Nel 1765 il Parlamento di Parigi (che all’epoca aveva anche competenze giuridiche) si occupò di un caso clamoroso. Un tizio, di nome Boulanger, possedeva un locale (il termine restaurant si affermò più tardi, nel 1786), ove serviva ai suoi clienti esclusivamente pollo lesso e carne con il loro sugo. Un giorno Boulager decise di arricchire il suo servizio verso la clientela e iniziò a cucinare zampette di agnello con la sauce paulette (a base di uova e limone).
A questo punto è doveroso ricordare che il periodo prerivoluzionario francese era il paradiso delle corporazioni. Nessuno poteva applicarsi ad un qualsiasi tipo di attività, se prima non veniva accettato dalla propria corporazione, ed ogni membro di questa doveva esercitare la professione all’interno di severissime regole, senza avere la possibilità di ampliare i “campi d’azione”.
Non appena, allora, la corporazione dei cuochi, coloro cioè che avevano il diritto esclusivo di vendere cibi cucinati (i cosiddetti ragù, in Francia), si informò sulle nuove attività di Boulanger (membro della corporazione dei produttori di bollito) attivò contro di lui una guerra giuridica senza pietà, accusandolo di vilipendio nei confronti della professione dei cuochi.
Il caso arrivò infine, come abbiamo visto, alla corte suprema, cioè al Parlamento, che cercò dopo una serie di riunioni di dare una soluzione a questo problema giuridico di difficile giudizio: se, cioè, la sauce paulette fosse una salsina all’interno della quale venivano cucinate le zampette di agnello (quindi ci si sarebbe trovati di fronte ad un cibo cucinato – ragù) o al contrario la sauce paulette fosse una preparazione a parte, che veniva versata sopra le zampette di agnello dopo la loro bollitura (quindi ci si sarebbe trovati di fronte ad un bollito, anche se “arricchito”).
La corte, alla fine, diede ragione a Boulanger, riconoscendo che la sua sauce paulette era una salsina, cioè un prodotto liquido che si versava sopra il piatto principale dopo il completamento della sua preparazione. E naturalmente decise che non ci fosse stata da parte di Boulanger una volontà di usurpazione dei privilegi della corporazione dei cuochi.
La preparazione culinaria di Boulanger richiamò a tal punto l’interesse gastronomico della società parigina – cosa abituale, d’altronde, in una società che si occupava di questioni serie -, così che questi, nonostante le sue umili origini e la modestia dei suoi ingredienti, irruppe anche nelle sale dei palazzi reali.
Nei nostri tempi, da quanto so, i tribunali non si sono ancora occupati di questioni simili. Salsine come quella inventata da Boulanger sono state ampiamente acquisite dalla nouvelle cousine. Immagino che sia semplice capire il perché queste non siano state acquisite dalle cucine regionali. Una cucina regionale, solidamente ancorata alla percezione della chiarezza estetica (visiva e gustativa), alla sobrietà espressiva e all’unità dei capitoli dei sapori, difficilmente si concilia con le salsine, la funzione delle quali consiste nella produzione di sapori intensi e complessi, differenti dal solito prodotto finale. Per questo le pochissime salse utilizzate dalle cucine regionali sono straordinariamente discrete e non sottraggono l’”innocenza” alla cucina casareccia.
Io, nel pieno possesso delle mie facoltà, sospinta da Brillat-Savarin e come novello Boulanger, sfido... abbinando una pietanza classica del Dodecaneso, lo spiedino di pesce (rigorosamente servito solo con olio e limone), con una salsa a base di zafferano... le corporazioni!
... le cose devono cambiare, se vogliamo che restino le stesse, in quanto non esiste arte senza coercizione e non esiste godimento senza ribellione.
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Spiedini di sarago con maionese allo zafferano.
Ingredienti per gli spiedini: due saraghi di 500 gr circa ciascuno sfilettati e senza pelle, 20 semi di coriandolo pestati, 20 grani di pepe bianco pestati, 3 cucchiai di origano fresco sminuzzato, sale, olio extravergine di oliva.
Ingredienti per la maionese allo zafferano: 2 tuorli, 1 gr di pistilli di zafferano fatti ammorbidire in 2 cucchiai di acqua per 2 ore, ½ spicchio di aglio ridotto in pasta, 1 cucchiaio di mostarda, 200 ml di olio extravergine di oliva, 1 cucchiaio di aceto di vino rosso, il succo di ½ limone, sale e pepe bianco macinato fresco.
Tagliamo ogni filetto in 4 o 5 listarelle. Infiliamo ogni filettino in uno spiedino (disponendolo a zig-zag). Intingiamo ogni spiedino nell’olio, saliamo e cospargiamo con il pepe, l’origano ed il coriandolo. In una ciotola battiamo con una frusta i tuorli con la mostarda e l’aglio. Versiamo poco a poco l’olio continuando a battere, fin quando l’olio venga ben “assorbito” dalle uova creando una crema. Alla fine aggiungiamo, sempre continuando a battere, lo zafferano con la sua acqua, il limone, l’aceto, il sale ed il pepe.Grigliamo gli spiedini in una padella ben calda mezzo minuto per ogni lato. Serviamo un poco di maionese in una tazza, infilando in un angolo due o tre spiedini.
2 commenti:
Ciao! aspettavo questo tuo nuovo post ed eccoti qui, in perfetta sintonia!
<<... le cose devono cambiare, se vogliamo che restino le stesse, in quanto non esiste arte senza coercizione e non esiste godimento senza ribellione.>>
Avevo bisogno di leggere questa frase e di godere della tua nuova sfida culinaria!
Grazie!!
Cuocchetta,
Fa piacere leggere le tue parole...
I miei scritti hanno lo scopo di ricordare che, oltre la cucina, esiste la storia - i "gusti assoluti"-, fonte di un'estetica superiore che, arricchisce in "esperienza etica"!
... sentirsi svincolato ed infrangere "le regole"... "partorendo" così un piatto che rispetta quello tradizionale, ma che si evolve e si alleggerisce adattandosi alle richieste attuali.
Isola,
Semplicemente!
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