Dovettero passare più di mille anni prima che fosse scoperto il vero ruolo delle api e dei fiori nella creazione del miele. Le conoscenze scientifiche non subirono in età medievale alcuna evoluzione significativa ed i testi di Aristotele, Plinio, Varrone, Columella ed altri autori classici rimasero i principali riferimenti teorici sull’argomento fino al XVI secolo.
Durante tutto il Medioevo, oltre all’apicoltura in arnie, si affermò anche quella cosiddetta “forestale”, soprattutto nelle regioni orientali (Germania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Russia). Questa tecnica prevedeva che ogni anno, in primavera, i “cacciatori di miele” si inoltrassero nelle foreste per contrassegnare con un’incisione gli alberi che ospitavano uno sciame selvatico: l’intaglio valeva come attestato di proprietà sullo sciame, da cui nessun altro poteva prelevare il miele. Questa pratica si radicò a tal punto da generare dei veri e propri “sentieri delle api”. L’apicoltore si arrampicava sugli alberi fino all’alveare, con del fumo allontanava la colonia di api e recideva il favo colmo di miele, che poneva in delle ceste apposite. Al di là del suo grado di purezza, dovuto alla spremitura da cui proveniva, i trattati medievali mostrano come una serie di fattori influenzasse il gusto dei contemporanei nei confronti di questo alimento. Il miele cotto veniva preferito al crudo perché ritenuto maggiormente curativo, quello chiaro (“color della paglia nova”) a quello scuro, quello estivo a quello autunnale, quello di provenienza attica e siciliana a quello spagnolo ed orientale, di cui si arrivava a dire che contenesse del veleno. Importante era anche conoscere la specie vegetale da cui proveniva il nettare poiché, come emerge dal trattato quattrocentesco di un medico veneto, il miele ha un buon sapore se prodotto da api “paffute de bono fiore”. Ci sorprenderebbe sapere in tal senso che il miele di castagno, oggi ritenuto una prelibatezza, era allora disprezzato proprio per il suo caratteristico gusto amarognolo. Il miele, tuttavia, ebbe il suo trionfo nella cucina aristocratica del XIV secolo e in quella rinascimentale. Nelle mense dei ricchi, veniva utilizzato in ogni piatto, per arricchire i sapori di pietanze diverse come carne arrosto o bollita, pesce, minestre, zuppe e sformati, nonché in quasi tutti i ripieni.
Il miele fu largamente usato in tutta Europa fino al 1500 circa, quando venne soppiantato dalla diffusione dello zucchero di canna, che era più facile da conservare. Fu però sempre considerato il fratello povero dello zucchero, perché prodotto ovunque e con costi contenuti e quindi un cibo non esotico, al contrario di quelli importati dall’Oriente.
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La produzione del miele può essere a ragione definita come un vero e proprio miracolo della natura… L’ape raccoglie il nettare infilando la sua lunga proboscide nel nettario (ghiandola nettarifera del fiore). Nel frattempo il suo corpo raccoglie il polline (principale fonte di proteine e vitamine per le larve dell’alveare) dalle antere. Il nettare aspirato dall’ape passa per l’esofago ed entra nella borsa melaria, che è un vero e proprio serbatoio in cui è conservato il nettare fino al ritorno all’alveare. Il lavoro principale nell’alveare consiste nel concentrare il nettare, affinché diventi resistente ai batteri e alle muffe. Il primo passo di questo trattamento è eseguito da api “casalinghe”, a cui le raccoglitrici passano il loro carico. Queste operaie, a volte sole, a volte in lunghe file, pompano il nettare dentro e fuori dai loro corpi, formando ripetutamente piccole gocce… alla fine l’ultima ape della catena deposita un sottile strato di nettare concentrato sul favo. Qui il nettare evapora ancora, finché non rimane che il 20% di acqua. Questo processo di “maturazione” richiede circa tre settimane e non è del tutto passivo. L’ape riempie le celle del favo di nettare fresco solo per un terzo, in modo da lasciare molta superficie esposta all’aria, favorendo l’evaporazione dell’acqua. Il miele quasi maturo è trasferito in celle che vengono riempite per tre quarti, mentre il miele maturo in celle che vengono riempite fino all’orlo e poi chiuse con uno strato di cera. Queste vengono scoperchiate al momento dell’estrazione del favo dall’arnia per raccogliere… il miele.
Cosciotto di maiale con miele ed erbe aromatiche
Ingredienti: 1 cosciotto di maiale, 1 mazzetto di basilico fresco, 1 cucchiaio di rosmarino, 2 cucchiai di prezzemolo tritato, 50 gr di gherigli di noci, 4 spicchi di aglio finemente tritati, ½ tazza di sambuca, 3 cucchiai di miele, 250 ml di olio extravergine di oliva, 1 cucchiaio di sale e pepe macinato fresco.
Mettiamo nel mixer le erbette, le noci, l’aglio e l’olio ed otteniamo un pesto. Versiamolo in una ciotola ed aggiungiamo il miele e la sambuca. Mescoliamo finché gli ingredienti siano ben amalgamati. Con un coltello, tagliamo dal cosciotto metà della pelle e l’altra metà la stacchiamo dalla carne, ma non la eliminiamo, lasciandola attaccata al malleolo. Spennelliamo questa parte della carne con il pesto e ricopriamola con la pelle: Spennelliamo la restante carne con il pesto restante e saliamo.Foderiamo una teglia con molta carta da forno (la quantità necessaria per avvolgere il cosciotto), versiamo 3 tazze di brodo di carne e due teste d’aglio tagliate a metà. Vi poniamo il cosciotto, chiudiamo la carte da forno e mettiamo in forno preriscaldato a 200°. Lasciamo cuocere per un’ora e un quarto per ogni chilo di carne.
8 commenti:
Bellissima ricetta, la provero' di certo, per ora ho avuto ottimi risultati facendo l'agnello al miele.
Lo uso molto in cucina (ieri ho fatto un semifreddo cn miele e rum) anche se paradossalmente non mi piace granche, solo spalmato su una fetta di pane. Peor' quando vado in montagna in trentino non resisto a comprarne almeno un vasetto, di quelli piu' particolari che in pianura non trovo. L'accostamento con la carne e' eccellente !!
ciao
Ruggine
(niente blog... sono su ihc)
"Ο Αρισταίος ήταν ο πρώτος μελισσοκόμος. Μια μέρα πέθαναν όλες του οι μέλισσες, ήταν μια τιμωρία από τους θεούς για κάτι που είχε κάνει. Οι θεοί του είπαν να θυσιάσει έναν ταύρο ώστε να δείξει ότι το είχε μετανιώσει κι ύστερα να επιστρέψει στο κουφάρι εννιά μέρες αργότερα και να κοιτάξει μέσα. O Αρισταίος έκανε ακριβώς ό,τι του είπαν κι όταν επέστρεψε είδε ένα σμήνος μελισσών να βγαίνει από το νεκρό ταύρο. Ήταν οι δικές του μέλισσες που είχαν ξαναγεννηθεί. Τις πήρε στο σπίτι του, στις κυψέλες του, κι ύστερα απ' αυτό οι άνθρωποι πίστεψαν ότι οι μέλισσες μπορούν να νικήσουν το θάνατο. Οι βασιλιάδες στην ελλάδα έφτιαχναν τους τάφους τους σε σχήμα κυψέλης γι' αυτόν ακριβώς το λόγο"......
H Ελληνική μυθολογία δεν εχει αφήσει τίποτα χωρίς να το περιβάλλει με εκπληκτικές ιστορίες.
Καλο Σ/Κ
Ευη
Ciao Ruggine,
sembrerebbe paradossale ma l'alchimia degli antichi, che trova la sua massima espressione nell'"ambrosia", non ci parla mai di miele spalmato su un pezzo di pane, ma di miele abbinato con il latte, la carne, la frutta e le spezie...
Mia cara Evi,
grazie della bellissima favola... che vorrei tradurre in italiano per condividerla con tutti!
"Aristeo era il primo apicoltore. Un giorno, per punizione ad un'offesa arrecata agli dei, tutte le sue api morirono. Gli dei, vedendo la sua disperazione ed il suo pentimento, gli chiesero di sacrificare un toro, come segno di pentimento e di far ritorno sul luogo ove era la carcassa dell'animale nove giorni dopo. Aristeo fece esattamente ciò che gli dei gli avevano ordinato. Quando fece ritorno sul luogo del sacrificio, vide uno sciame di api uscire dalle viscere dell'animale. Erano le sue api... erano rinate! Le portò con se a casa e le mise nelle arnie... fu così che da allora gli uomini hanno creduto che le api potessero sconfiggere la morte! E per questo motivo tutti i re dell'antica Grecia facevano costruire le loro tombe a forma di arnia".
La mitologia greca non ha trascurato nulla... ha ornato tutti gli eventi di storie bellissime!
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Filika
Orizzonti del Gusto
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Συνταγές
Eyxomai kali xronia Me ugeia!
Αρκαδικό Μέλι
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