E dopo questo inizio possiamo trovare i sentieri che ci guideranno verso i nostri desideri, speranze e perché no verso le paure di quello nuovo che sta arrivando.
L'anno che sta finendo ha cambiato tante cose in noi, tutti ci siamo trovati, sicuramente, di fronte a momenti difficili, e sarebbe logico allora augurare e sperare in un buon inizio!
Molto giustamente un vecchio detto dice:"Un buon inizio assicura una buona fine..."
Sta per arrivare il nuovo anno e se vogliamo che finisca bene, applichiamo la suddetta formula. Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto dobbiamo iniziare il tutto in modo giusto affinché non finisca nello stesso modo.
Arrivando a questo punto così decisivo dell'anno, tutti noi, senza dubbio, miriamo ed auguriamo che sia il nostro migliore! Qualsiasi siano i nostri progetti, i nostri scopi, i nostri sogni, che cominciamo il 2007 con entusiasmo e gioia per conquistarli.
Teniamo viva la fede nella nostra vita.
Se ne sta andando, sì, un anno e sta per dare la mano al nuovo che inizia. Ed è come una vita breve che comincia nel mese di Gennaio e prende forma, "stravasando" in primavera, arriva ad una completezza eccelsa nei giorni lucidi dell'estate, si indebolisce nei dorati giorni autunnali, per morire nell'ultimo secondo dell'ultimo giorno dell'anno che sta andando... e proprio in quel momento il vecchio se ne va e nasce il nuovo, all'interno di questo immenso ciclo luminoso della vita.
Vorrei dire, che basta soltanto venire in contatto con lo sguardo innocente di un bambino per rinnovare tutte le nostre forze, desiderando un mondo migliore, meno disumano e con più lacrime di gioia!
Auguro che il nuovo anno sia più umano, più pacifico, con nuovi orizzonti nei pensieri e nelle azioni... e che porti salute e felicità a tutti noi!
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Buon 2007!

domenica, dicembre 24, 2006

Una favola per Natale e... per tutta la vita!

Per i miei auguri natalizi vorrei regalarvi una favola, una favola didattica - come del resto lo sono tutte - una favola il cui significato vorrei che vi colpisca nell'anima e vi aiuti a ritrovare il senso della vostra esistenza.
C'era una volta una donna che si prendeva cura del giardino di casa sua, quando all'improvviso vide tre anziani, carichi delle esperienze della vita, che si avvicinavano all'ingresso della casa.
Nonostante non li conoscesse, rendendosi conto della loro stanchezza e fame, gli offrì di entrare a mangiare.
Loro le chiesero: "Tuo marito è in casa?"
"No, non è qui", rispose lei
"Allora non possiamo entrare", le risposero gli anziani
"Ci mettiamo qui fuori e aspettiamo che lui torni".
Quando rientrò a casa, la donna gli raccontò l'accaduto.
"Possono entrare..." rispose lui.
La donna uscì fuori ed invitò nuovamente gli anziani ad entrare in casa.
"Non possiamo entrare tutti e tre insieme", risposero gli anziani.
La donna, sorpresa, chiese perché!
Il primo, allora, dei tre le spiegò e cominciò a presentarsi: "Io sono la Ricchezza le disse" e le presentò dopo il secondo, che era la Felicità. Ed, infine, il terzo che era l'Amore.
"Adesso", le disse, "vai da tuo marito e decidete chi di noi tre può venire a casa vostra".
La donna rientrò e raccontò ciò che gli anziani le avevano detto.
L'uomo, sorpreso, disse: "Siamo fortunati! Invita la Ricchezza! In questo modo avremo tutto ciò che desideriamo".
La moglie però non era d'accordo e proprose di invitare la Felicità.
La loro figlia, che li ascoltava in un angolo, disse: "Non sarebbe meglio invitare l'Amore? Non sarebbe bello se la nostra casa fosse piena d'amore".
"Perché no", rispose il marito, "vai fuori e chiedi all'Amore di entrare a cenare con noi".
La donna uscì e chiese: "Chi di voi è l'Amore? Lui può passare!"
L'Amore, allora, si alzò e fece per entrare in casa... e gli altri due lo seguirono!
La donna, sorpresa, chiese alla Ricchezza e alla Felicità: "Abbiamo inviatato, come ci avete detto solo l'Amore, come mai entrate anche voi?"
E risposero i tre anziani assieme: "se aveste invitato la Ricchezza o la Felicità gli altri due sarebbero rimasti fuori. Invitando l'Amore... ove va esso andiamo anche noi con lui!"
Non è importante dove! Non è importante come! Ovunque c'è amore ci sarà sempre ricchezza e felicità!
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Buon Natale a tutti!

lunedì, dicembre 18, 2006

Il "peso" delle ricette

Gli storici raccontano che l’armatura completa del legionario romano pesava circa 30 Kg. Se consideriamo che nel periodo delle campagne di guerra le legioni romane percorrevano parecchi chilometri e che una battaglia poteva durare parecchie ore, i legionari dovevano avere una grande riserva di forze al solo scopo di muoversi. Diamo ragione allora a certi romani, che nei suoi scritti Giulio Cesare critica ferocemente, che sottolineavano lo sbaglio fatto nell’aver aggiunto all’armatura degli ornamenti di metallo, bracciali e cinture, che aumentavano la difficoltà non solo nel muoversi, ma anche nello stendere la mano e nell’inginocchiarsi.
Ogni ricetta proposta per le festività (da riviste, blog...) ha la particolarità di abbellire il peso della continua ricerca del “diverso”. Per me, le ricette proposte sono sempre lo stesso oggetto con l’immagine del legionario davanti allo specchio...
Che cosa è necessario? Che cosa è superfluo? Che cosa è possibile? Che cos è abbinabile? Che cosa è inabbinabile?
Ho fatto riferimento all’esercito allo scopo di tener conto delle proprietà che in esso vigono: ordine, uniformità e rispetto delle regole. Queste stesse proprietà devono essere rispettate in tutte le ricette scelte e proposte.
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Croccante ai pistacchi
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Ingredienti: 400 gr di miele di timo; 400 gr di pistacchi non salati, ½ cucchiaino di lavanda macinata.

In una casseruola versiamo il miele e lo facciamo cuocere fin quando raggiunga la temperatura di 130°C. La togliamo dal fuoco ed aggiungiamo i pistacchi e la lavanda. Mescoliamo e stendiamo il composto su una superficie antiaderente (tavola di marmo o tagliere di silicone) per lo spessore di 1 cm. Lasciamo raffreddare e tagliamo i croccanti nella forma che vogliamo.

venerdì, dicembre 15, 2006

... l'eternità è un attimo...

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Per tutti quegli attimi che fanno sì che la vita sia vera!
Buon week-end.

martedì, dicembre 12, 2006

La mia cucina... il centro del mondo.

Controllo la mia cantina, carico il mio I-pod con musica regalatami dalla rete, conto i giorni sul calendario; con una mano metto in ordine le ricette che ho già scelto e con l’altra organizzo la lista con i nomi: non è che ho dimenticato qualcuno? Parenti, amici... tutti lì.
Devo sterilizzare decine di vasetti di diverse misure e scendere sotto casa per comprare i cesti.
Mi sto organizzando! Nelle feste di quest’anno regalerò delle bontà fatte con le mie mani, nella cucina di casa mia: marmellate, cioccolatini, biscotti, confetture, piccole cose “da gourmet” che a tutti fa piacere avere nella propria dispensa e frigorifero, ma che la pigrizia non lo permette.
Siamo a Dicembre e nella cucina di casa mia festeggerò gli ultimi giorni del 2006 uno ad uno, cucinando i regali per le festività. Seleziono gli ingredienti buoni ed economici; la cucina “casareccia” assorbe la sua forza prima dal cuore e poi dal portafoglio, ed ha lo scopo di “conquistare”, di trasportare amore e calore e non di far una figura “economica” con ingredienti cari.
Nella preparazione avrò bisogno di mani amiche: sbucciare, tagliare frutta e verdura, scrivere le etichette con inchiostro e lettere calligrafiche!
Aspetto con impazienza i pomeriggi di Dicembre, quando ci raccoglieremo in cucina, bevendo vini novelli, con sorrisi e musica, salutando il tempo minuto per minuto, cucinando, filosofando e facendo progetti per l’anno che sta per venire a trovarci tra pochi giorni.
Scendo a piazza Vittorio con le mani in tasca ed ogni due passi mi soffermo ad “assaporare” gli odori che emanano i banchi del mercato, per “odorare” i suoni delle lingue, per perdermi tra i venditori, professionisti e non – che da tutti i punti del mondo si sono incontrati per comprare e vendere gli ingredienti più improbabili che si incontreranno nelle casseruole più ispirate.
Le persone mi affascinano, sto per andare in un ristorante egiziano e trasformare i suoni e gli odori in gusto, ma le luci di Natale mi riportano alla realtà!
Voglio tornare subito a casa, alla mia cucina. E’ l’undici di Dicembre e per i prossimi quattordici giorni farò sì che la mia cucina diventi il centro delle festività di quest’anno, farò sì che la mia cucina diventi il centro del mondo.
Oggi vi posto una delle ricette prescelte...
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Torrone con mandorle e pistacchi.
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Ingredienti: 220 gr di zucchero, 150 gr di miele, 100 gr di acqua, 50 gr di glucosio, 40 gr di albumi, 300 gr di mandorle pelate, 125 gr di pistacchi non salati, zucchero a velo, 2 gr di olio di masticha.

Facciamo bollire in una pentola lo zucchero, l’acqua e il glucosio. In un’altra pentola facciamo bollire il miele. Montiamo gli albumi a neve e aggiungiamo poco alla volta, ma di continuo, il miele. Iniziamo a battere il miscuglio di zucchero e quando raggiunge la temperatura di 145°C aggiungiamo un poco alla volta, l’albume con il miele. Continuiamo a battere per 25 minuti circa e poi aggiungiamo le mandorle, i pistacchi e l’olio di masticha. Spolveriamo il fondo di una teglia (del diametro di 16x16 cm) con lo zucchero a velo, ci versiamo sopra il composto e lo spolveriamo sopra con altro zucchero a velo. Lasciamo freddare e tagliamo a cubi.

mercoledì, dicembre 06, 2006

Cucina tradizionale... un mare di sapori

La cucina non interpreta il mondo come l'arte e dà un'altra versione della grande questione filosofica del tempo, in quanto lo annulla. Cucinando le ricette delle nostre nonne teniamo nelle mani almeno cent'anni. Li teniamo! Li tocchiamo! Cucinando, gli attimi si ripetono e si immortalano su un tavolo durante il pasto.
Roland Barthes nel libro Psicosociologia dell'alimentazione dice: "alla fine il cibo perderà in sostanza e guadagnerà in funzionalità [...] ma all'interno della severità del contrasto tra il lavoro ed il rilassamento, è in pericolo la funzione festosa della cucina tradizionale".
La cucina "casareccia" di un tempo assorbiva la sua forza prima dal cuore e poi dagli ingredienti umili, ed aveva lo scopo di avvicinare e di trasportare amore e calore.
La cucina tradizionale trasporta il gusto dalla superficialità cosmopolita e la fa atterrare sui sensi e sui sentimenti. E' l'onda muta dell'oceano che affronta la quotidianità in modo profondo e leggero assieme.
L'arte del cuoco-sciamano eccita il corpo e rilassa il cuore.
Spunto di questo post è stata l'ultima ricetta proposta dalla Cuocarossa.
Prometto di tornare sull'argomento della cucina tradizionale perché la rivoluzione gastronomica è ante portam.
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Spinaci, riso e orata
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Ingredienti: 100 gr di porri finemente tagliati, 100 gr di cipolline fresche finemente tagliate, 500 gr di spinaci puliti e tagliati, 150 gr di riso, 1 e 1/2 Kg di orate sfilettate, 100 ml di vino bianco, 100 ml di acqua, 60 ml di olio extravergine di oliva, 1 mazzetto di aneto finemente tritato, un piccolo mazzetto di menta finemente tritata, 1 mazzetto di finocchietto, il succo di 1 e 1/2 limone, sale e pepe.

Soffriggiamo i porri e la cipollina fin quando si appassiscono. Alziamo la fiamma ed aggiungiamo gli spinaci, lasciando che tutta l'acqua che rilasciano si assorba. Aggiungiamo il riso, e dopo un minuto l'acqua ed il vino. Abbassiamo la fiamma, coperchiamo e lasciamo cuocere per 25 minuti. Quando il riso è cotto, lo togliamo dalla fiamma, aggiungiamo le erbette, il succo di limone, saliamo e pepiamo. Tagliamo i filetti di orata in circa 20 filettini, li saliamo e pepiamo e li facciamo soffriggere in po' di olio, un paio di minuti per lato.

lunedì, novembre 27, 2006

Il sogno donato...

Nel mese di Ottobre una carissima amica mi ha donato il suo “sogno”...
Fin da bambina sognava di coltivare gli ulivi e quando ci è riuscita, parte del suo primo raccolto me lo ha donato, pregandomi di utilizzarlo per creare qualcosa che potesse rispettare il suo colore, il suo sapore ed il suo aroma.
Mi sono messa a pensare... che cosa si può fare con delle fresche olive verdi?
Subito ho capito che dovevo svincolarmi dall’ingrediente oliva e dovevo invece vincolarmi all’ ”offerta del sogno”. Avrei dovuto cioè creare qualcosa che a mia volta avrei potuto offrire! E che cosa avrei potuto offrire se non un dolce al cucchiaio?
E’ tradizione in Grecia dare il benvenuto all’ospite con un “dolce al cucchiaio”, cosiddetto in quanto la sua quantità, quando viene servito, non deve superare il contenuto di un cucchiaino.
La differenza tra dolce al cucchiaio, marmellata e composta è che la frutta conserva la sua forma iniziale, il suo colore, il suo sapore e aroma. Inoltre, gli unici ingredienti usati sono l’acqua, lo zucchero ed il succo di limone.
Sono rimasta piacevolmente sorpresa e mi sono sentita trasportare indietro nel tempo l’ultima volta che sono stata a Salonicco e sono andata a prendere il caffé in un “kafenio”. Assieme al caffè, servito nel briki, ci hanno offerto un dolce al cucchiaio a base di melanzane bianche. Mi hanno spiegato che è ritornata l’abitudine di dare il benvenuto all’ospite-cliente, addolcendo i primi momenti...
Avendo ricevuto un sogno non posso che offrivi una ricetta!
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Dolce al cucchiaio di olive verdi
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Ingredienti: 1,2 Kg di zucchero, 1 Kg di olive verdi snocciolate, 800 gr di acqua, la scorza grattugiata di 4 limoni, il succo di 4 limoni.

Facciamo bollire l’acqua con lo zucchero per 5 minuti. Tagliamo a fette sottili le olive e le mettiamo nello sciroppo. Abbassiamo il fuoco ed aggiungiamo la buccia grattugiata ed il succo dei limoni. Facciamo bollire fin quando la miscela non si amalgama.

lunedì, novembre 20, 2006

Il Tango di Nefeli


Ho deciso di installare radioblog per addolcire con delle note musicali la lettura dei post... la canzone che propongo, attraverso la sua melodia di altri tempi, credo sia la compagna migliore durante il vostro soggiorno da queste parti...
In Italia viene chiamato "Il Tango Greco" o "Il Tango delle Nuvole", il nome originale in Greco è Tο Tango της Nεφελη (il Tango di Nefeli). In realtà questa musica non è un Tango, non viene né dall’Argentina né dalla Grecia, ma ha origine nella musica Celtica della compositrice irlandese Loreena McKennitt, che è maestra d'arpa, compositrice, attrice e cantante.
Questo meraviglioso brano, in origine solo strumentale, fu commissionato dal "National Film Board of Canada" per la colonna sonora di "The Burning Times". Nel 1991, tuttavia, fu inserito dalla compositrice nel suo album "The Visit" e chiamanyo "Tango to Evora". Qualche anno dopo, nel 1998, la musica è stata arrangiata in Grecia dalla grande Haris Alexiou, una delle più famose cantanti greche, salita al successo internazionale 1971 con la canzone "When a woman drink". Haris ha scritto anche le parole che accompagnano il brano... una piccola e preziosa fiaba, lontana dalle strorie dei tanghi... Nefeli è una fanciulla, due angeli vogliono portarla via e spengere i suoi ricordi. Zeus la fa fuggire trasformandola in una nuvola...
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Il cencio dorato che sui suoi capelli portava Nefeli, per differenziarsi da tutti nel vigneto
Sono arrivati due piccoli-piccoli angeli, e lo hanno rubato
Due piccoli angeli che nei loro sogni volevano Nefeli
Nutrirla con melagrana e miele, per non farle ricordare e farle dimenticare ciò che vuole,
la ammaliarono
Giacinti e gigli le hanno rubato il suo profumo e lo hanno indossato,
e gli amori mirandola con le frecce se ne burlano
ma il buon Zeus le ruba l’acqua della giovinezza
la trasforma in nuvola e la diffonde cosicché non la possano trovare
Due piccoli angeli che nei loro sogni volevano Nefeli
Nutrirla con melagrana e miele, per non farle ricordare e farle dimenticare ciò che vuole,
la ammaliarono
Il cencio dorato che sui suoi capelli portava Nefeli, per differenziarsi da tutti nel vigneto
Sono arrivati due piccoli-piccoli angeli, e lo hanno rubato
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Το χρυσό κουρέλι που στα μαλλιά της φόραγε η Νεφέλη, να ξεχωρίζει απ’ όλους μέσ’ τ’ αμπέλι
ήρθανε δυο μικροί, μικροί αγγέλοι, και το κλέψανε
Δυο μικροί αγγέλοι, που στ’ όνειρά τους θέλανε την Νεφέλη
να την ταΐζουν με ροδί και μέλι, να μην θυμάται να ξεχνά τι θέλει, την πλανέψανε
Υάκινθοι και κρίνα της κλέψανε τ’ άρωμα και το φοράνε, κι οι έρωτες πετώντας σαϊτιές την περιγελούν
μα ο καλός ο Δίας της παίρνει το νερό της εφηβείας την κάνει σύννεφο και την σκορπά
για να μην την βρουν
Δυο μικροί αγγέλοι, που στ’ όνειρά τους θέλανε την Νεφέλη
να την ταΐζουν με ροδί και μέλι, να μην θυμάται να ξεχνά τι θέλει, την πλανέψανε
Το χρυσό κουρέλι που στα μαλλιά της φόραγε η Νεφέλη, να ξεχωρίζει απ’ όλους μέσ’ τ’ αμπέλιήρθανε δυο μικροί, μικροί αγγέλοι, και το κλέψανε

sabato, novembre 18, 2006

Colori d'autunno... in un quadro o in una foto?


Secondo voi di che cosa si tratta?

giovedì, novembre 16, 2006

"Le beaujolais nouveau est arrivé"


... terzo Giovedì del mese di Novembre, l’attesa-tentazione al Primeur Vin (non Nouveau se vogliamo essere precisi) è terminata! Il Beujolais Nouveau non è un vino ma un preludio di sapore di primo autunno, anticipo di caratteri e colori della nuova vendemmia! Bicchiere gagliardo e simpatico.
Stasera per festeggiare l’evento preparo un buffet a base di: varietà di formaggi abbinati con delle marmellate fatte in casa (di castagna, di mele cotogne, di fagioli giganti di Prespa (!), pere-cannella, di fichi e di fichi d'india), degli affettati, e vari assaggini sotto forma di finger foods...
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You’re welcome...

domenica, novembre 12, 2006

Non esiste arte senza coercizione come non esiste godimento senza ribellione

Nel 1765 il Parlamento di Parigi (che all’epoca aveva anche competenze giuridiche) si occupò di un caso clamoroso. Un tizio, di nome Boulanger, possedeva un locale (il termine restaurant si affermò più tardi, nel 1786), ove serviva ai suoi clienti esclusivamente pollo lesso e carne con il loro sugo. Un giorno Boulager decise di arricchire il suo servizio verso la clientela e iniziò a cucinare zampette di agnello con la sauce paulette (a base di uova e limone).
A questo punto è doveroso ricordare che il periodo prerivoluzionario francese era il paradiso delle corporazioni. Nessuno poteva applicarsi ad un qualsiasi tipo di attività, se prima non veniva accettato dalla propria corporazione, ed ogni membro di questa doveva esercitare la professione all’interno di severissime regole, senza avere la possibilità di ampliare i “campi d’azione”.
Non appena, allora, la corporazione dei cuochi, coloro cioè che avevano il diritto esclusivo di vendere cibi cucinati (i cosiddetti ragù, in Francia), si informò sulle nuove attività di Boulanger (membro della corporazione dei produttori di bollito) attivò contro di lui una guerra giuridica senza pietà, accusandolo di vilipendio nei confronti della professione dei cuochi.
Il caso arrivò infine, come abbiamo visto, alla corte suprema, cioè al Parlamento, che cercò dopo una serie di riunioni di dare una soluzione a questo problema giuridico di difficile giudizio: se, cioè, la sauce paulette fosse una salsina all’interno della quale venivano cucinate le zampette di agnello (quindi ci si sarebbe trovati di fronte ad un cibo cucinato – ragù) o al contrario la sauce paulette fosse una preparazione a parte, che veniva versata sopra le zampette di agnello dopo la loro bollitura (quindi ci si sarebbe trovati di fronte ad un bollito, anche se “arricchito”).
La corte, alla fine, diede ragione a Boulanger, riconoscendo che la sua sauce paulette era una salsina, cioè un prodotto liquido che si versava sopra il piatto principale dopo il completamento della sua preparazione. E naturalmente decise che non ci fosse stata da parte di Boulanger una volontà di usurpazione dei privilegi della corporazione dei cuochi.
La preparazione culinaria di Boulanger richiamò a tal punto l’interesse gastronomico della società parigina – cosa abituale, d’altronde, in una società che si occupava di questioni serie -, così che questi, nonostante le sue umili origini e la modestia dei suoi ingredienti, irruppe anche nelle sale dei palazzi reali.
Nei nostri tempi, da quanto so, i tribunali non si sono ancora occupati di questioni simili. Salsine come quella inventata da Boulanger sono state ampiamente acquisite dalla nouvelle cousine. Immagino che sia semplice capire il perché queste non siano state acquisite dalle cucine regionali. Una cucina regionale, solidamente ancorata alla percezione della chiarezza estetica (visiva e gustativa), alla sobrietà espressiva e all’unità dei capitoli dei sapori, difficilmente si concilia con le salsine, la funzione delle quali consiste nella produzione di sapori intensi e complessi, differenti dal solito prodotto finale. Per questo le pochissime salse utilizzate dalle cucine regionali sono straordinariamente discrete e non sottraggono l’”innocenza” alla cucina casareccia.
Io, nel pieno possesso delle mie facoltà, sospinta da Brillat-Savarin e come novello Boulanger, sfido... abbinando una pietanza classica del Dodecaneso, lo spiedino di pesce (rigorosamente servito solo con olio e limone), con una salsa a base di zafferano... le corporazioni!
... le cose devono cambiare, se vogliamo che restino le stesse, in quanto non esiste arte senza coercizione e non esiste godimento senza ribellione.
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Spiedini di sarago con maionese allo zafferano.


Ingredienti per gli spiedini: due saraghi di 500 gr circa ciascuno sfilettati e senza pelle, 20 semi di coriandolo pestati, 20 grani di pepe bianco pestati, 3 cucchiai di origano fresco sminuzzato, sale, olio extravergine di oliva.

Ingredienti per la maionese allo zafferano: 2 tuorli, 1 gr di pistilli di zafferano fatti ammorbidire in 2 cucchiai di acqua per 2 ore, ½ spicchio di aglio ridotto in pasta, 1 cucchiaio di mostarda, 200 ml di olio extravergine di oliva, 1 cucchiaio di aceto di vino rosso, il succo di ½ limone, sale e pepe bianco macinato fresco.

Tagliamo ogni filetto in 4 o 5 listarelle. Infiliamo ogni filettino in uno spiedino (disponendolo a zig-zag). Intingiamo ogni spiedino nell’olio, saliamo e cospargiamo con il pepe, l’origano ed il coriandolo. In una ciotola battiamo con una frusta i tuorli con la mostarda e l’aglio. Versiamo poco a poco l’olio continuando a battere, fin quando l’olio venga ben “assorbito” dalle uova creando una crema. Alla fine aggiungiamo, sempre continuando a battere, lo zafferano con la sua acqua, il limone, l’aceto, il sale ed il pepe.Grigliamo gli spiedini in una padella ben calda mezzo minuto per ogni lato. Serviamo un poco di maionese in una tazza, infilando in un angolo due o tre spiedini.

sabato, ottobre 28, 2006

In occasione del primo anniversario della nascita di questo blog...


Una favola...
Una favola è in grado di farti sentire vero e vivo più di ogni altra cosa. Una favola non di quelle che uno può tranquillamente sentire in ogni misero angolo della quotidianità. Una favola di quelle che ci raccontavano da piccoli... che chiedevamo di riascoltare ancora e ancora... anche se sapevamo che non c’erano streghe ed erbe miracolose. Volevamo sentirle per la dolcezza che lasciavano nell’animo, per il viaggio che ci offrivano e basta.
Una favola forte come un pugno nello stomaco e rassicurante come un caldo abbraccio. In grado di far sciogliere tutti i pezzi ghiacciati dell’anima. Ghiacciati dalle persone che vanno di fretta per riuscire a raggiungere in tempo qualcosa di indefinibile anche per se stessi. Parole ghiacciate che sono stanche di tuffarsi nelle acque profonde ed affrontare la realtà. Si soffermano a giocare sulla superficie e sono contente guardando le bollicine che formano, anche se queste ultime si perdono in un attimo.
Pezzi di anima ghiacciati e sentimenti storditi, dagli sguardi che sono sempre stanchi e vuoti.
Una favola che ti ricorda che grande e forte diviene quello che non lasci che venga trascinato giù da tutto ciò che lo ghiaccia, che non “sprofonda” dalla superficie. Una favola “allarme”... che ti sussurra che il tempo non ti aspetterà per far sì che tu conosca coloro che ti stanno accanto. Coloro che sempre ritenevi tuoi...
E’ vero allora che quando ti innamori di qualcosa il tempo si ferma... per correre poi velocemente a rioccupare la sua posizione nella storia.
Una favola di qualità che corre come la penna su carta bianca, per conquistare ed assicurarsi l’esistenza della parola.
Questo è stato il principio per partire... per iniziare questo viaggio nel cibo, nel gusto, nel tempo e nei suoni. Voglio farvi viaggiare in posti lontani, in epoche diverse, in odori inebrianti che vengono emanati dal cuore delle ricette originali e dal “vestito” della storiella che le accompagna...
Un viaggio indietro nel tempo e all’interno della memoria...
Credo che solo quando una storia si racconta, guadagna la sua immortalità!
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Torta speziata di uva passa e noci.
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Ingredienti: 300 gr di uva passa, 450 gr di farina, 200 gr di zucchero, ½ cucchiaino di chiodi di garofano in polvere, 1 cucchiaino di cannella in polvere, 150 gr di noci tritate, ¼ di tazza di cognac, ½ tazza di spremuta fresca di arancia, 1 tazza di olio extravergine di oliva, 1 cucchiaio di lievito in polvere (da diluirsi nel succo di arancia), buccia grattugiata di arancia, ½ tazza di bicarbonato.

Preriscaldiamo il forno a 190°C. Facciamo rinvenire l’uva passa per 10 minuti nel cognac e poi la strizziamo. In una ciotola setacciamo la farina con le spezie. In un’altra ciotola più grande, battiamo lo zucchero e l’olio fino ad ottenere una crema e pian piano uniamo il succo di arancia (con il lievito), la buccia grattugiata, il bicarbonato, l’uva passa precedentemente ammollata e le noci. Aggiungiamo la farina a poco a poco, continuando a mescolare e fino ad ottenere un impasto denso. Versiamo in una teglia del diametro di 24 cm ed inforniamo per un’ora. Lasciamo raffreddare e serviamo.

martedì, ottobre 24, 2006

Diteci Amadeus...


Una conversazione esclusiva con W. A. Mozart
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Orizzontidelgusto, dando avvio al ciclo delle “Interviste improbabili”, visita - in occasione del 250° anniversario della nascita – il grande musicista a casa sua, a Salisburgo, e conversa con lui dei piaceri della vita e di altri “demoni”.
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L’ho incontrato all’inizio di Febbraio, in una giornata fredda, con la neve che dominava il paesaggio. Le strade erano state spazzate e così i carri potevano muoversi liberamente.
Sono salita attraverso la stretta scala di legno. Mi ha ricevuto nel piccolo salotto, indossando una vestaglia elegante. Era un po’ pallido, ma la parrucca mostrava grande accuratezza e civetteria.
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Vi ringrazio di avermi ricevuto... mi sento onorata e grata per il nostro incontro.
Il piacere è tutto mio. E’ tanto che volevo parlare con un’italiana, amante della storia, dell’arte e del sensazioni gustative... Inoltre so che avete un rapporto “particolare” con la Grecia. Sapete, la Grecia ha influenzato il mio lavoro...
Cominciamo dal Vostro nome di battesimo: Johannes Chrysostomus Wolfgangus Theophilus. Come si giustificano questi quattro nomi? “Colpa” del carattere austero di Vostro padre Leopold o di quello scherzoso di Vostra madre Anna Maria?
Vi ringrazio di questa domanda, perché voglio una volta per tutte chiarire la faccenda! I quattro nomi che mi furono dati si giustificano così: Johannes Chrysostomus, perché il 27 Gennaio, secondo il calendario cattolico, era intitolato a S. Giovanni Crisostomo; Wolfgangus, in onore di mio nonno paterno, Wolfgang Nikolaus Pertl! Theophilus, in onore del padrino (in tedesco Gottlieb), Johann Gottlieb Pergmayr. In seguito, invece, questo ultimo mio nome è stato mutato nel più armonioso Amadeus, traduzione latina di quello greco. Devo ammettere, però, che da bambino affettuosamente mi chiamavano Wolferl. Io, invece, nelle mie lettere firmo come Amadè, italianizzando il nome.
So che è difficile in questo strettissimo tempo a nostra disposizione rivedere un po’ tutti gli aspetti della Vostra vita, per tale motivo vorrei arrivare subito al nostro argomento. Al cibo. Amate il buon cibo?
A-ha il cibo... Riguardo al cibo sono poli-collezionista, come per la musica d’altronde. Sapete certamente che ho composto ogni forma di musica. Sinfonie, sonate, concerti, musica da camera, musica sacra, opere... La stessa cosa vale anche per le mie preferenze gustative! Non resto attaccato a qualcosa di stereotipato, ma voglio riscoprire ogni nuova esperienza gustativa.
Quando viaggiate – e viaggiate molto, da quanto so – quali sono le Vostre preferenze?
Preferisco sempre assaggiare la cucina regionale, con le sue specialità e, ovviamente, i suoi vini...
Ci potete dare un esempio?
Che vi posso dire... a Praga adoravo sempre il borsch, a Vienna lo snitzel, a Londra preferivo il rosbeef – era, d’altronde, l’unico piatto della cucina britannica che potevo accettare -, a Roma una pastasciutta al dente mi teneva sempre compagnia, però... è a Parigi che ho conosciuto i veri grandi pranzi – cene per lo più –, che hanno indelebilmente segnato la mia memoria.
Potete ricordarvi della composizione di un menù?
Certamente... Mio padre Leopold mi aveva abituato male, facendomi girare nei posti più aristocratici, per lo più nei palazzi reali, ma una cena è rimasta incisa nella cupola del mio palato. Era una domenica del 1788 e mi ricordo ancora il capolavoro compositivo: zuppa di piccole cipolle caramellate, spiedino di filetto di aringa, tartare di anguilla, cetriolo ripieno con midollo, vol-au-vent di petti di pollo con besciamella, pesce spada in salsa di capperi, anelli di filetto di pernice, lenticchie della regina, rape bianche scottate al burro, carciofi ravigote, gelatina di vino di Madeira, diverse insalate ed ovviamente una grandissima varietà di dolci.
Che cosa vi emoziona di più nella composizione di un piatto?
Mah, tutto quello che mi emoziona nella musica. L’assoluto equilibrio degli ingredienti, il tono corretto dei sapori, il dialogo tra gli ingredienti, il lungo retrogusto che equivale alla forza mnemonica di una melodia. E, certamente, la maestria, quando è accompagnata da una profondità interiore, e la passione, quando sa smaterializzarsi, per non essere un peso...
Conoscete Brillat-Savarin?
Chi... come l’avete chiamato?
Brillat-Savarin. E’ nato appena un anno prima di Voi, nel 1755.
Ammetto di no.
E Grimod de la Reynière?
Neanche costui.
Lui è nato appena due anni dopo di Voi, nel 1758. Entrambe sono stati dei grandi teorici della gastronomia. Il secondo, inoltre, scrisse un famoso aforisma: “il numero tredici porta male in una tavola, specialmente quando il cibo basta solo per dodici!”
Bello! Devo ammettere che questo signore, oltre che come teorico della gastronomia, deve essere ricordato anche per i suoi aforismi...
Il primo, invece, è colui che disse: “gli animali si nutrono, l’uomo mangia, ma solo l’uomo di spirito sa gustare mangiando!”
Ah, questo è ancora meglio. Sapete, però, non credo nelle teorie... e non mi interessano le teorie sul cibo. Mi interessa solo il cibo. Come non mi interessa la filologia della musica, ma la musica pulita.
Vi interessa l’innovazione? Volete aprire delle nuove strade?
Ho scritto una volta a mio padre qualcosa che risponde alla vostra domanda: “mai in vita mia ho tentato di essere un pioniere”. (Si è alzato e si è avvicinato ad un armadio di legno di rosa ed ha aperto un cassetto.)
Volete bere qualcosa? Un Kirsh? O un po’ di champagne?
In un flûte?
Sì, flûte enchantée! Lo champagne è sempre magico, come i miei flauti! (Risate)
Non è che il nostro drink ce lo dovrebbe servire il signor Salieri?
Oh, capisco il Vostro umorismo... sciocchezze! Il signor Salieri avrebbe potuto essere un sommelier eccezionale. Migliore che come compositore!
Per ritornare alla gastronomia, c’è qualche cuoco che stimate?
Sì, è un giovanotto per cui dicono tante cose... si chiama Metternich, Clemens von Metternich...
Ma, se non mi sbaglio, lui è un diplomatico.
Mia cara amica... ci sono, forse, migliori cuochi dei diplomatici?
Voi, tuttavia, non vi siete direttamente ispirato per le vostre composizioni al gusto.
Vi sbagliate!
Forse il finale dell’opera del Don Giovanni contiene qualcosa... i preparativi per una cena...
Questo è il minimo. Mentre nelle 12 Variazioni per piano K265, basata sulla vecchia canzoncina francese per bambini "Ah, vous dirais-je, maman" c’è tutta la memoria del mio rapporto con il gusto.
Ma non vedo una correlazione tra la K265 ed il gusto.
Orizzonti, mi deludete... mi avevano detto che nei vostri scritti siete abituata a connettere direttamente la funzione mnemonica con le passate esperienze del palato... specialmente le esperienze della nostra infanzia! Vi ricordo, allora, che l’eroe principale di questa canzoncina è la caramella!
Avete ragione. Non l’avevo mai pensato...
Vedete, solo le caramelle mi ricordano che una volta sono stato anch’io bambino. Viaggiando ininterrottamente, suonando di palazzo in palazzo, da clavicembalo a clavicembalo, cambiando dalle braccia del monarca a quelle della regina, sono cresciuto senza la mia infanzia. Solo le caramelle... per questo...
Per questo?
Per questo, siccome la mia musica, ovviamente, non cesserà di essere interpretata anche dopo duecentocinquant’anni, vorrei che mi ricordassero con qualcosa di dolce, qualcosa i cui colori ricordano i capelli dorati delle ninfe, con le tonalità dominanti del rosso. Ma per tutto questo mi affido a lei Orizzonti. Sapete, sfortunatamente dobbiamo finire qua... mi aspetta un signore sconosciuto che da tempo mi aveva ordinato un Requiem. Devo confessare che non l’ho ancora completato. Non devo fare tardi. Sarebbe una mancanza di rispetto.
Vi ringrazio. Cercherò di creare per Voi qualcosa di gustoso ed equilibrato.
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Halvas dorato per Amadè
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Ingredienti: 9 cucchiai di burro non salato, ½ cucchiaino di pistilli di zafferano, 1 tazza di zucchero, 2 cucchiai di latte bollente, 2 tazze di latte, 1/3 di tazza di pistacchi freschi di Bronte, 1 tazza di semolino grosso.
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Mettiamo i pistilli di zafferano con i due cucchiai di latte bollente per 30 minuti. In una pentolino sciogliamo un cucchiaio di burro e rosoliamo i pistacchi per 2 minuti. Togliamo la loro buccia e li mettiamo da parte. Sciogliamo lo zucchero nel latte a fuoco basso e manteniamo la miscela calda. Sciogliamo il resto del burro in un pentolino ed aggiungiamo un po’ del semolino, mescolando per 8-10 minuti, a fuoco basso, finché diventa di colore dorato. Versiamo poi questa nostra miscela nel latte zuccherato, che abbiamo mantenuto caldo, aggiungendo il resto del semolino ed il latte con lo zafferano. Mescoliamo continuamente, sempre a fuoco basso. Togliamo il pentolino dal fuoco e lo lasciamo in un posto caldo per 15 minuti. Aggiungiamo infine i pistacchi e serviamo.

lunedì, ottobre 16, 2006

“BEKKOΣ”, il pane della tribù più antica del mondo

L’idea era geniale e semplice: il popolo più antico del modo non poteva essere altro che quello che dette il nome al pane.
Gli egizi, prima del faraone Psammetico, si vantavano di essere l’etnia più antica del mondo. Psammetico, in base alla tradizione narrata da Erododo, voleva sapere la verità. Prese così due neonati da una famiglia e li affidò ad un pecoraio, a cui ordinò di abbandonarli in una capanna nel deserto e di passare solo per dare loro da bere e da mangiare, cosicché i bambini crescessero assolutamente da soli. Voleva sapere quale sarebbe stata la prima parola che avrebbero pronunciato.
Il faraone, per essere sicuro che il pecoraio non parlasse loro, gli tagliò la lingua!
Una mattina, aprendo la porta della capanna, il pecoraio vide i bambini correre verso di lui gridando la parola “BEKKOΣ”. Corse subito dal re per raccontare tutto. Il faraone ordinò ai suoi sacerdoti di venire a conoscenza, a tutti i costi, dell’origine di questa parola e del suo significato. Cosi sono venuti a sapere che “BEKKOΣ” significava PANE nella lingua dei Frigi. Da allora gli egizi accettarono che il popolo più antico fossero i Frigi e che il primo nome del prodotto dell’amore di Dimitra con Iasiona fosse il “BEKKOΣ”!
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mercoledì, ottobre 11, 2006

La trasformazione di una creazione spirituale in sensazione gustativa: la piramide di Cheope


Sul tappeto dorato del deserto, accanto al bocciolo aperto del delta, è fondata la tua piramide, antica colonna del cielo all’interno dell’oasi dimenticata dagli dei. Segrete formule hanno inciso la tua forma, interpretate da sacerdoti nati in stanze ornate di porfido, così che ancora oggi le stelle sorgono dalla tua cima ogni anno – appena il Nilo è pronto ad inondare con il suo fertile limo le sponde gemelle. Nascoste camere sepolcrali nel profondo del tuo interno, sotto strati di pietre trasportate da migliaia di schiavi bruciati dal sole – aspettando non il pane di grano e l’acqua, ma l’eternità, quando assieme al corpo del faraone accompagnavano la sua anima immortale oltre le stradine di pietra del palazzo. E tu – primitiva meraviglia del mondo resti nella notte, un’ombra immobile, una massa di pietre che pulsa, cuore del Sahara, dell’Egitto, dell’Africa. (B.M.)
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Torta di pere e ricotta salata
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Ingredienti: 5 pere, 100 gr di zucchero, 100 gr di zucchero a velo, 60 gr di miele, 160 gr di burro, 150 gr di ricotta salata, 3 uova, 230 gr di farina, 100 gr di noci tritate.
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Tagliamo le pere a metà, asportiamo i semi e le facciamo bollire in acqua con i 100 gr di zucchero, finché non si ammorbidiscano. Le scoliamo e le facciamo raffreddare. Battiamo il burro con il miele e lo zucchero a velo, aggiungono una ad una le uova fin quando diventa una mousse. Aggiungiamo la ricotta, la farina e metà delle noci. Poniamo il composto in una tortiera del diametro di 25 cm. Tagliamo le pere a fette sottili, e le disponiamo sulla superficie. Cospargiamo sopra il resto delle noci e cuociamo in forno preriscaldato a 180°C per 30 minuti e a 150°C per altri 10 minuti.

mercoledì, ottobre 04, 2006

La trasformazione di una creazione spirituale in sensazione gustativa: il Mausoleo di Alicarnasso

Hai vissuto la tua vita regnando, Mausolo – e anche se i vassalli non si ricordano delle grandi opere del tuo regno, hai lasciato dietro di te una struttura bellissima – ultima tua opera che ha inciso per secoli della Ionia le spiagge baciate dal mare. D’oro le statue degli animali e degli uomini, battaglie con Amazzoni, decorarono il marmo che i quattro artigiani innalzarono nell’inospitale terra. Vryaxis, Leochares, Skopas e Timotheos lavorarono il marmo per onorare della tua vita reale l’esistenza.
Mausolo, con la tua morte sei riuscito di più rispetto che in vita! Monumento unico, impresa maestosa – la più grande struttura archeoellenica che non fu mai dedicata a nessun dio, ma ad un umano – che anche se mortale sopravvisse al coltello affilato della dimenticanza. Mausolo vanaglorioso! Ti ricorderanno per secoli – anche adesso che le pietre hanno perso del marmo la lucidezza e che l’oro è scomparso – ancora adesso s’innalza caldo il sole sopra le spiagge Ionie e l’Egeo canta la tua canzone, al vento mormorando i segreti del tuo mausoleo. (B.M.)
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Fichi neri con ravani e crema di yogurt allo sciroppo di aceto balsamico
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Ingredienti per i fichi: ¾ di tazza di zucchero, ¾ di tazza di acqua, ¾ di passito di Pantelleria, 18-20 fichi, 1 stecca di cannella.
Ingredienti per il ravani: 1 tazza e ½ di burro a temperatura ambiente, 1 tazza e ½ di farina, ¾ di cucchiaio di sale, 1 cucchiaio di lievito in polvere, 1 cucchiaio e ½ di bicarbonato di sodio, 1 tazza e ½ di zucchero, 8 uova, 1 cucchiaino e ½ di vanillina, ¾ di tazza di mandorle, 2 tazze di semolino grosso, 1 tazza di semolino fine.
Ingredienti per la crema di yogurt: 1 tazza e ½ di yogurt, ¼ di tazza di crema di latte, 1 tazza di zucchero, 2 bacche di vaniglia.
Ingredienti per lo sciroppo di aceto balsamico: 1 tazza di aceto balsamico, 1 tazza di miele di timo, 2 foglie di alloro e 1 stecca di cannella.
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Prepariamo lo sciroppo facendo bollire lo zucchero con l’acqua, il vino e la stecca di cannella, mantenendo da parte un pochino di zucchero. Eliminate i piccioli dei fichi, metteteli in una teglia ed aggiungete lo sciroppo. Spolverate sui fichi lo zucchero che avevate messo da parte e cuocete in forno per 15-20 minuti.
Mescolate in una ciotola, la farina, il sale, il lievito ed il bicarbonato. Battete nel mixer lo zucchero con il burro ed i rossi d’uovo. Versate il contenuto della ciotola, la vanillina e le mandorle, fino ad ottenere un composto omogeneo. Infine, montate gli albumi a neve e dopo aver aggiunto attentamente il semolino, unite al composto fino ad ottenere un’amalgama liscia. Versate in una teglia imburrata e cuocete in forno preriscaldato per circa 40 minuti. Appena il ravani è cotto, preparate lo sciroppo facendo bollire ½ tazza di zucchero con ½ tazza di miele, 1 tazza di acqua, ½ cucchiaio di buccia di arancia grattugiata ed un pizzico di sale. Lasciate raffreddare il ravani e bagnatelo con lo sciroppo bollente. Il ravani va lasciato in frigorifero per una notte o altrimenti, in mancanza di tempo in freezer per due ore.
Battete nel mixer la crema di latte con i baccelli di vaniglia, aggiungete lo zucchero ed infine lo yogurt. Ponete tutto in frigorifero.
Preparate lo sciroppo facendo bollire l’aceto con il miele, le foglie di alloro e la cannella per 30-40 minuti.
In un piattino ponete una fettina di ravani, disponeteci sopra qualche spicchio di fico, versateci un cucchiaio di sciroppo di aceto balsamico ed un cucchiaio di crema di yogurt.

giovedì, settembre 28, 2006

La trasformazione di una creazione spirituale in sensazione gustativa: Zeus olimpio

D’oro e avorio costruito, potente dominatore del “Dodecatheo” – nel tuo sguardo torvo si riflette la paterna dolcezza e tenerezza. E tu, padre degli dei, tuonante e saettante, aquila d’Olimpo – trattieni la Niki, dea alata, in uno dei tuoi palmi e nell’altro consolidi la tua dominanza sulla terra con lo scettro d’oro. Splendente onore allo scultore ateniese – Fidia di nome, ma figlio di Zeus nell’anima – che illuminò il tuo tempio con il dorato riflesso della tua statua. Sul trono seduto, con il diadema di ulivo in cima alla tua testa, osservi i credenti senza voce, che con gli occhi bassi evitano d’incontrare il tuo sguardo. Ed è il tuo trono unico, scolpito con pietre preziose, avorio ed ebano, lucidato da maestri illustri. Tocchi quasi il soffitto del tempio, ma anche se immobile resti, pronto sei a volare di nuovo sull’Olimpo – riempiendo d’oro la valle fertile della Tessaglia.
Padre di metallo, Hellinas nell’animo – ai tuoi piedi mi prostro, i ben scolpiti tuoi sandali a toccare. (B.M.)
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Lachanodolmades (involtini di verza) ripieni di scampi con salsa al curry.
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Ingredienti: 1 verza di media grandezza, 400 gr di scampi sgusciati, 50 gr di cipolla, 100 gr di salsa di pomodoro, 50 ml di olio extravergine di oliva, burro, 1 cucchiaio di farina, 1 cucchiaino e ½ di curry, sale e pepe.
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Facciamo soffriggere la cipolla nell’olio ed quando si ammorbidisce aggiungiamo gli scampi finemente tritati. Aggiungiamo la salsa di pomodoro, il sale ed il pepe. Facciamo cuocere per 5 minuti e togliamo dal fuoco. Poniamo la verza in acqua bollente per due minuti. Togliamo le foglie una ad una dal gambo e poniamo in ognuna un po’ del ripieno, avvolgendoli poi a forma di dolmas (involtini). Li mettiamo in una pentola aggiungendo acqua e sale e li facciamo bollire per 10 minuti. Facciamo bollire le teste degli scampi in una pentola con due bicchieri di acqua e nel brodetto ottenuto, una volta tolte le teste, aggiungiamo del curry. In un pentolino facciamo sciogliere il burro, uniamo un cucchiaio di farina, amalgamiamo e versiamo un po’ per volta il brodetto al curry, girando continuamente man mano che si addensa ed evitando così che si formino dei grumi. Serviamo i dolmades versandoci sopra un po’ di salsa.

mercoledì, settembre 20, 2006

La trasformazione di una creazione spirituale in sensazione gustativa: Il Colosso di Rodi


A te, o Sole, i Rodii dedicarono questa statua bronzea che raggiunge l’Olimpo, quando le onde della guerra placasti, e coronarono la loro città con le spoglie dei nemici. Per dodici anni le mani di Chares plasmarono le placche che a poco a poco generarono il tuo corpo. Il luccichio della tua fiaccola, gioiello del porto, sul promontorio orientale, riflette l’orgoglio dei Rodii guerrieri – simbolo di unità e di libertà.
Così ti copiarono i Franchi secoli dopo, nella Statua della Libertà.
Dono dei Tolomei, durasti solo mezzo secolo – prima che il tremore della terra ti mandasse sul fondo del porto d’ingresso, come un guerriero ferito che aspetta aiuto. Ma anche allora, Colosso, anche quando caduto supino sulla dura terra, distese le tue membra infrante, eri una meraviglia, e Plinio questo descrisse. Per mille anni ti sei addormentato dopo, forte segno dell’antichità che ha nutrito con le sue viscere le nuove civiltà – prima che ti svendessero arabi ed ebrei nei bazaar della Siria per il tuo umile metallo. E su 900 cammelli sei partito un primo pomeriggio e le tue tracce non sono rimaste tranne che negli scritti, ove stupefatti viaggiatori registrarono su papiri . Ma il Colosso, sinonimo dell’ipermetro gigante, resta ancora nelle nostre anime e s’innalza dentro di noi ad ogni riferimento a Rodi e al mare Egeo. (B.M.)
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Gamberi con salsa di rape rosse.
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Ingredienti: 800 gr di gamberi sgusciati, 500 gr di rape rosse lessate, 300 gr di cipolle, 200 gr di porri finemente tagliati, 1 spicchio di aglio, 150 ml di crema di latte, 250 ml di vino bianco, aceto balsamico, olio extravergine di oliva, sale e pepe.
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Facciamo soffriggere in una casseruola l’olio con la cipolla tritata, aggiungiamo i porri e spegniamo tutto con il vino, aggiungiamo anche le rape e continuiamo a far cuocere per altri cinque minuti. Poniamo tutto il contenuto della casseruola in un mixer e frulliamo fino ad ottenere un puré. Rimettiamo il puré nella casseruola aggiungendo la crema di latte. Aggiustiamo con sale e pepe.In un tegame facciamo soffriggere lo spicchio di aglio finemente tritato con l’olio e scottiamo i gamberi da entrambe i lati. Spegniamo con un po’ di aceto balsamico. Mettiamo un po’ della salsa sul fondo del piatto e vi adagiamo sopra i gamberi.

giovedì, settembre 14, 2006

La trasformazione di una creazione spirituale in sensazione gustativa: L’Artemision di Efeso


Anche se Erostrato ti ha incendiato in una notte di luglio, tu la stessa notte hai partorito il Leone di Macedonia, Alessandro Magno.
Le mani valorose di Chersifrone hanno edificato le tue imponenti mura, hanno innalzato il tempio di Artemide dalle molte mammelle e con i doni dorati di Creso, re di Lidia. Sei stata così magnificamente ornata di statue di bronzo, per le quali notte e giorno hanno lavorato Fidia, Policleto, Kresilas, Fradmon – per toccare, con lo scolpire della pietra e del metallo, la grandezza di una divinità in Efeso. Decorata d’oro con gli ex-voti dei tuoi umili fedeli, luccicarono sotto la dolce luce della Ionia i tuoi splendenti marmi. Ed il luccichio eternamente rimase – con il serpente di fumo odoroso emanato dalle candele offerte, che ha viaggiato nei cieli per toccare gli dei – mantenendo la tua fama integra. La tua maestosità è riuscita a toccare il cuore iracondo e vendicativo di Artemide, vergine dea della natura, della fecondità e della caccia, che mai si separa dal suo arco.
Nel solco dell’oblio le redini non hai consegnato, anche quando i cristiani hanno sottratto gli ex-voto e hanno distrutto i lavori di Fidia accusandoli di idolatria.
Lì, ad Efeso, permane la tua impronta – incancellabile, inalterabile nel tempo – nella memoria incisa la tua bellezza unica. (B.M.)
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Carrè di agnello ripieno con feta e spinaci
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Ingredienti: 1 carrè di agnello, 200 gr di feta, 200 gr di spinaci lessi, sale, pepe bianco, 1 cucchiaio di olio extravergine di oliva, 1 cucchiaino e mezzo di menta, 2 spicchi di aglio, 100 ml di vino bianco.
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Togliamo le ossa dal carrè di agnello, lo “apriamo” con il coltello e lo mettiamo a marinare con la menta e l’aglio. Dopodiché, lo riempiamo con gli spinaci e la feta sbriciolata, lo avvolgiamo e lo mettiamo in una rete. In una padella facciamo dorare il rollò nell’olio extravergine di oliva e aglio e spegniamo con il vino. Lo poniamo poi in forno a 200° a cuocere, facendo attenzione che non si asciughi del tutto, bagnandolo in questo caso con un altro pochino di vino. Quando è cotto lo tagliamo a rondelle.

mercoledì, settembre 06, 2006

La trasformazione di una creazione spirituale in sensazione gustativa: I Giardini pensili di Babilonia

All’Eufrate le rive accanto, fiorisce il Paradiso, giardino dell’Eden. Fertile Mesopotamia! Guarda i frutti, come pendono maturi dai folti rami degli alberi! Le cascate sulle mura accanto alla reggia annaffiano i giardini pensili – di Nabuccodonosor il sogno per l’amata Semiramide - passione vera della vita diventata ormai realtà irrefutabile.
Ammirano i visitatori sorpresi il tuo lavoro – egizi, medi, achei, macedoni – contemplano le scalinate verdi che inumidiscono la pietra con la loro freschezza, mentre degli annaffiatoi nascosti nutrono il verdissimo prato che seme a seme hanno piantato i giardinieri della reggia. E lontano, lungo le rive del fiume ormeggiano le barche, viaggiatrici lente con la loro mercanzia, guidate al dolce albeggiare di Babilonia verso i rumoreggianti mercati.
Oh, Babilonia – le carezze gemelle del Tigri e dell’Eufrate ricevi – nella polvere del pranzo, mentre il pane si cuoce lentamente nei forni di pietra. Oasi per gli occhi stanchi dei passanti i tuoi giardini, e nella luce del dopo pranzo si innalzano le ombre delle feritoie delle mura, orgogliose, per ancora un millennio. Fissando intensamente le acque che scorrono attorno a te - “oh Babylon” grido con la voce tuonante dell’anima – e mi lascio rinfrescare sotto le tue palme e i datteri e tu mormorerai la canzone di Kfarti, i suoi dodici pepli attorcigliati ai rami di palma del suo corpo nudo. Oh Babilonia, i tuoi giardini pensili elogio, con gli occhi pieni di luce stellare, fino alla prossima alba. (B.M.)
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Fiori di rose e mandorle
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Ingredienti: 500 gr di mandorle bianche spellate, 250 gr di zucchero, 2 cucchiai di farina, 2 meringhe, acqua di fiori, zucchero, albume, petali di rosa zuccherati, pistacchi sminuzzati finemente.
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Tritiamo le mandorle in un mixer il più finemente possibile. Aggiungiamo zucchero e farina ed impastiamo con le mani bagnate di acqua di fiori fino a quando esce l’olio delle mandorle. Incorporiamo le meringhe e plasmiamo dei piccoli coni. Mettiamo in forno a 100°C facendo attenzione che non si coloriscono.
Appena si raffreddano li spalmiamo con l’albume, li immergiamo nello zucchero dalla parte della punta, li avvolgiamo nei petali zuccherati ed immergiamo l’altra parte nei pistacchi tritati. Sistemiamo questi fiorellini in un piatto uno accanto all’altro a formare un bouquet.

giovedì, agosto 31, 2006

La trasformazione di una creazione spirituale in sensazione gustativa: Il Faro di Alessandria

Un paesaggio [...] è la proiezione dell’anima di un popolo sulla materia”, così lo definì anni fa Odysseas Elitis (I Pubblici ed i Privati).

Però anche un piatto penso sia il paesaggio sul quale il cuoco proietta la sua anima, per comunicare con le anime di coloro che sono stati iniziati o meno e che invita ad assaporare.
Un piatto è un paesaggio! Qualche volta è pure un tentativo – non rilevante dal punto di vista gustativo – di un gioco di ingredienti. Forse non merita neanche di essere assaggiato. Però, ha come dire? Qualcosa da uno spunto storico, con vista sul mare, un po’ di chiaro di luna impresso su un cristallo di sale, due cucchiaiate di olio, poche lacrime di limone...
Questo dialogo anima-materia, spirito-ingredienti, desiderio-beni, che eternamente ritorna, è la ruota motrice della civiltà dell’alimentazione. Questo dialogo ha iniziato ad affliggermi i pensieri fin da quando ho iniziato a leggere un saggio sulle Sette Meraviglie del mondo. Ogni volta che si nominava una di essa mi dicevo: “qui c’è gusto”, ed ognuno di esse si animava come Pinocchio ed incominciava a generare sensazioni.
Così mi è venuta l’idea di dedicare un inno ad ognuna delle Sette Meraviglie, associandolo ad un piatto che sia pieno della sensualità del passato, immesso in una struttura equilibrata, quasi classicista, metafora della maestria del costruttore dell’opera. Insomma, in tal modo ho pensato di poter così assaggiare una ad una le Sette Meraviglie! E questo è già abbastanza, raggiunge l’eccesso. Il resto è hybris (oltraggio)...
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Inno al Faro di Alessandria
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Sostrato, figlio di Dexifane di Cnido, ti dedicò agli dei salvatori, Castore e Polluce, a favore di coloro che navigano nei mari.
La tua costruzione era omonima dell’isolotto su cui fosti costruita, Pharos, fuori dalla città di Alessandria. I viaggiatori contemplavano il tuo bagliore chilometri lontani dall’Egitto, come la costruzione più alta dell’antichità, con i tuoi specchi fatti di sottilissimo argento lucido che brillavano oltre l’orizzonte del mutevole e periglioso mar e che sotto le sembianze di quegli dei splendenti facevano cenno alle navi di un sicuro viaggio di ritorno.
Anche di notte splendeva la tua solitaria fiaccola, bagliore unico sotto la notte illuminata dalle stelle e dal sorriso di Selene, candela accesa sull’ara dell’anima ellenistica.Sulla tua sommità l’onnipotente Zeus Soter proteggeva le navi ed il suo lungo scettro rappresentava la dominanza marina dei greci. Faro, simbolo, occhio, fiaccola, perla alessandrina, che hai mostrato la strada anche ad altre costruzioni umane, e ti sei dimostrata l’unica opera utile tra le sette meraviglie del mondo antico... ed ultimo ti sei perso, lasciando l’Egitto orfano, con le piramidi che fissano disperate il tramonto, sapendo però che vive il Faro di Alessandria e con lui anche il re Alessandro! (B.M.)
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Giouvetsi con i gamberi
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Ingredienti: 300 gr di risoni, 16 gamberoni, 200 gr di ricotta, 50 gr di burro, 50 gr di parmigiano grattugiato, 200 ml di brodo vegetale, 2 pomodori spellati e tagliati a cubetti, 100 ml di vino bianco, 20 gr di aneto fresco sminuzzato.

Fate cuocere i risoni in acqua bollente e scolateli quando sono ancora la dente. In una casseruola fate bollire il brodo con il vino, aggiungete i risoni, i pomodori e l’aneto. Lasciate cuocere, mescolando spesso, fin quando il liquido venga assorbito. Togliete dal fuoco, aggiungete il burro ed il parmigiano e versate in una pirofila. In un tegame fate saltare i gamberi con un filo di olio e versateli poi nella pirofila sui risoni. Cospargete con la ricotta sbriciolata e ponete in forno a temperatura alta per 5 minuti.

giovedì, agosto 24, 2006

No regrets... have fun ed ancora rivisitazioni

Nella mia mente ho sempre una data di scadenza. Una sola, che non può essere rimandata. Le vacanze estive devono terminare alla fine di Agosto. Per me, se si prolungano oltre, perdono la loro lucidezza ed il loro significato. Inoltre, sbiadiscono insieme alla tintarella.
No regrets! Le belle cose hanno sempre una fine. Non dobbiamo rievocare i momenti che sono passati con le lacrime agli occhi, in ufficio o davanti al pc…
La vita continua e noi dobbiamo guardare sempre nella direzione giusta. Avanti…
Peraltro, non dimentichiamo che per tale ragione ci sono le altre stagioni.
Farò un’ipotesi, che non siate più in vacanza, che siate tornati e che ci si possa nuovamente incontrare sulla rete, abbronzati, con il sorriso sulle labbra e innamorati…
Buon inizio!
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Riparto da dove mi ero fermata… proponendo altre rivisitazioni dell’insalata greca, questa volta tocca a quella di Giannis.
Questa versione, con il paradosso della vinaigrette di feta (per la presenza del giallo dell’uovo) e con le polpette di carne e formaggio, aromatizzati alla cedrina, è qualcosa tra un’insalata ed un primo piatto.
Esprime certamente la tendenza di Giannis a presentare il piatto con la logica della condivisione dei mezès della vecchia taverna. Concorderete, forse, insieme a me che le caramelle croccanti di oliva sono il tocco diverso di questa insalata.
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Ingredienti: 8 pomodori di media grandezza, 1 cetriolo, 1 peperone, 250 gr di dakos (fette biscottate cretesi di orzo), 100 gr di polpa di olive nere, qualche foglia di cappero, qualche foglia di pasta phyllo.

Ingredienti per la vinaigrette: 80 gr di feta, 3 tuorli d’uovo, 40 gr di mostarda, 80 gr di aceto, 1 limone, olio extravergine di oliva e un pizzico di pepe.

Ingredienti per le polpette: 500 gr di carne macinata (350 gr di vitello e 150 gr di maiale), 40 gr di riso bianco, 150 gr di cipolla, 1 uovo, 40 gr di provola affumicata, 2 mazzetti di cedrina.

Facciamo bollire il riso oltre il tempo di cottura e tagliamo le cipolle a rotelle. Facciamo soffriggere le cipolle in olio extravergine, poniamole insieme al riso nel mixer, aggiungendo cedrina in abbondanza e la provola affumicata tagliata a dadini. Mescoliamo la carne macinata con il sale, il pepe, l’uovo ed il riso che abbiamo frullato. Formiamo delle polpette che friggeremo all’ultimo momento. Tagliamo i pomodori ognuno in quattro spicchi, il cetriolo ed il peperone a julienne. Poniamo nel mixer la feta, la mostarda, l’aceto, l’olio, i tuorli, il pepe e la buccia del limone grattugiata. Frulliamo e alla fine diluiamo la nostra vinaigrette con un po’ di acqua tiepida.
Poniamo un cucchiaino di polpa di olive in un foglio di pasta phyllo, e arrotoliamo dandogli la forma di una caramella, che friggeremo all’ultimo momento.

Presentiamo il piatto mescolando le verdure, le foglie di capperi, il dakos sbriciolato grossolanamente e bagnando il tutto con la nostra vinaigrette. Guarniamo con le polpette e le caramelle di olive.

domenica, agosto 13, 2006

38°27΄30΄, l'ombelico del mondo... Delfi


Dalla mistica e suggestiva Delfi auguro a tutti una Buona Pasqua dell'estate (Ferragosto)!

mercoledì, luglio 26, 2006

La rivisitata…

…ovvero la versione dell’insalata greca di Nikos.
Quando il pomodoro diventa sorbetto, il cetriolo gelatina, l’olio e le cipolline pesto, la feta e l’origano mousse ed i coloratissimi peperoni vengono tagliati a minuscoli cubi, il risultato “fa l’occhiolino” alla classica insalata greca, invitandoci a rivisitare tutto quello che credevamo, per la velocissima soluzione del pranzo estivo.
L’amico Nikos di Santorino non poteva non flirtare con la cucina molecolare!
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Ingredienti per il sorbetto di pomodoro: 3 pomodori tagliati a cubetti, un po’ di cipollina fresca ed un po’ di aglio, 2/3 di tazza di aceto di vino rosso, olio extravergine di oliva.
Ingredienti per la gelatina di cetriolo: 2 cetrioli, 6 fogli di gelatina.
Ingredienti per il pesto: 1 tazza di pezzettini delle foglie verdi dei cipollotti, 1 tazza di olio extravergine di oliva, un po’ di sale.
Ingredienti per la mousse di feta ed origano: 1 tazza di crema di latte, 1 tazza di feta sbriciolata, 3 tazze di acqua, un po’ di origano.
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Sorbetto di pomodoro: soffriggiamo i cubetti di pomodoro in un po’ di olio con i cipollotti e l’aglio. Aggiungiamo l’aceto e continuiamo a soffriggere per pochi minuti. Saliamo e pepiamo e continuiamo a far cuocere la miscela finché non si formi una specie di sciroppo diluito. Passiamo tutto in un mixer e frulliamo. Trasferiamo in una ciotola metallica e poniamo nel freezer mescolando ogni ora, fin quando assuma una consistenza cristallina.
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Gelatina di cetriolo: sbucciamo i cetrioli e li passiamo in un mixer con un po’ di sale finché non otteniamo una purea. Le bucce le mettiamo anch’esse nel mixer con un po’ di acqua calda per ottenere il succo verde, in cui imbibiamo e facciamo sciogliere i fogli di gelatina. Aggiungiamo la gelatina nella purea di cetriolo, mescoliamo e poniamo in una teglia che metteremo in frigorifero. Tagliamo a cubetti.
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Pesto di cipollotti ed olio: passiamo le foglie verdi dei cipollotti sotto acqua corrente per 4 minuti, per “ricostituire” la clorofilla. Mettiamo un tazza di olio nel mixer, un po’ di sale e le foglie dei cipollotti ed ottieniamo un pesto di consistenza vellutata.
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Mousse di feta ed origano: riscaldiamo in un pentolino la crema di latte, l’acqua, la feta sbriciolata ed un po’ di origano. Facciamo bollire per 2 o 3 minuti fin quando si ottiene una crema diluita. Mettetiamo tutto in freezer.
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Nel centro di un grosso piatto fate un cerchio con i pezzettini di peperone colorati. Nel mezzo di questo ponete il pesto e ancora su questo una pallina di sorbetto di pomodoro. Ad un lato del piatto ponete i cubetti di gelatina di cetriolo e la mousse di feta.

lunedì, luglio 24, 2006

Insalata greca ovvero…

Alla chiusura di un corso di cucina che ho seguito in Grecia ci hanno chiesto, come prova finale, un’interpretazione personale dell’insalata “etnica” più famosa… la xoriatichi.
Certi hanno improvvisato aggiungendo dei nuovi ingredienti, che hanno alterato, positivamente, l’iniziale immagine gustativa dell’insalata. Altri hanno pensato di muoversi nell’idea di “smontare” i singoli ingredienti per “rimontarli” sotto una nuova veste… trasformandoli alcune volte in mousse, altre volte in gelatina, sorbetto e gelato.
La stessa base dell’insalata con pomodori e cetrioli, certe volte è rimasta tale, altre è stata presentata tagliata finemente, perché il comune denominatore era la diversa struttura delle materie prime, che avrebbe determinato la modalità con cui percepivamo la diversità dei gusti. La “partita” si è mossa anche nella liquidità del tradizionalissimo ladoxido (olio e aceto), come pure nel livello della graduazione della temperatura.
Diversamente si riceve il sapore di un pomodoro tagliato grossolanamente a temperatura ambiente, diversamente una poltiglia trasformata in sorbetto e diversamente una che è stata tagliata a piccoli cubetti per essere presentata “intrappolata” nella trasparenza di una gelatina.
Partendo da qualcosa di così quotidiano (per un greco) come l’insalata greca, vi invito, nel mezzo dell’estate, a seguire i percorsi miei e dei miei compagni di corso verso gli inesplorati sentieri dei parametri che partoriscono il gusto.
Oggi posterò la mia versione e nei giorni seguenti quella dei miei compagni.

Insalata greca “smontata e rimontata” come tricolore.

La logica della smontatura mi ha spinto a presentare ognuno degli ingredienti in gelatina ed il corpo principale dell’insalata in sorbetto. Ho ridistribuito il mazzo delle carte degli ingredienti e ho giocato con le temperature. Il risultato? Un insieme di sapori della cucina molecolare!

Ingredienti per il sorbetto di pomodoro: 800 gr di pomodori, basilico, 2 spicchi di aglio, 5 gr di paprika dolce, 100 gr di sciroppo semplice, 3 gr di sale, 2 gr di pepe, 40 ml di olio extravergine di oliva, succo di limone.

Ingredienti per la gelatina di pomodoro: 350 gr di succo di pomodoro, 100 ml di brodo di pollo, 10 fogli di gelatina, 3 gr di sale, 2 gr di pepe.

Ingredienti per la gelatina di feta: 60 ml di latte, 60 ml di crema di latte, 225 gr di feta, 2 fogli di gelatina, 1 gr di agar-agar, 2 gr di origano.

Ingredienti per la gelatina di peperoni: 300 gr di centrifugato di peperoni verdi, 2 gr di agar-agar, 1 foglio di gelatina, 2 gr di sale.

Sorbetto di pomodoro: in un tegame, a fuoco alto, facciamo soffriggere aglio ed olio per 20 secondi, aggiungiamo i pomodori e spegniamo il fuoco per 7 minuti. Aggiungiamo la paprika ed basilico e cuociamo per due minuti. Togliamo il basilico e mettiamo tutto nel mixer. Dopodiché passiamo tutto con un colino. Aggiungiamo lo sciroppo, un po’ di succo di limone, il sale ed il pepe. Mettiamo tutto in una macchina da gelato.

Gelatina di pomodoro: riscaldiamo il brodo di pollo e facciamo sciogliere i fogli di gelatina, aggiungendo infine il resto degli ingredienti. Poniamo tutto in un contenitore per un’altezza di 1 cm e mettiamo in frigo finché coaguli.

Gelatina di feta: facciamo bollire il latte insieme alla crema di latte, all’agar-agar. In un mixer mettiamo i pezzettini di feta e versiamo il liquido ancora caldo e l’origano. Mixiamo ad alta velocità finché gli ingredienti si leghino bene. Facciamo sciogliere la gelatina in questa miscela e poniamo tutto in un contenitore per l’altezza di 1 cm e mettiamo in frigo fin quando coaguli.

Gelatina di peperoni: facciamo bollire il centrifugato di peperoni, aggiungendo l’agar-agar ed il sale. In questa miscela sciogliamo la gelatina, poniamo tutto in un contenitore per l’altezza di 1 cm e mettiamo in frigorifero fin quando coaguli.

Per servire, tagliamo con uno stampino rotondo, del diametro di almeno 3 cm, tutte le gelatine, ottenendo così dei dischetti. Combiniamo, secondo il tricolore, separando con dei cetrioli tagliati a julienne. Mettiamo il sorbetto in una ciotolina che serviremo nello stesso piatto.

domenica, luglio 23, 2006

Attimi....

Le foto sono attimi, visto che gli attimi non sono altro che immagini della mente. Più che il guardare le fotografie che ho fatto, mi soddisfa la sensazione della cattura dell'attimo attraverso l'obiettivo fotografico. Forse perché mi da la possibilità di scegliere e di decidere. Qui e non più là, le nuvole e non il mare, le rovine e non i ben conservati palazzi neoclassici, il ciottolo e non l'ombrellone.
Più delle persone mi affascinano le immagini della natura. Non tradiscono mai.
Le fotografie hanno un ruolo consolatorio. Le cose cambiano, invecchiano, se ne vanno, si perdono... ma sono qui per tutto il tempo in cui si conserva la carta fotografica.
... e la vista dello spettatore si annebbia solo dall'emozione e non dall'impotenza.
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Monevasia... "Μονη Εμβασις", la sola ed unica entrata...
[Monevasia era il nome di un porto della Grecia del sud, punto di smistamento nel Medio Evo dei vini dolci del Mediterraneo (per tale motivo diede il suo nome alla Malvasia, un un vitigno molto antico, probabilmente di origine greca)].

lunedì, luglio 17, 2006

Il vecchio maestro della pasta kadaif

In una delle mie ultime “crociate” in Grecia sono giunta a Creta, più esattamente a Rethimno. In ogni mio viaggio sono due le cose che cerco ossessivamente... siti archeologici e maestri dei vecchi tempi dell’arte gastronomica. Questa volta sono stata davvero fortunata... poiché ho conosciuto il signor Georgios Xatziparasxos...
Una porticina ti guida in un laboratorio, ma anche in un’epoca passata, un mondo omai perduto... un mondo senza macchinari o facilitazioni, ove tutto si faceva a mano. Un mondo “mistagogico”, ove i segreti dell’arte si tramandavano dal maestro all’apprendista attraverso un lungo ed estenuante processo. Il signor Georgios mi ha accolto calorosamente e ha cominciato a raccontarmi la storia del suo laboratorio...
..."molti anni orsono il mio laboratorio faceva parte di un palazzo veneziano, nella vecchia città di Rethimno, ed è qua che da cinquant’anni mi cimento nella produzione di phyllo crusta e phyllo kadaif. Insisto ad esercitare la mia professione nello stesso modo in cui l’ho imparata molti anni fa, negando di facilitare la mia vita e di aumentare la produttività della mia piccola impresa. Così sono costretto a fare a gara con le grosse società che producono enormi quantità di phyillo in poco tempo. C’è bisogno del lavoro manuale di molti mesi per produrre la stessa quantità di phyllo che una grossa società produce in un giorno. Però, l’amore per ciò che faccio ha tenuto questo piccolo laboratorio vivo... I miei migliori clienti sono tutti coloro che ricercano l’originale e l’autentico...
Nonostante non mi sia mai adattato alle nuove tecnologie mi adeguo con rispetto alle necessità dei miei clienti. Così produco uno speciale tipo di pasta kadaif anallergico, poiché molti sono allergici alle noci e al miele."
La ricetta che segue è un tributo a questo maestro, che con la sua perseveranza ci insegna il valore dell’autentico ed il rispetto per l’originale e alla ricchissima flora delle montagne cretesi!
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Nidi di pasta kadaif con gamberi e panna acida
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Ingredienti per 10 nidi: 200 gr di pasta kadaif (capelli d'angelo), 20 gamberi, 200 ml di panna acida, 100 grammi di zucchine piccole, 1 porro, 1 rametto di melissa, 1 rametto di menta piperita, olio extravergine di oliva qualità Verdone (per sfruttare il suo profumo di oliva fresca ed il retrogusto amaro e piccante), un po’ di burro, un po’ di sale grosso ed un po’ di pepe nero macinato grosso e per la bollitura dei gamberi un po’ di aceto, una cipolla, una carota, 2 foglie di alloro.

Facciamo bollire i gamberi interi con aceto cipolla, carota ed alloro. Appena pronti li togliamo, li facciamo raffreddare e li puliamo. Facciamo marinare i gamberi in un po’ di olio verdone e panna acida ed aggiungiamo le erbe aromatiche (in caso di mancanza di queste erbette possiamo non metterle, ma far bollire i gamberi con della camomilla). Tagliamo a julienne le zucchine ed il porro. Quest’ultimo lo friggiamo in olio extravergine finché assume un colore dorato e diventa croccante. Lavoriamo con le mani la pasta kadaif a formare dei nidi circolari di 5 cm di diametro e 2 cm di altezza. Imburriamo una teglia, vi poniamo i nidi e li facciamo cuocere fin quando assumono un bel colore ambrato e diventano croccanti. Li togliamo dal forno e li cospargiamo con sale grosso e pepe macinato grosso. Serviamo i gamberi marinati sopra i nidi e guarniamo con le zucchine ed i porri fritti.

TIPS: La pasta kadaif si secca molto facilmente, per questo quando la lavoriamo dobbiamo conservarla in un panno umido.