venerdì, novembre 25, 2005

Tajine di pollo alle mele cotogne

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Le mele di Afrodite.
Sono passati 4.000 anni da quando le mele cotogne sono arrivate in Grecia dal Caucaso, attraverso l’Anatolia, per diventare subito uno dei frutti più amati.
Nell’antichità non si faceva distinzione tra mele e cotogne. Queste ultime erano i “pomi d’oro” della città di Kidonia (attuale Chania) nell'isola di Creta, da cui prende il nome in greco di kidonia. Quindi possiamo dedurre che i pomi d’oro delle Esperidi della fatica di Ercole, non erano altro che le cotogne. D’oro era anche la mela che Paride ha donato ad Afrodite e per questo la dea dell’amore e della bellezza viene rappresentata tenendo in mano questo frutto, che simbolizza la fedeltà nell’amore. Solone, infatti, aveva incluso questo frutto nelle sue leggi per la cerimonia nuziale, come simbolo di fedeltà.
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Tutte queste narrazioni oltre al fascino che le circonda dimostrano le relazioni profonde della tradizione culinaria greca con questo frutto. Uno dei piatti prediletti dell’Atene classica erano le mele cotogne ripiene al miele, cotte in forno con una crosta di pasta. Le caratteristiche più importanti di questo frutto sono il suo aroma molto fragrante (ed è per questo che nell’antica Roma lo si metteva nelle stanze o nella biancheria per profumarle) e la sua alta concentrazione in pictina (grazie alla quale è praticamente impossibile che la marmellata non si rapprenda).

Non si deve dimenticare, inoltre, che il nome marmellata deriva dalla parola “marmelo”, che in portoghese indica la mela cotogna. Del resto il modo più classico in cui vengono cucinate le cotogne è proprio la marmellata.
Oltre che in pasticceria questo frutto è un eccezionale ingrediente utilizzato in cucina per moltissime altre ricette, una di quelle più note in Grecia è con la carne di cinghiale, poi c’è quella con i porri e quella libanese in cui le cotogne sono ripiene di carne macinata.
Per la ricetta di oggi ho scelto di utilizzare il tajine. Tajine è un termine in uso in Marocco, Tunisia e Algeria per indicare lo stufato in genere, derivato dalla pentola usata per cuocerlo. Tajine indica, infatti, un recipiente marocchino in terracotta con un coperchio conico che si usa per cuocere lentamente stufati di carne. La struttura conica del coperchio impedisce l'evaporazione rendendo lo stufato morbidissimo e succosissimo.
La ricetta è semplice e sfugge dalle solite modalità di cottura. E’ un piatto che unisce culture diverse, la Nord Africana e la Greca, proposto in un corso di cucina che ho seguito a Salonicco.
Immagino che la maggior parte di noi non dispone di questo strumento di cucina, ma si può tranquillamente usare una pentola di coccio o un pirex. Comunque, vale la pena acquistare il tajne per cucinare al forno, specialmente se vi piacciono i sapori delicati.
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Ingredienti: 1 pollo bollito e tagliato in otto pezzi, 3 cipolle di media grandezza, 6 cucchiai di burro, 2 grosse mele cotogne (abbastanza mature), 200 ml di brodo di pollo, 1 presa di paprica dolce, 1 presa di polvere di zenzero, sale, pepe e 2 ciuffi di prezzemolo (alla ricetta base ho aggiunto datteri ed albicocche secche).

Mettete i pezzi di pollo in una casseruola con 3 cucchiai di burro e fateli rosolare bene, aggiungete la cipolla tagliata finemente, la paprica, lo zenzero il prezzemolo, il sale e il pepe e mescolate. Dopo qualche minuto aggiungiete il brodo e lasciate bollire a fuoco medio per mezz’ora circa.
Nel frattempo pulite le cotogne e tagliatele in otto pezzi. Saltatele con il resto del burro a fuoco alto, finché non prendano un colore dorato. Versate pollo e cotogne nel tajne e mettete in forno preriscaldato per circa mezz’ora a 220°. Il piatto va servito caldo.

venerdì, novembre 18, 2005

MOUSSAKAS... piatto dell'Egeo

Archestratos, che nel 330 a.C. scrisse il primo libro di cucina della storia, diceva che “la cucina è esempio di civiltà”...e nessun piatto meglio del moussakas conferma questa frase! La cucina dell’Egeo, infatti, è un vero caleidoscopio di ricette e tradizioni con tante sfaccettature, quante le civiltà che vi hanno vissuto.
L’influenza della cucina turca su quella greca ha la sua massima espressione in questo piatto.
Le ricette di cucina non sono dei manoscritti divini. Sono solo delle note su un pentagramma, che in nessun modo possono dare una spiegazione del modo con cui John Coltrane ha suonato la canzone "My favourite thinghs" o Jimi Hendrix e Roy Buchanan hanno suonato "Hey Joe". Anche se costoro avessero avuto tra le mani le stesse partiture, infatti, le avrebbero interpretate ognuno in maniera differente! Per questa stessa ragione non esiste un solo moussakas, ma ne esistono tanti quanti sono i cuochi... forse anche di più visto che ognuno non la “interpreta” una sola volta. Solo io ne ho contate una trentina! Quello turco, quello siriano, libanese, greco... che a sua volta conta tante varianti quante sono le sue regioni: quello del Ponto con il riso, quello dell’Epiro con i porri, quello del Pelopponeso con i maccheroni ed una glassatura a base di yogurt e rosso d’uovo, quello di Smirne fatto con tre tipi di carne macinata diversa ed una glassatura di purè, formaggio e burro di pecora e quello del Dodecaneso con i carciofi....
La parola moussakas deriva dal persiano “maguma”, che è un piatto a strati di melanzane, cipolle e carne di agnello tagliata a fettine sottili. In arabo moussaka vuol dire “piatto freddo”, mentre in Libano “pasto a strati”, in quanto così è chiamato un piatto fatto a strati con melanzane, salsa di pomodoro ed uva passa.
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Musakka... ovvero il moussakas turco.
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I turchi preparano il piatto con melanzane e carne macinata, lo chiamano nello stesso modo anche quando utilizzano le zucchine. La ricetta che segue è originaria di Smirne e cambia un pochino in quanto contiene anche ceci. A Smirne c’è l’abitudine di mangiarlo un po’ umido, ma è molto più saporito quando la cottura è tale che resta solo l’olio.
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Ingredienti: 1 Kg di melanzane, 300 gr di carne macinata di agnello o vitello, 1 cipolla media tagliata finemente, 3 cucchiai di burro o di olio di semi, 1 ciuffo di prezzemolo finemente tritato, 1 tazza e mezzo di ceci bolliti, 2 grossi pomodori a pezzetti, 1 cucchiaio di cumino, 1 cucchiaino di cannella, 1 cucchiaio di pimento* (oppure pepe e 1 o 2 chiodi di garofano).
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Sbucciamo le melanzane e le tagliamo longitudinalmente e le mettiamo in acqua fredda salata. In una padella facciamo appassire la cipolla e poi aggiungiamo la carne macinata e facciamo soffriggere finché sarà evaporata l’acqua. Aggiungiamo il pomodoro, i ceci, il prezzemolo e le spezie. In un altra padella friggiamo in olio extravergine di oliva le melanzane e le lasciamo scolare su carta assorbente. In una pentola mettiamo le melanzane in un unico strato, vi versiamo sopra la carne macinata e lasciamo cuocere per 10-15 minuti, finché tutto il sughetto non si sarà ritirato e le melanzane ammorbidite. Si serve tiepido.
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*Il pimento, è il frutto di un albero sempreverde originario delle Indie Occidentali, che si presenta sotto forma di bacche, leggermente più grosse di quelle del pepe, che vengono macinate quando non hanno raggiunto ancora la piena maturazione; il gusto e l'odore del pimento ricordano molto quello dei chiodi di garofano e per questo è noto anche come pepe garofanato.
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Il Moussakas greco.
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Nel suo viaggio dall’Oriente all’Occidente il piatto ha perso alcuni dei suoi ingredienti e si è arricchito di altri. Ha perso, ad esempio, i ceci e si è arricchito delle patate (questo tubero del “Nuovo Mondo” non è riuscito a penetrare in modo assoluto nella cucina mediorientale) e della besciamella, che è stata aggiunta da un cuoco di un sultano, cresciuto in Francia. La carne macinata, inoltre, non è di agnello ma di vitello. Nella ricetta che propongo, tuttavia, mancano le patate, che sono dominanti nel moussakas proposto nelle località turistiche, per il fatto “che dona volume e fa risparmiare”.
Il moussakas originale prevede l'uso della besciamella; oltre a darvi la ricetta di quella classica, ve ne do anche una versione light, fatta con yogurt.
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Ingredienti base: 1 Kg di melanzane, 1/ bicchiere di olio extravergine di oliva, 200 gr di cipolle, 600 gr di polpa di pomodoro, 800 gr di carne macinata di vitello, 1 bicchiere di vino bianco, 1 cucchiaio di zucchero, 1/2 cucchiaino di cannella, 1/2 cucchiaino di pepe nero, un pizzico di noce moscata, 1 cucchiaio di origano, 1 ciuffo di prezzemolo, 1 uovo, 100 gr di graviéra grattugiata, sale.
Ingredienti per la besciamella classica: 1 l di latte, 80 gr di burro, 80 gr di farina, 1 pizzico di noce moscata, sale.
Ingredienti per la besciamella light: 1/2 Kg di yogurt, 3 uova battute, 1 cucchiaino di farina, sale, pepe e noce mascata.
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Tagliate le melanzane a fette, lasciatele in acqua salata per mezz'ora circa, scolatele ed asciugatele bene. In una padella antiaderente scaldate 3 o 4 cucchiai di olio e friggete le melanzane, facendole dorare da entrambe i lati; fatele sgocciolare su carta assorbente. Sbucciate e tritate finemente le cipolle, fatela soffriggere leggermente con l'olio in una pentola profonda. Unite la carne e cuocete per 10-15 minuti; quindi aggiungete il vino bianco; quando sarà quasi del tutto evaporato aggiungete il pomodoro, lo zucchero, le spezie ed il sale e fate cuocere finché il sugo si sarà ritirato e lasciate raffreddare.
Preparate la besciamella: fate sciogliere il burro in una pentola, unitevi la farina; fate cuocere per qualche minuto e lasciate intiepidire. Fate bollire il latte a parte e poi versatelo piano piano nel roux che avevate preparato, girando con una frusta. Rimettete il tutto sul fuoco e continuando a mescolare unitevi il sale e la noce moscata; lasciate cuocere ancora per qualche minuto, spegnete e lasciate raffreddare mescolando di tanto in tanto, per evitare che si formi la crosta.
La versione light si prepara semplicemente mescolando insieme lo yogurt con le uova, la farina, il sale, il pepe e la noce moscata.
Unite alla carne, che si è freddata, il formaggio grattugiato e l'uovo. Ungete una teglia rettangolare, con i bordi alti e cospargetela di pangrattatto, fate uno strato di melanzane, uno strato di carne, ancora uno strato di melanzane e carne; versatevi sopra la besciamella (classica o light) ed infornate in forno preriscaldato a 180° per circa un'ora.
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Il vino ideale è un rosso forte con un certo grado di freschezza e tanninicità, come il Rapsani prodotto sulle colline ai piedi del monte Olimpo o un Dolcetto d’Alba, perfetti per contrastare l’untuosità e la grassezza di questo piatto indubbiamente molto saporito.
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martedì, novembre 15, 2005

Tzatziki..... e variazioni sul tema!

“Aρχή και ρίζα παντός αγαθού η της γάστρος ηδονή”
L'inizio e la radice di ogni bene è la voluttà dello stomaco
Epicuro
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Orektika (Appetizers)
La cucina greca è così ricca in sapori e scelte che si corre il pericolo di iniziare e finire un pasto solo con gli antipasti. Il pasto tradizionale in una taverna greca è composto quasi sempre da antipasti, che accompagnano i piatti principali o sono accompagnati da ouzo. In quest’ultimo caso gli antipasti prendono il nome di mezèdes, che è una parola turca.
Gli antipasti possono essere freddi o caldi. Quelli caldi, nella maggior parte delle taverne, sono fritti o grigliati e di solito serviti in piatti piccoli. Tipici antipasti caldi sono, ad esempio, le zucchine, i peperoni e le melanzane fritti, oppure diversi tipi di piccoli pesci azzurri, anch'essi fritti o grigliati. Quelli freddi sono, ad esempio, la melinzanosalada (insalata di melanzane), la taramosalada (insalata di uova di pesce), la skordalià (insalata di patate ed aglio), la tirosalada (insalata di formaggio) ed il più famoso in assoluto, lo tzatziki. Tutte sono salsine cremose, spalmabili sul pane e per questo chiamate anche αλοιφές (pomate).
L’origine dello tzatziki si perde nei secoli nelle lontane terre d’oriente. E’ molto difficile storicamente risalire con precisione ai suoi inventori. Si sa però che in estate c’era l’abitudine, nei popoli di quelle zone, di rinfrescarsi mescolando, in un vaso, yogurt con acqua, pezzi di aglio e pane.
La sua versatilità fa sì che possa essere servito come antipasto o come insalata per il piatto principale o semplicemente come snack, spalmato su una fetta di pane.
Nonostante la maggior parte della gente conosca un solo tipo di tzatziki (Tzatziki smirneico), che è quello più tipico, ne esistono molte varietà.
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Tzatziki smirneico
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Ingredienti: ½ Kg di yogurt stranghistò, che si ottiene versando lo yogurt in un panno di cotone e lasciandolo scolare per circa mezz’ora (vale la pena eseguire questo procedimento in quanto lo yogurt così ottenuto è più saporito e denso), 2 piccoli cetrioli, da 2 a 5 spicchi di aglio (a seconda dei gusti), 2 cucchiai di olio extra vergine di oliva, 2 cucchiai di aceto bianco, 1 rametto di aneto fresco.
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Si priva della buccia uno dei due cetrioli e si tagliano entrambe a pezzettini e si strizzano, per evitare che il nostro tzatziki risulti liquido. Si sminuzzano gli spicchi di aglio e si mescolano, insieme ai cetrioli, in una ciotola contenente lo yogurt. Si aggiunge l’olio, il sale, l’aceto e, se si vuole, 4 o 5 gocce di succo di limone. Si lascia riposare in frigorifero per qualche ora, in modo che si insaporisca. Va servito in piccoli piatti e guarnito con un’oliva al centro, dell’olio extravergine ed un rametto di aneto.
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Tatziki filoridi o ampelakiotiko (ovvero... con carote)
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Durante la preparazione del nostro tzatziki classico, aggiungiamo delle carote tagliate a piccole julianne. E’ perfetto! In questo caso potete utilizzare al posto dei cetrioli il torsolo della lattuga.
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Tzatziki invernale
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Ingredienti: ½ Kg di yogurt stranghistò, una carota, da 2 a 5 spicchi di aglio, 1 cucchiaio di mostarda piccante, 2 cucchiai di olio extravergine di oliva, una presa di sale.

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Tagliamo le carote a piccole julianne. Schiacciamo o sminuzziamo l’aglio. Aggiungiamo tutto nella ciotola con lo yogurt. Mescoliamo e aggiungiamo la mostarda, l’olio ed il sale. Lasciamo riposare per qualche ora in frigorifero.
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Lo taztziki è un ottimo accompagnatore per le costolette di agnello alla griglia e per il pesce al forno o alla griglia!
E' perfetto con ouzo o con la retsina (il vino bianco dell'Attica al sapore forte di resina), ma anche con un vino bianco secco, leggero come il Cotes de Meliton.
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giovedì, novembre 10, 2005

Pudding di petto di pollo

Πολίτικη Κουζίνα…. ovvero “Un tocco di zenzero”
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Oggi vorrei proporre un dolce della “Πολίτικη Κουζίνα”, che non è la “cucina politica” erroneamente tradotta da alcuni, ma la cucina della Πόλιν, cioè Costantinopoli (Istanbul), anzi per la precisione dei greci di Istanbul! Per i greci, infatti, la città per eccellenza, in quanto sede centrale dell’ortodossia e cuore di tutti i cristiani ortodossi, era Costantinopoli (Κωνσταντινούπολη), che loro chiamavano Πόλιν, esattamente come per i romani Roma era l’Urbe (la Città con la lettera maiuscola in quanto città per antonomasia).
Costantinopoli è dopo Roma la città storica più conosciuta. L’attuale città è fondata su quella più antica di Bisanzio, che prende nome dal suo fondatore Bizante di Megera (667 a.C.).
La parola greca Βυζ-άντιον etimologicamente deriva dal verbo βύω che significa colmo, usato in questo caso per l’abbondante produzione di grano, dovuta alla vicinanza con il Mar Nero. Fin dall’antichità la sua locazione ha fatto sì che diventasse un crocevia di civiltà e commercio.

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Costantinopoli è stata fondata da Costantino il Grande (da cui il nome Κωνσταντινούπολη, ossia città di Costantino) nel 324 d.C., diventata subito la nuova capitale dell’impero romano, con il nome di Nuova Roma. La città sorgeva, infatti, proprio come Roma su sette colli!
E’ stata la capitale di tre imperi consecutivi: Romano, Bizantino e Ottomano. L’incontro di queste tre civiltà ha dato vita al coacervo che è oggi l’attuale città di Istanbul.
Oggigiorno, infatti, è conosciuta nel mondo con questo nome, che deriva dalla trasformazione fonetica della frase greca "Εις την Πόλιν" (is-tin-poli) è Is-tun-bul, che significa “verso la città”. Quando l’armata ottomana marciava verso Costantinopoli, gridava appunto la frase Εις την Πόλιν!


La ricetta di oggi è una rivisitazione, in occasione del film Πολίτικη Κουζίνα, del dolce Tavuk Gogsu dell’amico Stelios Parliaros, il più importante chef pasticciere della Grecia, nato proprio a Costantinopoli.


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Pudding di petto di pollo

E’ un dolce a base di latte, famoso nella sua patria perché contiene petto di pollo. Ovviamente l’elaborazione del petto e la presenza della crema hanno come risultato un dolce vero e proprio! Cercando le sue radici arriviamo agli scritti di Apicio, per il quale era un dolce delle popolazioni medio orientali. Caramellando una delle due parti del Tavuk Gogsu, si ottiene un altro dolce chiamato Kazandibi, che si trova facilmente oltre che in Turchia, in tutta la Grecia del Nord!


Ingredienti: 1,4 litri di latte – 300 gr di zucchero – 100 gr di farina di patate – 180 gr di farina di riso – 1 presa di sale – 1 petto di pollo freschissimo – cannella.

Facciamo bollire il petto molto bene, finché non diviene morbido. Poi lo tagliamo in sottili listelli e li schiacciamo con il palmo della mano fino a renderli ancora più sottili. Li laviamo più volte. In una pentola versiamo il latte, lo zucchero ed il sale e portiamo ad ebollizione. In una ciotola mettiamo la farina di riso e quella di patate e ci aggiungiamo un mestolo del latte che sta bollendo, mescolando finché non ci siano grumi e poi riversiamo tutto nella pentola del latte. Mescoliamo continuamente fino a quando il composto non risulti omogeneo. Abbassiamo il fuoco e prendiamo 4 o 5 cucchiaiate di crema e li mettiamo sulle striscioline di pollo, mescoliamo e riversiamo nella pentola, continuiamo a mescolare a fuoco basso, finché la crema diventi molto elastica. Alla fine mettiamo il composto in una teglia rettangolare, spandendola fino ad uno spessore di 2-3 cm. La lasciamo raffreddare molto bene. La tagliamo in quadrati di 10 cm e con l’aiuto di una spatola li arrotoliamo. Cospargiamo di cannella e serviamo!

Se passate da Atene non dimenticate di fare un salto in una delle pasticcerie Fresh di Stelios Parliaros: 162 Kifisias Av., Psyhico (tel. 210- 6753802), 359 Kifisias Av, Erithrea, (tel. 210-8000072, 210-8085985), K.Varnali St., Halandri, (tel. 210-6896240), 12 Kriezotou St., Kolonaki (tel. 210-3625003).

venerdì, novembre 04, 2005

Zanzarelli....

...ovvero una versione medievale della moderna stracciatella!
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Per molto tempo è stata opinione comune che la cucina medievale fosse rozza e monotona, ma non era così! Era, al contrario, una cucina alla continua ricerca di sapori, colori e abbinamenti decisamente raffinati. Era soggetta ad alcune costrizioni religiose, scandite dal calendario liturgico, che imponeva l'alternanza di menù grassi a quelli magri. Durante la Quaresima si imponeva l'astensione dalla carne come pure durante i giorni di vigilia, facendo nascere una cucina fondata su prodotti magri ed altri sostitutivi, come il latte di mandorla utilizzato al posto di quello naturale.
Altra caratteristica di questa cucina è l'abbondante uso di spezie, dovuto all'influenza della cucina araba ed orientale. Quelle più utilizzate erano zafferano, zenzero, cannella, cumino, pepe e chiodi di garofano, che non erano però prodotti alla portata di tutti, e per tale motivo il loro utilizzo era segno di agiatezza e quindi di distinzione sociale (a tutt'oggi l'uso di espressioni come "pepato" o "salato", per riferirsi a prezzi molto alti, sono espressioni che trovano la loro origine proprio in questo fatto). L'alternanza delle pietanze non era regolata come nella nostra moderna concezione di pasto (primo, secondo, contorno, dolce), ma sulle tavole potevano trovarsi tranquillamente dei piatti dolci alternati a quelli salati (sulle tavole dei poveri erano spesso presenti piatti unici). La gastronomia antica apprezzava molto il gusto agrodolce, ottenuto dall'accostamento di alimenti zuccherini all'aceto o all'agresto (succo acido dell'uva acerba ), fino all'uso di succhi di agrumi e di melograno.
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Questa ricetta è tratta dal ricettario di Mastro Martino, uno dei cuochi più famosi del XV secolo, "de Arte Coquinaria", uno dei capisaldi della letteratura gastronomica europea, che illustra il passaggio dalla cucina dell’alto Medioevo a quella rinascimentale.
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"Per farne dece menestre: togli octo ova et meza libra de caso grattugiato, et pane grattato, et mescola ogni cosa inseme. Dapoi togli una pignatta con brodo di carne giallo di zafrano et ponila al focho; et como comincia a bollire getta dentro quella materia, et dagli una volta con cocchiaro. Et como te pare che sia presa toglila dal focho, et fa le menestre, et mittivi de le spetie di sopra." ( Per fare dieci piatti: prendi otto uova, mezza libbra di formaggio grattugiato e del pangrattato, e mescola insieme ogni cosa. Prendi poi una pentola di brodo di carne fatto diventare giallo con lo zafferano e mettila sul fuoco; e non appena comincia a bollire, gettavi dentro il composto e rimesta una volta col cucchiaio. E quando ti sembra rappreso, toglilo dal fuoco, fai le porzioni e spolvera con le spezie. )
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Ingredienti: 2 litri di brodo di pollo, 8 uova, 200 g parmigiano, 80 g di pangrattato, alcuni pistilli di zafferano, e per ogni piatto di minetra 1/2 cucchiaino di noce moscata e cardamomo, 1/8 di cucchiaino di pepe nero e cannella (si intende spezie in polvere).
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Mettete lo zafferano in infusione nel brodo caldo per almeno 10 minuti. Riportare il brodo a bollore. Nel frattempo mescolate il parmigiano e il pangrattato alle uova sbattute fino a ottenere un impasto omogeneo. Versate l'impasto nel brodo e mescolate energicamente ed aspettare che ricominci a bollire, lasciando poi cuocere finche la parte solida e la liquida non si separino. Si servono le spezie a parte, che ognuno può spolverare a piacere sul proprio piatto.
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Per questa antica minestra niente di meglio che un vino laziale come il Villa Tulino Rosso!

mercoledì, novembre 02, 2005

Gigantes sto fourno (fagioli giganti al forno)

Oggi vorrei proporre un'altro piatto, non italiano ma della cucina greca, povero, semplice e ricco di sapore...
Il segreto di questo piatto sta nella qualità eccezionale dei fagioli utilizzati, una varietà di bianchi giganti Dop, dal gusto delicato, che sono prodotti nella zona del parco naturale dei laghi di Prespa .
La cucina greca è un caleidoscopio di ricette e tradizioni, con numerosi aspetti che si rispecchiano nelle diverse zone del Paese. Come è comprensibile, alla formazione della cucina locale hanno un ruolo fondamentale le abitudini locali, come pure la ricchezza naturale di ogni zona, il clima ma anche le incidenze assimilate da altri popoli e tradizioni. La cucina ellenica è stata influenzata direttamente da quella turca, ma anche da quella veneziana, in particolare nelle isole dello Ionio.
Se la leggenda ha un fondamento di verità, la Grecia ha donato al mondo occidentale ed ai suoi cuochi la loro insegna distintiva: durante il Medioevo, i cuochi dei monasteri greci indossavano alti cappeli bianchi per distinguersi dai monaci, che li portavano neri. Da qui il famoso cappello da chef...
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Ingredienti: 600 gr di fagioli giganti bianchi secchi, 2 cipolle medie, 4 carote, 1 gambo di sedano, 1 bicchiere di salsa di pomodoro, 1 cucchiaio di origano, 2 cucchiai di paprica dolce, 1 pizzico di peperoncino tritato, 3-4 foglie di alloro, sale, 1/2 bicchiere di olio extravergine di oliva.
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Lasciare i fagioli in ammollo per almeno 12-13 ore ( in acqua tiepida perché hanno bucce dure). In una pentola di coccio fate soffriggere l'olio e la cipolla tagliata a fettine sottili, quindi aggiungete la carota tagliata a rondelle di 2 cm ed il sedano a fettine, lasciate appassire ed aggiungete la salsa di pomodoro. Lasciate cuocere per qualche minuto e versate i fagioli e l'acqua necessaria a ricoprirli abbondantemente. Portate ad ebollizione ed unitevi tutte le spezie. Lasciate cuocere a fuoco molto basso per almeno 2 ore e mezzo, aggiungendo dell'acqua calda mano mano che questa evapora (i fagioli devono essere sempre ricoperti di salsa).
Versate poi il tutto in una teglia e mettete in forno preriscaldato a 200° e lasciate stufare finché non si sarà formata in superficie una bella crosticina.
Questo può essere considerato un piatto unico, che potete servire insieme a della feta condita con origano ed olio extravergine.
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Accompagnate il tutto con un bicchiere di Merlot o Syrah!

martedì, novembre 01, 2005

Castagnaccio della "bottega de zio"

L’uso della parola “castagnaccio” sembra risalga al 1449 (l'etimologia della parola è semplice: deriva dall'aggettivo castaniaceus del latino medievale), ma le origini del dolce, semplicissimo, povero e nutriente, fatto all’inizio soltanto di farina di castagne e acqua, sono sicuramente assai più lontane nel tempo.
Questo dolce, sembrerebbe tipico della Toscana, ma è diffuso un po’ dappertutto e con molte varianti territoriali, anche nel nome (“migliaccio”, se fatto con farina di marroni, ma anche “pattona”...).
Il castagnaccio è stato accolto e valorizzato dai romani in modo eccellente, probabilmente per via della grossa produzione di castagne nella nostra regione laziale, così che il dolce, romanizzato, è stato ribattezzato con il nome al femminile "castagnaccia".
A Roma, nel quartiere Testaccio, esisteva l'indimenticabile "bottega de zio", dove si vendeva solo "castagnaccia" al taglio. Quando era l'ora della "sfornata" nessuno si tratteneva e si faceva la fila per quattro soldi di torta alla farina di castagne, umile, semplice, ma tanto buona. Ma a Testaccio c'era anche un'altro "gnaccino" famoso, Napoleone, che con il suo carrettino stracarico di leccornie di ogni genere e dell'immancabile teglia di cstagnaccia, aspettava i ragazzi davanti alle scuole e gli offriva una "fetta de gnaccia calla calla".
Mi piace rammentare, inoltre, che la superstizione attribuiva al rosmarino un significato amoroso. Si credeva che se un giovane avesse mangiato “la gnaccia” col rosmarino offertagli da una ragazza, se ne sarebbe innamorato e l’avrebbe chiesta in sposa...
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Ingredienti: g 30 di uvetta (fatta rinvenire in acqua tiepida), g 30 di pinoli, g 300 di farina dolce di castagne, 1 pizzico di sale, 1 manciata di foglie di rosmarino, acqua q.b.
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In una terrina miscelare la farina di castagne con il sale e lo zucchero. Impastate con l'acqua necessaria ad ottenere un impasto né denso né liquido. Aggiungete i pinoli, l'uvetta ben strizzata e le foglie di rosmarino, ed impastateli al composto. Ungere con olio di oliva una teglia larga e bassa e versate l'impasto con uno spessore di circa 2 cm. Irrorate con un filo d'olio d'oliva e cuocete in forno preriscaldato a 180° per 30 minuti (la superficie scura del castagnaccio deve fare delle screpolature).
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.... a zì, la giunta, mettece la giunta!