Lì, al binario, la vicina greca, riuscì ad avvicinarli, zoppicando, e ad augurargli un arrivederci. Per rincuorare la piccola figlia della coppia, che era la sua preferita, in quanto compagna fedele nei “viaggi” quotidiani per le strade dei sapori, le mise in mano un pezzo di pane. Un pane diverso, con un sapore di fiori. Il pane con il sapore dei fiori era l’ultimo sapore dell’amata Salonicco.
Anni dopo, in Israele, ormai nonna, narrò questa vicenda a suo nipote, che aveva trasformato in un piccolo grande cuoco, poiché ce l’aveva sempre in cucina, tra i piedi, dove si preparavano piatti esotici e si raccontavano storie, supervisionandolo ai suoi studi ed inculcandogli sistematicamente e per bene nella mente la convinzione che “tutti gli uomini sono un sangue”. Il rapporto instauratosi tra nonna e nipote, solidificato durante i loro “viaggi” nell’arte culinaria che avvenivano in cucina, era tale che la nonna si permetteva di entrare nella sua vita in modo brusco anche nelle questioni sentimentali. Il nipote, spinto dalla nonna, si trasferì a Parigi, dove divenne uno studioso della filosofia del cibo e poi a New York, dove aprì il suo primo ristorante-laboratorio.
La nonna non appena cominciò a sentire avvicinarsi la fine della sua vita, chiese al nipote un grande favore. Trovare la ricetta del pane con il sapore di fiori. L’ultimo sapore che ha avuto di Salonicco, volle che fosse anche l’ultimo della sua vita. Per il nipote, visto l’immenso amore e rispetto che nutriva per lei, sarebbe stato meglio se gli avesse chiesto di tornare in Europa attraversando l’Atlantico a nuoto. Cominciò la ricerca, andò a Salonicco e chiese in tutta la Grecia del nord se conoscessero questo pane, affidandosi anche all’aiuto di amici per cercare i parenti dell’amica della nonna. Ma niente! Tornando a New York conobbe dei greci a cui il pane di fiori era familiare. Gli promisero che in estate sarebbero scesi tutti in Grecia e lo avrebbero aiutato a cercarlo.
Le condizioni di salute della nonna iniziarono a peggiorare ed il pane non si trovava. Il nipote cominciò a pensare solo a questo. Lo sentiva come il minimo atto di rispetto verso la storia della sua famiglia. Inoltre, a fargli del male era anche il ridicolo della storia... come cuoco era diventato famoso per la sua cucina “diversa”, per le nuove ricette che aveva lanciato, per le sue idee “fresche” sui menù... e non riusciva a trovare la ricetta del pane. Inutile dire che provò di tutto. Passò interminabili notti facendo bollire delle rose, impastando l’infuso con la farina... essiccò dei gelsomini e li tagliò finemente mischiandoli alla farina... sfornò diversi pani e li mandò in aereo a Tel Aviv, ma niente! Il sapore non era quello.
In uno dei suoi viaggi in Grecia, passò da Salonicco e fece un salto in una libreria. Essendo un cuoco scettico nei confronti di gran parte dei libri di cucina, mentre guardava dei libri di fotografia, gli cadde l’occhio su un titolo “Sapori greci, il libro del pane”... lo aprì e venne fulminato dalla frase “pane di fiori”. Per pochi minuti sentì la sua testa martellare. Il fiore della ricetta dell’amica della nonna era il luppolo, famoso anche con il nome di “erba della birra”... doveva essere questo. Sapore più morbido della rosa e più pesante del gelsomino. Telefonò ai suoi amici e chiese se quella pianta si poteva trovare selvatica dalle parti di Salonicco e della Grecia del nord. Gli risposero di si! Nei giorni successivi cominciò la ricerca della pianta magica, ma ricevette la brutta notizia della morte della nonna. Fu la cosa più brutta mai capitatagli nella vita.
Durante i funerali ebraici si portano di solito dei dolci, in quel funerale però arrivarono da Atene trenta grosse pagnotte, impastate una ad una dalle mani del nipote e delle tre amiche della nonna, che erano ancora in vita. Quell’impasto, si fece come doveva essere fatto. Si raccontarono tante storie, si versarono lacrime e si rise.
Durante i funerali, una delle sue exragazze, che “grazie” alla nonna aveva lasciato, gli disse: “non sei riuscito a trovare la ricetta in tempo perché Dio ti ha punito. E questo perché non credi in niente”.
“Io? Credo! Che non credo! Credo solo nella bontà delle persone. E in nient’altro”.
“Chi era questa con cui sei uscito!” “Nonna ti prego! Non te lo permetto più! Ho venticinque anni, non puoi più comandare il mio uccello!”
“Al tuo uccello, uomo perso, comanderò finché non ti sposi. Tienilo ben presente”.
Così mi lasciai con la ragazza del funerale.
Pane di fiori
Il fiore della ricetta è il luppolo o erba della birra, pianta con un bel fiore bianco e molte foglie lungo tutto lo stelo. Una volta raccolto, lo si fa a mazzetti, e lo si secca all’aria. Attenzione non sotto il sole.
Preparazione: prendiamo una manciata di fiori secchi di luppolo e li facciamo bollire per 2 o 3 minuti in un bicchiere d’acqua. Togliamo dal fuoco e aggiungiamo un cucchiaino di zucchero. Copriamo e lasciamo riposare 2 o 3 ore. Dopodichè scoliamo e aggiungiamo all’infuso della farina, tanta quanta serve ad ottenere una pastella densa. La copriamo con un panno di lana (per farla respirare) e la mettiamo vicino ad una fonte di calore. La lasciamo 3 o 4 giorni, finché non otteniamo il lievito di pane, quando sulla superficie compariranno delle piccole bollicine. Mescoliamo il lievito con 1 Kg di farina ed acqua tiepida, tanta quanta serve per ottenere l’impasto. Copriamo e lasciamo in luogo caldo per 15 ore. Questo perché il lievito di pane di luppolo non è così “forte” quindi ci vuole parecchio tempo, affinché il pane lieviti e, quando questo avviene, al massimo è cresciuto una volta e mezzo di volume. Su una tovaglia di cotone, cospargiamo un po’ di farina e facciamo con l’impasto delle pizzette. Stendiamole un po’ e lasciamole seccare all’aria girandole una o due volte. Prima che si secchino completamente, sfreghiamole frantumandole tutte. Lasciamo seccare e raccogliamo in un sacchetto di stoffa. Questo è il “trachanas di fori” che utilizziamo ogni volta che vogliamo impastare il pane. Semplicemente per ogni Kg di pane servono due manciate di trachanas che ammorbidiamo in acqua tiepida (è con questa pastella che prepariamo il pane). Attenzione il segreto, in questa ricetta, è di mantenere una temperatura costante durante tutto il procedimento. Esiste anche un modo più semplice di preparare il pane di fiori ma con il trachanas di fiori il sapore è immensamente più profondo e lascia un buonissimo retrogusto.
7 commenti:
È degli uomini e di loro soltanto che bisogna aver paura, sempre...
L.F. Cèline
Sara
<< Nα αγαπάς τον άνθρωπο,
σημαίνει να στέκεσαι καθαρός
μπρός στο αιώνιο>>
Να αγαπάς τον άνθρωπο,
σημαίνει να διαφυλάτεις πρώτα την καθαρότητα και την αγνότητα τη δική σου.
Γι αυτό, αυτό σου το κείμενο, με Μαγνήτισε!!!!!!
Σ΄ευχαριστώ.
Una storia che fa riflettere...una storia che insegna...
Complimenti per il tuo modo di scrivere e per la tua sensibilita`.
Paola
bellissimo e molto emozionante. la sensibilità e la cucina sono fortemente legati ed è espresso chiaramente in queste parole. complimenti!!!
כל הכבוד
Oshrat
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