domenica, maggio 28, 2006

L'incredibile impresa di una lumaca coraggiosa

Per questo periodo estivo ho deciso di postare ogni Domenica delle foto che cercheranno di portare un po' di brezza... ed un po' di refrigerio alla calura dell'estate che avanza, con la speranza che ci possano far riflettere.

Come se volesse colmare il divario dell'evoluzione, un'umile lumaca ci da lezione di coraggio e di grandezza naturale!


"Dal sogno di cambiare il mondo, all'inerzia di tovare un equilibrio sul mondo che mi si da"

mercoledì, maggio 24, 2006

Souvlaki con dip di yogurt e miele

Sulla scia del post precedente... e a causa delle scadenze che mi rincorrono... posto semplicemente la ricetta senza i "dovuti" approfondimenti!
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Ingredienti per il souvlaki: 1,2 kg di lombata di maiale tagliata a cubi, 100 gr di miele di timo, 50 ml di aceto di vino rosso, 50 ml di olio extravergine di oliva, 10 gr di cumino, sale, origano e pepe macinato fresco.
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Ingredienti per il dip: 150 gr di yogurt stranghistò, 150 gr di yogurt di pecora, mezzo spicchio di aglio, 50 gr di miele di timo, sale.
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Mescoliamo insieme il miele, l'aceto, l'olio ed il cumino e vi facciamo marinare per tre ore la carne. Dopo infilziamo i cubetti in dodici spiedini (100 gr ognuno). Saliamo e facciamo cuocere su grill o sulla brace. Due minuti prima di toglierli dal fuoco li cospargiamo di origano.
Per preparare il dip, invece, facciamo mescolare nel mixer tutti gli ingredienti.
Vanno serviti in piccole ciotole.

martedì, maggio 16, 2006

Yogurt… l’unico cibo vivente!

E’ uno dei cibi più antichi che l’umanità conosca, che è stato l’alimento base dell’Europa sud-orientale, del Medio Oriente e dell’Asia centrale per millenni di anni. Il nome deriva dalla lingua dei Traci: dalla parola composta Γιαουρτι (Για = spesso e Ουρτι= latte).
I riferimenti allo yogurt abbondano negli scritti dei faraoni egiziani e sappiamo che era amato particolarmente dagli israeliti, chiamato dal loro “padre” Mosè “dono di Dio”.
I Greci antichi lo chiamavano Υγειαρτος (ygiartos), ovvero “cibo della salute” e conoscevano già le sue particolari proprietà. Lo storico Erodoto, che visse nel V sec. a.C., lo esalta, come pure il famoso medico del I sec. a.C. Galeno, che elenca le sue proprietà soffermandosi sulle sue azioni catartiche per l’intestino.
Lo yogurt era conosciuto anche dai romani, che lo chiamavano “il medicinale prezioso”. Il console Plinio, che visse nel I sec. d.C. era uno dei suoi consumatori più entusiasti.
Lo yogurt era stimato anche nel mondo arabo medievale. Un libro scientifico, che vide la luce a Damasco nel 633, inneggiava alle sue proprietà terapeutiche.
Senza dubbio, lo yogurt fu scoperto prima che gli uomini potessero scrivere su di esso ed è molto probabile che la sua scoperta sia stata casuale. In generale si crede che sia stato scoperto per la prima volta in Medio Oriente, in qualche luogo dell’attuale Turchia o forse della vicina Persia. Ci sono anche molte teorie su come sia stato prodotto per la prima volta, una di queste colloca l’inizio di questo evento nel Neolitico (circa 10.000 a.C.), quando l’uomo imparò a mungere gli animali. Un recipiente di coccio pieno di latte che probabilmente per caso era rimasto al caldo per alcune ore, in qualche angolo, si trasformò nel primo vaso di yogurt. La combinazione del clima caldo del Medio Oriente con la mancanza di condizioni igieniche offrirono un ambiente fertile affinché i bacilli dello yogurt potessero sopravvivere e moltiplicarsi in modo naturale.
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Qualunque fossero state le occasioni e le condizioni della sua scoperta, presto si constatò che lo yogurt, oltre ad avere un piacevole sapore era un modo stupendo per conservare il latte. E’ probabile che i primi pastori abbiano imparato a far bollire il latte e a conservarlo caldo, coprendolo forse con la pelliccia degli animali, diventando in tal modo l’elemento basilare della loro dieta.

Si crede che il suo utilizzo si fosse diffuso dal Medio Oriente alle regioni più lontane, con lo sviluppo del commercio e con le guerre. Un’invasione persiana avrebbe, infatti, introdotto questo alimento in India, che divenne velocemente molto ricercato.

Nel VII sec. d.C. i bulgari, nomadi asiatici, si insediarono nei Balcani portando con sé lo yogurt. L’enorme esercito del mongolo Gengis Khan utilizzava lo yogurt per conservare la carne e si cibava esclusivamente di questi.

L’introduzione dello yogurt nell’Europa occidentale avvenne nel XVI secolo. Il re francese Francesco I, che soffriva di depressione e disturbi gastroenterici, ritrovò la sua salute grazie ad un curatore costantinopolita (per alcuni ebreo e per altri armeno), che arrivò a piedi assieme ad un gregge di pecore e capre. L’inusuale medico curò il monarca dandogli proprio dello yogurt. Sembra che da questo evento derivasse il nome che i francesi hanno dato allo yogurt: “il latte della vita eterna”. In realtà questo alimento era conosciuto nei monasteri dell’Europa occidentale già prima del XVI secolo, ma non era condiviso con la gente comune.

Nonostante tutto lo yogurt nell’Occidente era poco conosciuto fino al 1920-30. La preparazione del “terreno” alla sua produzione commerciale ebbe inizio grazie al famoso batteriologo francese di origine russa Dr. Elia Metchnikoff (1844-1916), direttore dell’istituto Pasteur di Parigi, premiato con il Nobel per la medicina nel 1908. Le ricerche di Metchnikoff sull’invecchiamento precoce lo guidarono, infatti, allo studio delle abitudini alimentari dei bulgari, che all’inizio del XX secolo erano tra i popoli più poveri al mondo, ma la cui vita media, in base ai rapporti dell’epoca era di 87 anni, contro i 48 degli statunitensi. Inoltre, la Bulgaria superava di molto le altre nazioni per il numero di centenari rispetto al numero degli abitanti. Nonostante nella loro dieta mancassero certi cibi, fondamentali dal punto di vista nutrizionale, gli abitanti di questo povero paese agricolo “recuperavano” consumando grosse quantità di yogurt, associato a verdure, noci ed aglio.

Le osservazioni di Metchnikoff riguardo la vita dei bulgari lo condussero alla conclusione che la loro forza e longevità era dovuta allo yogurt. Nel suo laboratorio riuscì ad isolare due tipi di bacilli, responsabili della trasformazione del latte in yogurt, rendendo così possibile la produzione a scopi commerciali. Inoltre, le sue scoperte hanno preparato la strada alla probiotica, i cui seguaci sostengono che un cucchiaio di yogurt può sostituire molti farmaci.

Con il passare dei secoli, gli hanno attribuito un numero considerevole di caratteristiche benefiche. Si dice ad esempio che allunghi la vita, che curi una serie di patologie gastroenteriche e cutanee, che faccia rilassare curando lo stress e che aumenti le prestazioni sessuali. La medicina attuale ha dimostrato alcune di queste considerazioni vere ed altre false. Dopo la scoperta degli antibiotici e dei suoi effetti collaterali, si è visto che mangiando dello yogurt si rifornisce l’intestino degli utilissimi lactobacilli, distrutti appunto dalla loro assunzione, in quanto questi non uccidono solo i microbi patogeni ma anche la flora batterica benefica. Lo yogurt, come il latte, manca di certi elementi nutritivi fondamentali e non può essere considerato un alimento completo, ma solo uno degli ingredienti di una dieta equilibrata. Questa sua importanza è stata riconosciuta agli inizi del secolo scorso anche dal politico indiano e capo spirituale Mahatma Gandhi, che ha cercato di migliorare le pessime condizioni dovute alla sottonutrizione e alla fame della grande maggioranza del popolo della sua terra. Nel suo libro “Riforma alimentare”, indica i modi con cui i poveri potevano migliorare il livello di nutrizione e di salute. Tra i cibi che consigliava vivamente c’era anche lo yogurt, alle cui proprietà dedicò un intero saggio.

Una delle caratteristiche principali dello yogurt è la sua facile digeribilità, proprietà che lo rese desiderato ed amato dalle persone con lo stomaco sensibile ed ai malati. Si è dimostrato che il lattosio, lo zucchero contenuto nel latte, non può essere digerito da certe persone. Quando però il latte diviene acido, il lattosio subisce una trasformazione chimica e viene mangiato sottoforma di yogurt senza alcun disturbo. In condizioni normali ci vogliono quattro ore per digerire il latte, mentre ci vuole solo un’ora per lo yogurt. Quindi lo yogurt non è altro che il latte coagulato e fermentato da due batteri “buoni”, che compiono questo miracolo silenziosamente. Infatti, la coagulazione è dovuta all’azione del Lactobacillus bulgaricus, mentre lo Streptococcus thermophilus determina la coagulazione del lattosio e lo trasforma in acido lattico. Questo acido debole trasforma la proteina del latte (caseina) in yogurt e agisce come conservante. Certe volte è presente anche il Lactobacillus acidophilus.

In base al tipo di latte utilizzato e all’alimentazione dell’animale, cambia il sapore e la composizione dello yogurt. Ad esempio, quello fatto con il latte di bufala è più ricco e più dolce rispetto a quello di latte di mucca. Quello fatto con latte di capra e di giumenta contiene una quantità di grassi superiore a quello fatto con latte di mucca. Mentre il latte di cammello non contiene affatto grassi.

Ho scelto questo alimento “divino” come ingrediente principale per le ricette che propongo e vorrei condividere con voi certi consigli per l’utilizzo dello yogurt in cucina. Lo yogurt va conservato in frigorifero e mai nel freezer, perché con le basse temperature vengono uccisi i suoi bacilli. Prima di scaldarlo, fategli assumere la temperatura dell’ambiente. Quando cucinate qualche pietanza, dovete preferire le temperature basse e la cottura veloce. Quando possibile, aggiungete lo yogurt verso la fine della cottura, poco prima di togliere il cibo dal fuoco, per evitare che impazzisca e si caseifichi. Se però, deve essere aggiunto fin dall’inizio, bisogna “consolidarlo” (mettendo degli stabilizzatori come l’albume o il cornflower). Quando lo utilizzate per il pane, le torte o i dolci questo passo non è necessario, in quanto la ricetta contiene già farina. Quando lo cucinate, vi dovete ricordare che, se la temperatura non viene mantenuta sotto i 45°, i bacilli muoiono e i cibi manterranno il suo profumo ed odore unico, ma le sue proprietà mediche verranno distrutte.

Agnello al forno con lo yogurt

Ingredienti: 3 kg di coscia di agnello disossato e tagliato a dadi, 3 grosse cipolle tagliate finemente, 20 semi di cardamomo, un po’ di origano fresco, 200 ml di olio di oliva, 1 cucchiaio di brodo vegetale, il succo di 2 lime, sale e pepe, 3 vasetti di yogurt stranghistò mescolato con del brodo delle ossa.
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Facciamo bollire le ossa che abbiamo tolto dalla coscia dell’agnello con dell’acqua per 30 minuti.
Soffriggiamo la cipolla con l’olio a fuoco basso finché non si ammorbidisca. Aggiungiamo la carne, il cardamomo, l’origano, il sale, il pepe, il succo dei lime, il brodo vegetale ed un po’ di quello delle ossa e continuiamo a cuocere a fuoco basso.
Poniamo la carne in dei piccoli pirex, aggiungendo dello yogurt (precedentemente mescolato con un po’ di brodo di ossa) e facciamo cuocere nel forno a fuoco basso per 10 minuti.
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Gelato di yogurt
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Ingredienti: 450 gr di yogurt stranghistò, 150 gr di panna (35% di grassi), 150 gr di zucchero a velo, la buccia grattugiata di un limone.
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In una ciotola mescoliamo lo yogurt, la panna, lo zucchero e la buccia del limone. Versiamo in una macchina da gelato o, se non ne disponiamo, in un recipiente di metallo, che metteremo in freezer e batteremo per sei volte ogni mezz’ora.

giovedì, maggio 04, 2006

Feta, tiropitakia e bruschette di insalata greca

In occasione dell'estate che avanza... del commento al post di Sigrid , della promessa fatta a Veronica ho pensato di postare un paio di ricette e qualche notiziola sul loro ingrediente principale, la feta...
La feta s’incontra nella casa di ogni greco. E’ “il loro formaggio”. Ne vengono prodotte ogni anno oltre 115.000 tonnellate e si stima che ogni greco ne consumi circa 10 Kg l’anno. Il suo sapore ricco e dominante accompagna da secoli ogni greco, grazie alle insalate, alle pite tradizionali e al saganaki.
E’ un formaggio bianco, senza crosta, con la denominazione DOP, ottenuta dopo una lunga battaglia legale nei tribunali della Comunità Europea, prodotto in determinate zone della Grecia (Tracia, Macedonia, Epiro, Attica, Peloponneso, Lesbo) da latte di pecora e di capra (quest’ultimo non deve superare il 30%). Il latte deve provenire da razze autoctone che si nutrono solo della vegetazione tipica di ogni posto. La Grecia è un immenso pascolo ed ogni zona ha la propria identità, determinata dal clima e dalla vegetazione, che sono d’importanza fondamentale per le caratteristiche del latte e quindi della feta stessa. E’ necessario sottolineare che gli ingredienti ed il pH di ogni latte dipendono dall’animale e da ciò che mangia. Il latte di pecora, infatti, è molto più ricco ed 1 Kg di questo equivale ad 1 Kg e mezzo di latte di capra e 2 Kg di latte di mucca.
La produzione della feta avviene nove mesi all’anno, da Novembre ad Agosto. I ritmi di produzione si accelerano nei mesi primaverili, epoca in cui gli animali producono più latte.
Dopo la mungitura, il latte viene controllato qualitativamente, sia per i grassi ,che per il suo pH. E’ uno dei passaggi più importanti: se il pH è inferiore a 6.5, il latte è acido, e non idoneo alla caeseificazione. Inoltre, i grassi non devono essere inferiori al 6%. Il latte viene poi filtrato e pastorizzato. Il passaggio successivo ed anche importante è la coagulazione, che avviene con il caglio. In base ad una vecchia leggenda, la metodica del caglio fu scoperta da un commerciante arabo, che cominciò un lungo viaggio nel deserto, trasportando sul suo cammello del latte all’interno di un otre fatto con lo stomaco di un agnello. Arrivato alla sua destinazione, invece del latte, nell’otre trovò del formaggio! Lungo il tragitto, infatti, la temperatura alta e gli enzimi dello stomaco essiccato dell’animale, avevano coagulato il latte…
Il caglio si trova nello stomaco dei piccoli animali ancora nella fase dell’allattamento. Nello stomaco dell’agnellino, del capretto e del vitellino, si trova un latte coagulato che contiene due enzimi: la renina e la pepsina. Con una pochissima quantità di questi enzimi il latte si rapprende. Quando si vuole ottenere un formaggio dolce, si utilizzano gli enzimi del vitellino. Se si vuole un formaggio piccante si utilizzano quelli agnellino, se invece si vogliono dei formaggi dal sapore speziato si usano quelli del capretto. E’ necessario sapere che il gusto e gli aromi del formaggio prodotto con latte pastorizzato sono naturali, dipendono cioè esclusivamente dalla fermentazione dei microrganismi contenuti nel latte e dagli enzimi utilizzati.
Una volta coagulata, la feta viene tagliata a fette, da cui appunto deriva il nome, e si lascia scolare, ottenendo così il siero. Vi anche l’uso di chiamarla formaggio “di tsadila”. Nome questo derivato dal panno che è utilizzato nel corso dello scarico della cagliata. Dopo viene salata e fatta riposare per un giorno. Passato questo tempo viene depositata in barili di legno o in contenitori di latta, ove viene aggiunto il siero. Si trasporta in frigorifero a 18°C per la maturazione. La cui prima fase dura 15 giorni. Dal momento in cui la feta è posta nei barili ha bisogno di continue cure. Bisogna osservare il suo comportamento. Bisogna coccolarla… e ti mostrerà se tutto va bene o altrimenti cos’è che non va. Il risultato finale, il sapore ricco, piacevole, dominante, piccante ed un po’ acidulo è il risultato dell’esperienza di ogni caseificatore. Solo lui conosce l’esatta temperatura di coagulazione, quanto caglio utilizzare, quanto tempo necessita per maturare… queste informazioni passano di generazione in generazione. Secondo le mie informazioni la feta ha la sua massima espressione aromatica e gustativa dopo cinque mesi di maturazione.
Ci sono due tipi di feta: quella dura, più piccante e più forte, e quella morbida più ricca e meno salata. In entrambe i casi si utilizza lo stesso latte e si esegue la stessa modalità di produzione, con la differenza che la feta morbida è fatta maturare per più tempo e quindi mantiene più umidità.
E’ molto difficile consigliare una bevanda di accompagnamento per un formaggio dal sapore così intenso. Infatti, la feta “passa sopra” la maggior parte dei vini e ne distrugge il sapore. L’abbinamento classico è quello con la retsina dell’Attica, l’Ouzo e lo Tsipouro (Raki).
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Tiropitakia
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Ingredienti: 1 rotolo di pasta phyllo, 300 gr di feta, 100 gr di yogurt, 3 uova, 80 gr di burro, sale e pepe.
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Sbriciolate la feta e mescolatela in una ciotola con lo yogurt, le uova, il pepe ed un pochino di sale (la feta è già salata). Fate sciogliere il burro in un tegamino. Mettete due sfoglie di phyllo una sull’altra e tagliatele in strisce di cm 7x20. Spennellate le strisce con il burro fuso. Mettete un cucchiaino di ripieno a circa 2 cm dall’estremità della striscia e piegate più volte a zig-zag, in modo da formare un fagottino triangolare. Disponete i triangoli sulla piastra del forno, che avrete foderato con della carta da forno. Spennellateli con del burro e se volete cospargete semi di sesamo bianco o nero, oppure con semi di papavero. Mettete in forno preriscaldato a 150° finché i triangoli saranno ben dorati. Servite caldi.
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Bruschette di insalata greca.
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Ingredienti: 12 fette di pane (tipo baguette), 3 pomodori medi privati dei semi e tagliati a dadini, 2 cetrioli tagliati a dadini, 1 peperone verde tagliato a dadini, 150 gr di feta, 15 olive nere, 1 cipolla piccola, 1 mazzettino di erba cipollina, origano, 50 ml di olio extravergine di oliva, sale, pepe bianco macinato fresco.
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In una ciotola mescolate insieme i pomodori, i cetrioli, i peperoni, le olive, la cipolla tagliata a pezzettini e l’erba cipollina tritata, salate e condite con l’olio. Abbrustolite le fette di pane da entrambe i lati. Mettete su ogni fetta un po’ dell’insalata, sbriciolateci sopra un po’ di feta, cospargete con l’origano, il pepe ed un filo d’olio.